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Una dozzina di persone si mise a urlare contemporaneamente per farsi sentire e molti altri discutevano fra loro, mentre il presidente batteva il martello. La confusione mi impedì di rendermi conto di quello che stava effettivamente accadendo, fino a quando una donna si mise a urlare. Allora mi guardai intorno.

Tutte le porte erano aperte e sulla soglia di quella più vicina vidi tre uomini armati, uomini in uniforme gialla della guardia del Governatore. Alla porta principale in fondo alla sala, uno dei militari vociava ordini con un muggito da toro, superando il frastuono della folla e il suono degli altoparlanti. — Calma, calma! — tuonava. — Tutti ai vostri posti. Siete in arresto. Non muovetevi, state calmi. Uscite uno alla volta, braccia tese in avanti, dita aperte.

Shorty sollevò sulle braccia l’uomo che gli sedeva a fianco e lo scaraventò contro le guardie più vicine. Due caddero, il terzo fece fuoco.

Qualcuno urlò. Una ragazzina tutta pelle e ossa, una rossa di dodici o tredici anni, si buttò tra le ginocchia della terza guardia e caricò con tutto il suo peso, raggomitolata come una palla; rotolarono insieme per terra. Shorty si rimise in azione. Afferrò Wyoming Knott e la trascinò al riparo del suo corpo massiccio, poi gridò: — Occupati di Wyoh, Man… stalle vicino! — Si diresse verso la porta spostando a destra e a sinistra la folla, che premeva per uscire, come se fossero bambini.

Ci furono altre grida e sentii un odore… quello stesso che mi giunse alle narici il giorno che perdetti il braccio; capii con orrore che le armi delle guardie del corpo non erano fucili a gas narcotizzanti, ma fucili a raggi laser. Shorty raggiunse la porta e afferrò le due guardie che aveva fatto cadere, ciascuna con una mano. La ragazzina con i capelli rossi era scomparsa; il poliziotto che lei aveva fatto rotolare si stava rialzando ed era appoggiato sulle mani e le ginocchia. Lo colpii con la mano sinistra e sentii un rimbombo nella spalla quando la sua mascella si ruppe. Dovetti avere un attimo di esitazione, perché Shorty mi diede una spinta gridando: — Sbrigati, Man. Portala fuori di qui!

Afferrai Wyoming alla vita con il braccio destro, e balzai con lei al di sopra della guardia che avevo sistemato poco prima; varcai la soglia, ma non senza difficoltà; la ragazza sembrava non volerne sapere di essere portata in salvo. Appena al di là della porta cercò di divincolarsi, io la spinsi con forza costringendola a correre per non cadere. Correndo, mi guardai indietro.

Shorty aveva afferrato le altre due guardie per il collo; fece un ghigno quando mandò le due teste a sbattere violentemente una contro l’altra. Ci fu un rumore di gusci rotti: poi Shorty mi urlò di nuovo di andarmene.

Me ne andai, continuando a spingere Wyoming. Shorty non aveva bisogno di aiuto e non ne avrebbe avuto mai più bisogno.

E non potevo nemmeno guastare il suo ultimo sforzo: avevo fatto in tempo a vedere che, mentre uccideva quelle due guardie, stava ritto su una gamba sola. L’altra era carbonizzata dai laser fino all’inguine.

5

Wyoh era a metà della rampa che conduceva al livello sei, quando la raggiunsi. Non rallentò la corsa e dovetti afferrare la maniglia della porta per riuscire a infilarmi insieme a lei nella porta stagna. Lì la costrinsi a fermarsi, le strappai dai riccioli il cappello rosso, e me lo infilai nella borsa. — Così va meglio. — Il mio l’avevo già perduto nella lotta.

Sembrava scombussolata. Comunque, rispose: — Sì. È meglio.

— Prima che apriamo la seconda porta stagna — le dissi — hai una meta particolare dove andare? Devo rimanere qui per coprirti le spalle, oppure venire con te?

— Non so. Sarà meglio aspettare Shorty.

— Shorty è morto.

Spalancò gli occhi, ma non disse niente. — Stavi da lui? O da qualcuno?

— Avevo prenotato una stanza in un albergo, il Gostaneetsa Ukraina. Non so dove si trovi. Sono arrivata troppo tardi per passarci prima del raduno.

— Uhmm. È un posto dove non devi andare. Wyoming, non capisco che cosa stia succedendo. È la prima volta, da mesi, che vedo dei poliziotti del Governatore a Luna City… e non ne ho mai visto uno se non in scorta a qualche pezzo grosso. Mmm… potrei portarti a casa mia, ma forse anch’io sono ricercato. Comunque, dobbiamo stare alla larga dai corridoi.

Giunsi alla porta d’accesso del sesto livello e una faccina fece capolino alla finestrella di vetro.

— Non possiamo stare qui — dissi aprendo la porta. La faccina era quella di una bimba che mi arrivava sì e no alla vita, e che mi guardò di sotto in su con aria di rimprovero, dicendo: — Trova qualche altro posto per baciarla. Stai bloccando il traffico. — Si insinuò fra me e Wyoh mentre aprivo la seconda porta.

— Seguiamo il consiglio della bambina — ripresi. — Dovresti prendermi sotto braccio e comportarti come se fossi l’uomo con cui vuoi passare la serata. Ora andiamo. Piano.

Facemmo così. Era un corridoio laterale, con poco traffico tranne che per i soliti bambini sempre fra i piedi. Se le guardie del corpo del Governatore avessero cercato di rintracciarci, come fanno i piedipiatti sulla Terra, da dodici a cento bambini avrebbero potuto indicare da che parte era andata una bella ragazza bionda e alta… sempreché si potesse trovare a Luna City un bimbo disposto a sprecare anche un secondo di tempo per rispondere a un tirapiedi del Governatore.

Un ragazzo, quasi in età per apprezzare Wyoming, si fermò davanti a noi e lanciò un fischio di entusiasmo al suo indirizzo. Lei sorrise e lo scostò di lato con il braccio. — Questo è un guaio anche per noi — le sussurrai all’orecchio. — Sei visibile come la Terra illuminata in pieno dal Sole. Dovremo scomparire in un albergo. Ce n’è uno proprio qui al primo corridoio laterale. Niente di speciale, è un nido d’amore, soprattutto. Ma è vicino.

— Non me la sento di pensare all’amore, adesso.

— Wyoh, per favore! Non te l’ho chiesto. Possiamo prendere stanze separate.

— Scusami. Sai dove posso trovare un gabinetto? E dove si trova la farmacia più vicina?

— Ti senti male?

— Non come puoi pensare tu. Un gabinetto per nascondermi. … dato che sono appariscente… e una farmacia per comprare cosmetici. Creme per il corpo. E tintura per i capelli, anche.

La prima parte fu semplice: ce n’era uno all’angolo. Quando Wyoh si fu rinchiusa nel gabinetto trovai una farmacia.

Chiesi quanta crema occorreva per tingere il corpo di una ragazza alta così, e feci un segno sotto il mio mento, e sui 48 chili. Comprai la quantità necessaria di crema color seppia, poi andai in una seconda farmacia e ne acquistai altrettanta. In un terzo negozio comprai tintura nera per capelli e un abito rosso.

Wyoming indossava pantaloncini neri e pullover, una tenuta pratica per viaggiare e molto adatta a una bionda. Ma ero sposato da anni e avevo un’idea sui gusti femminili in fatto di moda: non avevo mai visto una donna con la pelle tinta di color seppia mettersi indosso un abito nero. Tra l’altro, a quell’epoca le donne eleganti di Luna City portavano abiti con gonna. Quel vestito era una combinazione gonna-corpetto e il prezzo mi convinse che si trattava di un capo elegante. Per la misura andai a occhio, ma la stoffa aveva il vantaggio di essere elastica.

Incontrai tre persone che mi conoscevano, ma non fecero alcun commento insolito. Non c’era traccia di agitazione intorno: la vita era quella di tutti i giorni. Difficile credere che pochi minuti prima fossero scoppiati gravi disordini al livello inferiore, a solo cento metri più a nord. Accantonai questa osservazione: ci avrei ripensato.

Portai la roba a Wyoh e gliela feci passare dalla porta che aveva appena socchiuso. Poi mi mimetizzai in un bar affollato, scolai un mezzo litro e guardai la televisione per mezz’ora. Anche lì nessuna novità, nessuna interruzione dei programmi per trasmettere un comunicato speciale. Tornai indietro, bussai di nuovo alla porta di Wyoh e attesi.