Guy Tremont, il vero eroe dell'assedio del Nucleo Fallow, il coraggioso che aveva resistito, resistito e ancora resistito anche dopo che il Generale Xian era fuggito e che Baneri era stato ucciso.

Xian aveva giurato di tornare, ma era finito intrappolato nel massacro della Stazione Vassily; il Quartier Generale aveva promesso di mandare provviste, ma il Quartier Generale e il suo astroporto di vitale importanza erano stati presi dai Cetagandani.

Quando questo era accaduto il Colonnello Tremont e i suoi uomini erano però ormai privi del sistema di comunicazione e quindi avevano resistito, attendendo e sperando, fino a quando le loro risorse si erano ridotte a rocce e speranza… le rocce erano oggetti versatili, che potevano essere bolliti per ottenere una zuppa o scagliati contro il nemico. Alla fine, però, il Nucleo Fallow era stato conquistato. Non si era arreso, era stato preso.

Guy Tremont… Miles desiderava moltissimo incontrare Guy Tremont.

Alzatosi in piedi, si guardò intorno e scorse in lontananza una figura da spaventapasseri che camminava lentamente e che era oggetto di una pioggia di zolle di terriccio che un gruppo di persone le stava scagliando contro per indurla ad andarsene. Suegar si fermò fuori della portata di tiro di quei proiettili improvvisati e continuò a indicare lo straccio legato al polso, senza cessare di parlare, ma i tre o quattro uomini che stava arringando gli fecero capire cosa pensavano del suo messaggio girando le spalle e andandosene.

Con un sospiro, Miles si avviò per raggiungerlo.

– Ehi, Suegar! – chiamò, agitando una mano, quando fu più vicino.

– Oh, eccoti qui – rispose Suegar, rischiarandosi in volto e raggiungendolo. – Ti avevo perso. Nessuno mi vuole ascoltare, sai? – aggiunse, pulendosi la fronte dalla terra.

– Già… ecco, la maggior parte di loro ti deve ormai aver sentito parlare almeno una volta, giusto?

– Probabilmente mi avranno sentito venti volte, perché continuo a pensare che potrei aver dimenticato qualcuno, forse proprio l'Uno… l'altro Uno.

– Io sarei felice di ascoltarti, ma prima devo proprio trovare il Colonnello Tremont. Hai detto che conoscevi qualcuno…

– Oh, hai ragione. Da questa parte – assentì Suegar, incamminandosi di nuovo.

– Grazie. Dimmi, ogni chiamata per il rancio è come quella a cui ho appena assistito?

– Più o meno.

– E cosa impedisce a qualche… gruppo… di impadronirsi di quel tratto del perimetro della cupola?

– Le barre non vengono mai depositate due volte nello stesso posto. Il punto viene spostato tutt'intorno al perimetro. In passato si è discusso molto su quale fosse la strategia migliore, e cioè se fosse meglio appostarsi nel centro, in modo da non essere mai a più di mezzo diametro di distanza dalle barre, o vicino al perimetro, al fine di trovarsi in prima fila almeno alcune volte. Ci sono perfino stati alcuni che hanno effettuato un calcolo matematico delle probabilità di successo delle due tattiche.

– Tu quale preferisci?

– Oh, io non ho un punto particolare, mi sposto di qua e di là e mi affido alla sorte. Quella non è comunque la cosa più importante – proseguì, toccando lo straccio legato al polso, – ma è stato bello poter mangiare oggi, qualsiasi giorno sia.

– Oggi è il 2 novembre del '97, Era Comune della Terra.

– Oh, soltanto? – fece Suegar, tirando il ciuffo di barba e ruotando gli occhi nel tentativo di guardarlo. – Credevo di essere rimasto qui più a lungo di così… non sono passati neppure tre anni – aggiunse, in tono di scusa. – Qui dentro è sempre oggi.

– Hmm – fece Miles. – E così le barre nutrizionali sono sempre state consegnate in un solo mucchio, in quel modo.

– Già.

– Dannatamente ingegnoso.

– Già – ripeté Suegar, con un sospiro in cui era nascosta un'ira appena alitata e tradita dalla contrazione delle sue mani.

Dunque quel folle non era poi così ingenuo come voleva apparire…

– Siamo arrivati – aggiunse Suegar, arrestandosi davanti ad un gruppo il cui territorio era determinato da una mezza dozzina di stuoie disposte in un rozzo cerchio. Uno degli uomini sollevò lo sguardo e gli scoccò un'occhiata rovente.

– Vattene, Suegar, non sono dell'umore giusto per sentire un sermone.

– Quello è il colonnello? – sussurrò Miles.

– No, si chiama Oliver. Lo conoscevo… molto tempo fa. Comunque era al Nucleo Fallow e ti potrà portare da Tremont – sussurrò di rimando Suegar, poi spinse Miles avanti e aggiunse: – Questo è Miles, è nuovo e ti vuole parlare.

Detto questo indietreggiò di qualche passo e Miles si rese conto che lo aveva fatto per essergli d'aiuto: a quanto pareva, Suegar era consapevole della propria impopolarità.

Miles procedette quindi a studiare il successivo anello della catena che stava seguendo: Oliver era riuscito a non farsi sottrarre la divisa grigia e la stuoia, e la sua tazza di plastica era intatta, tutte cose che contribuirono a ricordare a Miles la propria nudità. D'altro canto, Oliver non sembrava essere in possesso di oggetti di scorta ottenuti con mezzi illeciti, e la sua somiglianza con i cupi compari si limitava al fisico massiccio, il che era un bene… anche se nelle sue attuali condizioni Miles non aveva più di che preoccuparsi di eventuali furti.

Dal canto suo, Oliver lo fissò inizialmente con freddezza, ma poi parve addolcire il proprio atteggiamento.

– Cosa vuoi? – brontolò.

– Sto cercando il Colonnello Tremont – spiegò Miles, allargando le mani.

– Qui non ci sono colonnelli, ragazzo.

– Era un cugino di mia madre. Nessuno della famiglia… nessuno del mondo esterno… ha più avuto sue notizie dirette o indirette da quando il Nucleo Fallow è caduto. Io… io non provengo da nessuna unità o frammento di unità presente là, e il Colonnello Tremont è il solo di cui sappia qualcosa.

Nel parlare Miles serrò le mani una contro l'altra e cercò di apparire fragile, mentre un dubbio effettivo cominciava a scuoterlo e lo induceva ad aggrottare la fronte.

– È ancora vivo, vero? – insistette.

– Un parente, eh? – fece Oliver, grattandosi un lato del naso con uno spesso dito. – Suppongo che tu abbia il diritto di vederlo, ragazzo, ma non credo che ti servirà a qualcosa, se è a questo che stai pensando.

– Io… a questo punto voglio soltanto sapere - replicò Miles, scuotendo il capo.

– Allora vieni – decise Oliver, alzandosi in piedi con un grugnito e incamminandosi senza neppure guardarsi alle spalle per vedere se Miles lo stava seguendo.

– Mi stai portando da lui? – domandò questi, mentre gli andava dietro zoppicando.

Oliver non rispose finché non ebbero finito il tragitto lungo appena qualche dozzina di metri che si snodava fra le stuoie per dormire; un uomo imprecò, un altro sputò, ma i più li ignorarono.

Una stuoia era posta al limitare del gruppo, quasi abbastanza lontano da apparire isolata, e su di essa una figura raggomitolata su un fianco volgeva loro le spalle. In silenzio, Oliver si arrestò a contemplarla con i grossi pugni sui fianchi.

– È quello il colonnello? – sussurrò Miles, in tono urgente.

– No, ragazzo – rispose Oliver, tormentandosi il labbro inferiore, – è soltanto ciò che resta di lui.

Allarmato, Miles s'inginocchiò, ma ben presto si rese conto che Oliver aveva inteso parlare soltanto in senso figurato e che l'uomo sulla stuoia respirava ancora.

– Colonnello Tremont? Signore? – chiamò, e sentì il cuore che gli mancava di nuovo quando si accorse che respirare era più o meno la sola cosa che Tremont facesse.

Il colonnello giaceva inerte, e sebbene fossero aperti i suoi occhi erano fissi nel vuoto, al punto che il suo sguardo non si spostò neppure in maniera infinitesimale verso Miles; il suo corpo era scarno, ancor più di quello di Suegar, e pur riconoscendo la curva della mascella e la forma dell'orecchio dai video che aveva studiato, Miles comprese di avere davanti soltanto i resti di un volto, paragonabili alle macerie del Nucleo Fallow… ci sarebbe voluta quasi la capacità di analisi di un archeologo per ricollegare le rovine attuali alla realtà passata.