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"Sono indubbiamente colletti blu. Il genere di individui che hanno fatto tutte e tre le nostre rivoluzioni. Non avevo la minima idea di come andare d’accordo con loro."

Tacque un momento, guardando il lago. — Io sono un intellettuale. Credo che sarebbe giusto dire così. Studio le idee. È questo che mi interessa. La teoria politica. La teoria della storia. La filosofia della scienza. Il rapporto fra persone e macchine.

"In realtà non mi importa molto delle comuni attività umane. Non gioco. Non ho nessun hobby. Non mi piace nessuno sport. Non guardo quasi mai Polovisione. Non mi sono mai sposato. Non ho figli. Bevo vino e birra, di solito con moderazione. Non bevo mai acquavite né vodka."

— Che cosa fai per divertirti?

— Leggo fantascienza, e penso.

— Sembra proprio uno spasso.

— Vedi? Riesci a immaginarmi circondato da lavoratori manuali?

Sorrisi. — No. Proprio no.

Lui annuì. — È stato terribile. Organizzavo corsi di teoria marxista. Non veniva nessuno. Cercavo di celebrare importanti eventi nella storia della lotta di classe. O mi ignoravano o usavano l’avvenimento come scusa per ubriacarsi. Passavo il tempo nelle aree di ricreazione, cercando di arrivare a conoscere l’equipaggio.

"Non riuscivo a comunicare con loro. Mi sembrava che parlassimo lingue diverse. Non avevo idea di cosa avvenisse nel loro intimo.

"Alcune cose venivano in superficie. Sapevo che amavano il sesso, l’alcol e il calcio. Conoscevo il nome dei loro spettacoli preferiti, e in buona parte li avevo visti almeno una volta. Guerra e pace. Attraversando gli Urali. Avventura in fondo all’oceano. I cosmonauti delle patate.

"Ma non comprendevo il loro modo di pensare. La struttura intellettuale. L’ideologia basilare. Per me non avevano alcun senso logico.

"Avrei dovuto piantare tutto e tornare sulla Terra. Mi sarei potuto trovare un lavoro nell’insegnamento. Mi sarei trovato bene in un’università o in un politecnico.

"Ma sono rimasto, anche dopo che avevo smesso di fare il funzionario politico." Mi rivolse un’occhiata e sorrise. "Ho rinunciato. Ho solo fatto finta."

Agopian mi ricordava qualcuno; era un po’ che cercavo di capire chi. Ora mi venne in mente. Eddie. Vivevano entrambi nella propria mente. Erano entrambi spinti alla passione dalla teoria.

E io che cosa amavo? mi chiesi. La luce del sole. Il cibo. Qualche corpo umano. Un paesaggio come quello che avevo davanti, abbastanza vasto da dare significato all’attività umana, e vivo.

— Diventava noioso — continuò Agopian. — Dovevo fare qualcosa. Così ho deciso di imparare un nuovo mestiere. Ho scelto navigazione spaziale.

— È così che hai preso la tua laurea?

Lui accennò di sì col capo. — Ed è stato così che finalmente sono arrivato a conoscere qualcuna delle persone sulla nave. Avevamo due navigatori spaziali. Facevo loro domande quando mi trovavo in difficoltà con il programma di apprendimento.

"Una di loro leggeva fantascienza. Mi ha detto che il cuoco aveva una notevole collezione personale. Veniva dalla Siberia. Un uomo enorme. Parlava a grugniti e non ero certo che fosse del tutto umano. Quando si è reso conto che leggevo anch’io fantascienza, ha incominciato a usare frasi complete.

"Mi prestava i suoi libri. Parlavamo di questi e della Siberia. Uno dei suoi fratelli è, o era, un addestratore di mammut. È per questo motivo che so qualcosa dei mammut."

Rigirò un’altra pietra col piede. Sotto non c’era niente all’infuori di ciottoli bagnati. — Questa è la fine della storia. Ho preso la mia laurea e non ho mai veramente imparato ad andare d’accordo con quelle persone. È andata meglio, ma c’era sempre qualcosa nel loro modo di pensare… — Scosse il capo. — O nel mio modo di pensare. Dopo tutto, loro sono la maggioranza.

Credevo davvero che quell’ometto sveglio fosse stato un fallimento? — Non hai lo stesso problema qui?

— No. Per prima cosa, non sono più un funzionario politico. Un navigatore spaziale non deve preoccuparsi di cose come l’agitazione e la propaganda. Tutto ciò che devo fare è stabilire dei numeri.

"In secondo luogo, ci vuole un genere di persona speciale per andare sulle stelle. Noi non siamo migliori del resto dell’umanità, ma siamo diversi. Riesco a capire la maggior parte delle persone qui."

— Chi altri risalirà il fiume? — chiesi.

— Tatiana. La Ivanova. Eddie. Tu e Derek. I nativi. Il signor Fang.

— È qui?

— Sì. È il rappresentante della posizione di maggioranza. È qui per osservare e assicurarsi che i nativi capiscano che la decisione spetta a loro.

Riflettei un momento. — Sembra proprio che saremo in tanti.

— Dovremo usare entrambe le imbarcazioni. Questo lascerà il campo in una situazione difficile. Credo che la Ivanova stia progettando di mandare su uno degli aeroplani a prendere altri rifornimenti, compresa un’altra imbarcazione.

— Non c’è dubbio che ci stiamo insediando.

— Solo provvisoriamente — disse Agopian.

Parlammo della riunione fissata per quella sera, poi ci separammo. Tornai nella mia stanza e mi misi qualcosa di più leggero, accesi il sistema di ventilazione e aprii il mio taccuino.

Fu un pomeriggio sgradevole. L’aria che entrava era calda e umida. Il mio lavoro andava male. Alla fine rinunciai. Non avevo alcuna disposizione per l’analisi, solo per l’osservazione. La realtà che vedevo era troppo complessa, mutevole e ambigua per adattarsi precisamente a una teoria.

Derek fece una capatina. — Marina vuole incontrare Nia. L’accompagno su per la scogliera.

Feci il gesto dell’intesa. Derek uscì e io andai a fare una passeggiata. Mi sentivo intrappolata, frustrata, scoraggiata. Avevo bisogno di lavorare, ma non con le idee. Mi fermai in cucina. Era piena di persone che preparavano la cena. — Posso essere di aiuto?

— Certamente — disse il biondino. — Porta queste scatole metalliche all’inceneritore e svuotale. Fa’ attenzione. Non rovesciare niente. Stiamo cercando di non contaminare l’ambiente. — Scosse il capo. — Odio distruggere quella roba. Ne verrebbe un mucchio di concime.

— Vuoi dire che non stiamo riciclando?

— Solo i piatti.

Provai qualcosa di simile all’orrore.

— Stiamo cercando di rendere completamente autonomo il campo. Niente che provenga dalla Terra finisce nel biosistema. In particolare niente di organico. O lo distruggiamo, o lo impacchettiamo e lo rimandiamo lassù. — Puntò il dito in direzione del soffitto. — È stato deciso di non impacchettare i fondi di caffè e le bucce d’arancia. È un vero peccato. Detesto assistere allo spreco.

Feci il gesto dell’approvazione, poi dissi: — Non ci siamo veramente presentati.

— Il mio nome è Pace-con-giustizia.

Restai in attesa.

— La mia gente non crede nei cognomi. Noi non apparteniamo a una linea di sangue o a un gruppo di parenti. Apparteniamo a noi stessi e a tutta l’umanità.

— Oh — esclamai e raccolsi una scatola.

Era un buon lavoro, faticoso. Le scatole erano pesanti e il portello dell’inceneritore era collocato male. Dovevo sollevare ogni scatola all’altezza della mia spalla per poterla svuotare.

Alla fine pulii le scatole e lavai il pavimento della stanza dell’inceneritore. Le scatole finirono in uno sterilizzatore. L’inceneritore andò avanti con un gran lampeggiare di spie luminose.

Mi facevano male le spalle e questa era una sensazione piacevole. Il mio rapporto sembrava un problema minore.

Cenai con il personale della cucina: tofu e verdure su un mucchio di riso scuro e colloso. Da una parte vi aggiunsi un po’ di salsa di soia con zenzero e aglio; dall’altra aggiunsi del succo di prugne fermentato. Delizioso!

Quando ebbi finito, Pace-con-giustizia disse: — Metteremo in ordine noi. Tu faresti meglio a prepararti per la riunione. Grazie, Lixia.

Tornai nella mia cupola, mi lavai e indossai dei vestiti puliti, poi mi recai nel salone. Soffiava un vento a raffiche e la maggior parte del cielo era coperta di nuvole. Ero quasi certa che sarebbe piovuto.