Изменить стиль страницы

Wyoming uscì… e non la riconobbi. Poi mi accorsi che era lei e la applaudii con entusiasmo. Non potei trattenermi: fischi di ammirazione, grida di meraviglia e occhi che ruotavano come l’antenna di un radar.

Wyoh era diventata più scura di me e il pigmento seppia era meravigliosamente uniforme. Doveva avere il trucco nella borsetta perché ora aveva gli occhi scuri con ciglia nere, e la bocca rosso scuro e più larga. Aveva usato la tintura nera sui capelli e li aveva cosparsi di brillantina grassa per togliere l’ondulazione; ma i suoi ricci avevano prevalso in modo da rendere l’acconciatura imperfetta in modo naturale. Non aveva l’aspetto da africana… ma non era nemmeno più europea. Sembrava una mulatta e ciò la rendeva più simile alla media dei Lunari.

Il vestito rosso era troppo stretto e le si tendeva sul corpo come un manto di vernice, rigonfio sulle cosce e dotato di una potente carica statica. Wyoh aveva tolto la cinghia alla borsetta, che si era messa sotto il braccio invece di tenerla appesa alla spalla, come al solito. Le scarpe le aveva gettate via oppure le aveva messe nella borsa. A piedi nudi, era più bassa.

Tinta e abito stavano bene. E quello che più contava, non aveva più l’aspetto dell’agitatrice che aveva arringato la folla.

Mentre le manifestavo la mia ammirazione lei rimase in attesa con un ampio sorriso sulle labbra e facendo ondulare le anche. Prima che finissi, due ragazzi si fermarono accanto a me e unirono le voci acute alle mie approvazioni, aggiungendo di loro iniziativa un ritmico battere di piedi sul pavimento. Diedi loro la mancia e li pregai di scomparire. Wyoming mi corse incontro e mi prese sotto braccio. — Va bene? Pensi che possa andare?

— Wyoh, mi sembri una entraîneuse in attesa di clienti.

— Disgraziato! Ti sembro una donna da quattro soldi? Turista!

— Non ti scaldare, bellezza. Chiedi qualsiasi cosa. Poi pronuncia il mio nome. Se vuoi pane e miele, mi trasformo in alveare.

— Uh… — Mi piazzò un pugno solido nelle costole. — Scherzavo, fratello. Se avrò mai rapporti con te… poco probabile… non avremo bisogno di parlare di api. Andiamo a cercare quell’albergo.

Lo trovammo subito e comprai una chiave. Wyoming tentò di fare la parte della moglie legittima, ma non ce n’era alcun bisogno. La donna che fungeva da portiere di notte non alzò gli occhi dal suo lavoro a maglia e non tirò fuori nessun registro. Saliti nella nostra camera, Wyoming lanciò un grido di meraviglia. — È magnifico!

Doveva pur esserlo, per trentadue dollari di Hong Kong. Penso che lei si aspettasse di trovare una stanzetta sudicia, ma io non ce l’avrei portata per nasconderla. Era un appartamento molto comodo, con bagno e acqua a volontà. C’era anche il telefono e lo sportello del montacarichi interno, dispositivo di cui avevo davvero bisogno.

Fece per aprire la borsetta. — Ho visto quanto hai speso. Regoliamo subito i conti, in modo da…

Mi avvicinai e le chiusi la borsetta. — Si è detto che non si sarebbe parlato di api.

— Cosa? Ah, già, ma quello era a proposito di rapporti intimi. Mi hai trovato una branda per dormire ed è giusto che…

— Piantala.

— Vediamo… metà?

— Nyet. Wyoh, casa tua è molto lontana. Tieni da conto i soldi che hai.

— Manuel O’Kelly, se non mi lasci pagare la mia parte, me ne vado immediatamente!

Mi inchinai. — I miei rispetti, signora, spero di rivedervi, un giorno. — M’avvicinai alla porta.

Mi diede un’occhiata, poi chiuse la borsetta con violenza.

— Rimarrò. Accidenti!

— Sei la ben venuta.

— Capisci, ti sono veramente grata. Però… insomma, non sono abituata a ricevere favori. Sono una Donna Libera.

— Congratulazioni.

— Non scaldarti tu, ora. Sei un uomo deciso, e ho molto rispetto per te. Sono felice che tu sia con noi.

— Non sono certo di esserlo.

— Cosa?

— Calmati. Non sono dalla parte del Governatore. E nemmeno parlerò… Non vorrei che Shorty, Dio accolga la sua anima generosa, mi perseguitasse per tutta la vita. Ma devo dirti che il vostro programma non mi sembra attuabile.

— Ma Mannie, non capisci! Tutti noi…

— Aspetta, Wyoh, non è il momento per discutere di politica. Sono stanco e ho fame. Da quanto non mangi?

— Oh, santo cielo! — D’improvviso mi parve fragile, giovane, affranta. — Non mi ricordo. Sull’autobus, immagino. Razione da viaggio.

— Che ne diresti di una bistecca alla Kansas City, con patate al forno, salsa Tycho, insalata verde, caffè… e un aperitivo per cominciare?

— Delizioso!

— Sono d’accordo con te, ma sarà una fortuna, a quest’ora e in questo buco, se riusciremo ad avere una zuppa d’alghe e una cotoletta riscaldata. Che cosa vuoi bere?

— Qualsiasi cosa. Alcol puro.

— D’accordo. — Mi avviai allo sportello del montacarichi e chiamai la cucina. — Il menu, per favore. — Lo fecero salire subito e ordinai costate con contorno di due strudel con crema. Aggiunsi mezzo litro di vodka con ghiaccio e sottolineai bene quest’ultima parte.

— Ho tempo di fare il bagno? Ti dispiace?

— Fa’ pure, Wyoh. Dopo, avrai un profumo migliore.

— Mascalzone. Anche tu puzzeresti dopo aver portato per dodici ore la tuta a pressione. L’autobus era orribile. Farò in fretta.

— Un momento, Wyoh. Quella roba che ti sci messa addosso si scioglie con l’acqua? Ne avrai ancora bisogno quando te ne andrai… Se riuscirai a farlo e ovunque vorrai andare.

— Sì, si scioglie. Ma ne hai comprato tre volte il necessario. Mi dispiace, Mannie, di solito me ne porto una scorta, quando faccio viaggi politici. Non si sa mai. Ma questa volta non ho avuto tempo; ho anche perso una capsula della metropolitana e per poco non perdevo l’autobus.

— Allora, vai a ripulirti.

— Sì, signor Comandante. Ah, non ho bisogno di aiuto per la schiena… ma lascerò la porta aperta, così potremo chiacchierare. Solo per la compagnia, nessun invito implicito.

— Fa’ come vuoi. Ho già visto una donna.

— Chissà come dev’essere stato eccitante per lei! — Fece una smorfia e mi diede un altro pugno nelle costole, pensate… Poi entrò nel bagno e aprì il rubinetto della vasca. — Mannie, vuoi fare tu il bagno per primo? L’acqua di seconda mano sarà più che sufficiente per togliermi di dosso la tintura e la puzza di cui ti lamenti.

— Acqua a volontà, cara. Riempi pure la vasca.

— Oh, che lusso! A casa uso la stessa acqua per fare il bagno tre volte consecutive. — Fischiò dolcemente e in tono felice. — Sei ricco, Mannie?

— Non sono ricco, ma nemmeno piango miseria.

Il montacarichi cigolò. Aprii lo sportello e preparai due cocktail a base di Martini e vodka, e con ghiaccio abbondante. Entrai nel bagno e le porsi il suo bicchiere, poi uscii e mi sedetti, in modo da non poterla vedere. Ma nemmeno nel bagno avevo visto molto, era immersa fino alle spalle nella schiuma. — Pawlnoi Zheeni! — le augurai.

— Una vita felice anche a te, Mannie. Proprio la medicina di cui avevo bisogno. — Dopo una breve interruzione per bere un sorso della medicina, disse: — Mannie, sei sposato, vero?

— Sì. Si vede?

— Molto. Con le donne sei gentile ma non ansioso; anzi, molto indipendente. Ho dedotto che sei sposato, e da molto tempo. Bambini?

— Diciassette, divisi per quattro.

— Matrimonio di clan?

— No, di linea. Sono stato optato all’età di quattordici anni e sono il quinto di nove mariti. Così, dire diciassette bambini ha valore solo nominale. Una grossa famiglia.

— Dev’essere bello. Non ho visto molte famiglie di linea, ce ne sono poche a Hong Kong. Ci sono matrimoni di clan e di gruppo, ma la linea non ha mai preso piede laggiù.

— È bello. Il nostro matrimonio ha quasi cento anni. Risale ai tempi di Johnson City e dei primi deportati… ventuno coniugi, nove vivi attualmente, mai un divorzio. Diventa la casa dei matti, quando parenti, nipoti e congiunti si riuniscono per un compleanno o un matrimonio. Molto più di diciassette bambini, naturalmente; non li contiamo più dopo che si sono sposati, altrimenti avrei dei bambini vecchi da poter essere miei nonni. Un modo felice di vivere, pochi problemi. Prendi il mio caso. Nessuno fa scenate se me ne sto lontano per una settimana, senza nemmeno dare un colpo di telefono. Benvenuto quando torno a casa. I matrimoni di linea raramente hanno divorzi. Come potrei stare meglio?