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— Si rimetterà? — domandò Nia.

— Sì — rispose Derek. — Non so come spiegarlo. Ci sono persone che sentono il dolore più di altre.

— Lo so — disse Nia.

— Credo che lui sia una di queste.

— Il dolore è mio — disse l’oracolo. — Come fai a sapere com’è?

— Questo è vero — rispose Derek. Si dondolò all’indietro sui calcagni. — Ho finito.

L’oracolo mosse il braccio. — La tua medicina è buona? Impedirà al mio braccio di imputridire?

— Sì.

L’oracolo fece il gesto che significava approvazione o soddisfazione.

Derek richiuse la cassetta del pronto soccorso.

— Non riesco a rimanere seduto — disse l’oracolo e si sdraiò.

Nia prese il suo mantello e lo stese sopra l’oracolo.

— Bene, bene — fece lui.

Nia mise altra legna sul fuoco. Dall’apertura entrò una raffica di vento, portando gocce di pioggia. Mi spruzzarono. La fiamma guizzò. Rabbrividii.

— Che cosa c’era là dentro? — s’informò Nia.

Dissi: — Una caverna. C’erano animali a colori sulle pareti. Nia aggrottò la fronte. — A colori?

— Come gli animali che la gente ricama su pezze di tessuto.

— Non la gente — mi corresse Nia. — Gli uomini. Sono loro che fanno i ricami.

— Ah. Gli animali sono… — cercai di pensare alla parola giusta. Come si diceva "dipingere" nel linguaggio dei doni? — Sono fatti con colori come quelli che usate per tingere. I colori sono messi sulla pietra, non sul tessuto.

Nia aggrottò di nuovo la fronte. — Penso che tu stia cercando di dire che ci sono atmi là dentro?

— Atmi?

— Come questo. — Tracciò una figura nel terriccio. Era una figura abbozzata: un quadrupede dalle lunghe corna ricurve. Un cornacurve. Atmi significava disegno.

Feci il gesto dell’approvazione.

— Ho già visto queste cose in precedenza. Fra le colline a sud di qui. Non so chi fossero le persone che hanno fatto quelle cose. Noi non disegnamo sulla pietra. Non intagliamo neppure la pietra, soltanto il legno e il metallo. Ma quelle persone l’hanno fatto. Ho visto una rupe coperta di incisioni.

Derek si protese in avanti. — Che specie di animali hanno disegnato quelle persone? Li hai riconosciuti?

Nia fece il gesto che significava "no". — Alcuni li conoscevo. Altri erano strani. Forse erano animali-spiriti. O forse quelle persone venivano da un altro posto. Come il posto dal quale venite voi, dove tutte le persone sono senza pelo. Senza dubbio devono esserci degli strani animali nella vostra terra. Sono senza pelo come voi?

— No — dissi. — Quasi tutti hanno pelo o squame o penne.

— Aiya! - disse Nia. — Credo che mi metterò a dormire. — Si coricò accanto al fuoco.

Io e Derek restammo alzati. Il respiro di Nia cambiò, diventando lento e regolare. L’oracolo gemette, poi sbuffò. Nia faceva un suono ronzante. Russava.

— Interessante — disse Derek. Parlò in inglese. — La fauna dev’essere cambiata, e in modo sensazionale, e lei non riesce nemmeno a concepire che sia possibile un cambamento di tale vastità. Nia capisce la distanza, ma non il tempo. — Tacque un momento. — Non riesco a pensare a una società umana contemporanea priva del senso della storia. La mia gente sa com’era la California prima del Grande Terremoto. Loro sono convinti di essere sfuggiti alla storia e tornati alle verità eterne. Ma sanno che un tempo esisteva la storia nella California meridionale e che esiste ancora nella maggior parte del resto del mondo. Non sono sicuro di essere chiaro. Incomincio a sentirmi stanco e inoltre non sono mai stato bravo a pensare alle astrazioni.

— Credevo che tu fossi bravo in tutto, Derek.

Lui parve sorpreso, poi compiaciuto. Rise. — No. Ho i miei limiti, anche se non mi piace pensarci. Faremmo meglio a metterci a dormire.

Mi svegliai con la luce del sole che rifulgeva sulla parete della grotta e mi girai. Eccolo: l’astro principale del pianeta, appena sopra la sogliera sull’altra riva del fiume. Non c’erano nuvole nelle vicinanze ed era così luminoso che dovetti distogliere lo sguardo.

Una giornata come questa richiedeva un saluto solare!

L’oracolo disse: — Sono andati a pescare.

Mi guardai attorno. Era seduto presso la cenere del fuoco.

— Derek e Nia?

Fece il gesto dell’assenso.

— Come stai?

— Mi duole il braccio. Ho dormito male.

— Oh. — Mi alzai e feci un piegamento laterale. Era una sensazione piacevole. Ne feci un altro, piegandomi sull’altro lato. Poi mi toccai la punta dei piedi.

— Gli spiriti sono venuti da me.

Mi raddrizzai.

— Somigliavano agli animali sulla parete della caverna.

— Oh.

— Mi hanno parlato. Le loro voci erano come le voci delle persone, ma non capivo la lingua che parlavano. — Fece una breve pausa. — Erano rumorosi. Credo che fossero in collera. Ma non so se mi stessero minacciando o cercassero di avvertirmi di qualcosa. Può darsi che fossero adirati perché non capivo. È stato un brutto sogno.

Con ogni probabilità aveva ragione. — Devo uscire.

— Okay — disse l’oracolo.

Derek e Nia non si vedevano. Invece vidi degli uccelli. Svolazzavano fra le canne e i cespugli. Volavano da un albero all’altro. Un uccello alto e snello camminava impettito sull’altra riva, cercando qualcosa da mangiare nell’acqua bassa.

Feci il mio yoga. Quando ebbi finito, il sole era abbastanza alto da illuminare gran parte della valle. Feci ritorno alla grotta. Derek e l’oracolo sedevano accanto al fuoco. L’oracolo stava mangiando. Derek si leccava le dita con aria soddisfatta.

— Dov’è Nia?

— Sta sellando gli animali. Vuoi qualcosa da mangiare?

Feci il gesto dell’assenso. Lui prese qualcosa dal fuoco.

Foglie, annerite dal fuoco. Le scartocciò con un paio di movimenti rapidi. — Ohi! — Dentro c’era un pezzo di pesce, fumante e profumato. — Io non ci ho trovato lische — disse nel linguaggio dei doni. — Aprilo e cerca bene.

Era delizioso e non c’erano lische. — L’oracolo ti ha parlato del sogno che ha fatto?

— Sì. Potrebbe non significare niente. Ne ha passate parecchie ed è sofferente. Vorrei potergli dare dell’aspirina. A volte un sogno non significa niente d’importante. A volte un sigaro è solo un sigaro. Tuttavia… — Esitò. — Lui è un oracolo e questo è un luogo sacro.

— Derek, sei un selvaggio superstizioso.

— Ingiuriami, amor mio, e ti ricorderò che io ho un incarico fisso e tu no.

— Fottiti — gli risposi.

Lui fece il gesto che significava un dubbioso assenso. Risi.

— Sta arrivando Nia — disse. — Spegnamo il fuoco.

Proseguimmo lungo il fiume, in direzione sud-ovest. Il cielo si manteneva limpido. La giornata si fece sempre più calda. L’oracolo cavalcava davanti a me. Lo vedevo spostarsi spesso sulla sella e muovere il braccio, nel tentativo di trovare una posizione comoda.

Ci fermammo a metà mattina. Derek usò la camicia macchiata di sangue per fare una fascia per sorreggere il braccio. L’oracolo se la mise e sospirò. — Aiya! Così va meglio.

La valle si fece più ampia e il fiume si aprì in una serie di acquitrini. A volte non riuscivo a vedere l’acqua, soltanto canne, alte e color porpora, che si muovevano appena al vento leggerissimo.

Gli uccelli divennero silenziosi, come facevano nel pomeriggio sulla Terra, e io mi abbandonai a una serie di sogni a occhi aperti: la Terra, le Hawaii, la mia famiglia. Erano tutti morti a eccezione di Charlie, un fratellastro che si era fatto ibernare. Era curioso sul futuro, mi aveva detto nel suo ultimo messaggio. Sarebbe stato là a darmi il bentornato a casa.

L’oracolo si afflosciò. Spronai il mio cornacurve e lo afferrai mentre stava per cadere. — Derek!

L’oracolo si raddrizzò. — Sono solo stanco.

Derek ci raggiunse. Insieme adagiammo al suolo l’oracolo.

— Abbiamo percorso abbastanza strada — disse Nia. Si guardò attorno. — Non è un buon posto per fermarsi. Ma non è neppure cattivo.