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Eravamo in una zona aperta. Una prateria. La vegetazione era per lo più bassa e del giallo della tarda estate. C’era una sola eccezione che risaltava veramente: una pianta che cresceva fino a due metri, costellando la prateria. Ne vidi almeno una dozzina di esemplari. La parte inferiore della pianta era una massa di grosse foglie frastagliate e dall’aspetto polveroso. Dalle foglie cresceva uno stelo che terminava in un grappolo di fiori. I fiori erano di un color arancione straordinariamente intenso. Sembrava fiammeggiare.

Una pianta dall’aspetto bizzarro. Non proprio piacevole.

— Stai sognando? — mi chiese Derek. — Scendi dalle nuvole.

Smontai di sella.

L’oracolo era seduto per terra. Aveva le spalle afflosciate e il capo chino.

— Nia, tu occupati degli animali. Lixia, va’ a cercare della legna. Io mi prenderò cura dell’oracolo.

Non badai molto al modo in cui dava ordini a tutti. D’altra parte, non avevo un piano migliore. M’incamminai attraverso la prateria. Gli insetti ronzavano e svolazzavano attorno a me e il sole scottava sulla testa e le spalle. L’aria aveva un aroma dolce: fiori d’arancio.

Attorno ai fiori svolazzavano insetti dalle ali arancione, si posavano e si alzavano di nuovo in volo. Non sempre riuscivo a capire quale fosse l’insetto e quale il fiore. Era strano, vedere un fiore che si piegava e all’improvviso prendeva il volo, librandosi nell’aria immobile verso un’altra pianta.

Arrivai all’altra estremità del prato. Lì crescevano alberi. Raccolsi dei rami, muovendomi adagio, intorpidita dalla calura.

Quando tornai, l’oracolo era disteso all’ombra di un fiore. Derek sedeva accanto a lui a gambe incrociate e teneva in mano la radio.

— Dannazione, Eddie — stava dicendo. — Ho qui una persona inferma. Ho bisogno di parlare con qualcuno del team medico.

— Abbiamo raggiunto un accordo — disse la radio. — Nessun ulteriore intervento di alcun genere finché non avremo discusso la nostra politica.

Lasciai andare i rami, poi caddi in ginocchio. — Tutto questo è ridicolo, Eddie.

Ci fu un momento di silenzio rotto solo dalle scariche elettrostatiche. — Devo ammetterlo. Penso che abbiamo trattato malamente l’intera faccenda. Anche se non sono sicuro di come si elabori una politica riguardo a qualcosa che non si è mai verificato in precedenza. Credevamo di averne una. Credevo che ne avessimo una. Ma quello che intendo io per non intervento non è quello che intendete voi. E sembra che tutti abbiano una diversa idea di quando, se mai, sia legittimo stravolgere le regole.

"Per il momento, tuttavia, non intendiamo fare alcun intervento.

"Avete una qualche idea di quando arriverete al lago?"

— Dipende da quanto sta male l’oracolo — rispose Derek.

La radio emise un suono crepitante. Infine Eddie disse: — Chiamatemi quando ne saprete di più sulle sue condizioni. Non credo davvero che potremo essere d’aiuto. Ma la decisione non tocca a me. Riferirò quanto sta succedendo al comitato per l’amministrazione quotidiana.

— Grazie — rispose Derek, e spense la radio.

— Credi davvero che avremo bisogno di consigli? Abbiamo già curato ferite a due indigeni.

— Con ben poco successo, nel caso di Inahooli — commentò Derek.

Feci il gesto che significava assenso con rammarico.

— No. Non credo che sia necessario ricorrere al team medico per questo caso. È una ferita abbastanza superficiale. Ma questo è un modo di controllare che cosa sta succedendo lassù. Divento inquieto quando sono da troppo tempo sul campo. Una volta sono tornato da un viaggio sulla luna e ho trovato che il peggior imbecille della facoltà si era preso un ufficio che volevo io. Era d’angolo. Quattro grandi finestre e una vista splendida. Se fossi stato a Berkeley, glielo avrei impedito. Su questo non c’è alcun dubbio! Ma non ne ero informato. C’erano cose che avrei dovuto sapere e invece non sapevo.

Dava l’impressione di essere ancora adirato, sebbene avesse perso l’ufficio più di cento anni prima.

— Che cosa pensi che accadrà? — chiesi.

— Credo che riusciremo a parlare con il team medico. Ricordati delle persone che fanno parte al momento del comitato per l’amministrazione quotidiana. Due biologi e tre membri dell’equipaggio.

— Non è una maggioranza — osservai.

— I cinesi di solito votano in blocco, e penso che saranno a favore dell’intervento, in generale e in questa situazione. Ricordati la teoria di Jian l’idraulico. È nostro dovere rivoluzionario salvare dal ristagno queste sventurate popolazioni.

Riflettei un momento, poi feci il gesto dell’incertezza.

— Dovrei misurare la temperatura all’oracolo — disse De-rek. Diede un’occhiata alla mia catasta di rami. — E tu dovresti procurarti altra legna.

Tornai una seconda volta e trovai l’oracolo addormentato.

— Non c’è traccia di infezione — disse Derek. — La sua temperatura è quasi la stessa di quella di Nia. È assai probabile che sia stato il gran caldo a farlo star male. E il viaggio, e forse qualche genere di reazione alla notte scorsa. Trattare con gli spiriti richiede un sacco di energia. Gli sciamani e le streghe spesso si sentono male per parecchi giorni in seguito.

— Quindi non ci occorre alcun aiuto dalla nave.

— No. Ma non ho intenzione di dirglielo. Se stai cercando Nia, si è fatta prestare il mio arco ed è andata a caccia lungo il fiume.

Il sole calò dietro la parete della valle e Nia tornò con una lucertola. Era grossa, lunga un metro e mezzo. Nia sventrò l’animale e lo scuoiò. Lo arrostimmo. La carne era scura e, più di ogni altra cosa, sapeva di pesce.

L’indomani mattina il cielo era limpido. Feci il mio yoga, terminando con il saluto solare. L’oracolo mi osservava. — Che genere di cerimonia è quella? — chiese alla fine.

— Sto dando il benvenuto al sole e lo sto lodando.

— Ah. Non sono ancora riuscito a stabilire in che cosa credi. Era ancora troppo presto per discutere di religione. — Come stai?

— Ho dormito bene. Non ho fatto sogni. Il mio braccio va meglio. Credo che sia stato un bene andarcene dalla grotta. Penso che sarei potuto stare più male se fossimo rimasti. Gli spiriti di quel luogo sono molto affamati e non sono certo che il mio dono fosse sufficiente per loro. Ma non sono spiriti che viaggiano. Non mi hanno seguito.

Mangiammo ancora un po’ della lucertola, fredda questa volta, poi sellammo i cornacurve e proseguimmo.

La valle continuava ad allargarsi. Poco dopo mezzogiorno mi guardai attorno e vidi che le coste rocciose erano sparite. Mi girai sulla sella per guardarmi indietro. Eccole là: una parete gialla, illuminata dal sole, che si estendeva a nord e a sud fin dove potevo vedere. Avevamo lasciato la valle del nostro piccolo affluente e ci trovavamo nella valle del Grande Fiume, viaggiando attraverso una foresta pianeggiante. Numerosi alberi erano caduti e parecchi altri erano pericolosamente inclinati. C’erano macchie di colore sui tronchi: azzurro chiaro, verde chiaro e giallo. Le chiazze, conclusi, erano organismi. Con ogni probabilità si nutrivano del tessuto morto. Questo era un bassopiano. Pianura alluvionale. Parecchi alberi dovevano morire negli anni in cui il livello del fiume saliva.

Nel pomeriggio inoltrato arrivammo a un vasto stagno, o forse un’insenatura del fiume. Non avrei saputo dire quale. Vi galleggiava della schiuma di un azzurro acceso e c’erano fiori di color arancione che mi ricordavano il loto. La nostra pista costeggiava il fiume. Al massimo eravamo a dieci metri di distanza, viaggiando fra la foresta e la riva.

Davanti a noi un animale sguazzava nell’acqua bassa. Era un bipede, di una specie che non avevo mai visto prima, molto alto e snello. Il colore era marrone chiaro o grigio smorto. Aveva il solito collo lungo con il capo minuscolo. Si piegava e sradicava fiori, ficcandosi in bocca i petali arancione e gli steli azzurri.