– Lei – lo apostrofò Miles, con voce incupita a tal punto dall'ira che il genetista mosse involontariamente un passo indietro. Miles era così furibondo che gli sarebbe piaciuto poter bloccare Canaba contro la parete tenendolo per il collo, ma dal momento che era troppo basso per poterlo fare si accontentò di inchiodarlo invece con uno sguardo, accantonando con rincrescimento l'idea di chiedere al soldato Nout di farlo al suo posto. – Dannato doppiogiochista figlio di buona donna dal sangue gelido… mi ha mandato ad assassinare una ragazza di sedici anni!

– Lei non capisce… – cominciò Canaba, sollevando una mano in un gesto di protesta.

In quel momento Taura oltrepassò il portello della navetta e i suoi occhi dorati si sgranarono in un'espressione di sorpresa inferiore per intensità soltanto a quella dello stesso Canaba.

– Dottor Canaba! Cosa ci fa qui?

– Lei non si muova – ingiunse con durezza Miles, rivolto al genetista, poi controllò la propria ira e si girò verso il pilota della navetta. – Laureen?

– Sì, signore?

Prendendo Taura per mano, Miles la guidò verso il Sergente Anderson.

– Laureen, voglio che prenda con sé la recluta Taura e le procuri un pasto abbondante… tutto quello che riuscirà a mangiare, e intendo alla lettera. Poi le faccia fare un bagno, le trovi un'uniforme e l'aiuti ad orientarsi a bordo.

– Er… sì, signore – rispose il sergente, adocchiando con aria guardinga la sagoma torreggiante di Taura.

– Ha passato dei momenti dannatamente brutti – si sentì obbligato a spiegare Miles, quindi fece una pausa e concluse: – Badi di farci fare bella figura. È importante.

– Sì, signore – ripeté Anderson, impassibile, e si allontanò seguita da Taura, che lanciò da sopra la spalla un'occhiata incerta in direzione di Miles e di Canaba.

Miles si massaggiò il mento ispido per la barba lunga, consapevole della sporcizia che gli macchiava gli abiti e della stanchezza indotta dal timore che gli stava tendendo al massimo i nervi, e infine si girò nuovamente verso lo sconvolto genetista.

– D'accordo, dottore – ringhiò, – mi faccia capire, e si sforzi più che può per riuscirci.

– Non potevo lasciarla nelle mani di Ryoval! – esclamò Canaba, in tono agitato. – Non potevo permettere che diventasse una vittima o ancor peggio un'agente delle… delle sue depravazioni commercializzate…

– Non ha neppure pensato di chiederci di salvarla?

– Ma perché avreste dovuto? – obiettò Canaba, confuso. – Non rientrava nel vostro contratto… e voi siete mercenari…

– Dottore, lei ha vissuto sul Gruppo Jackson per un tempo dannatamente troppo lungo.

– È una cosa che sapevo, all'epoca in cui vomitavo ogni mattina prima di andare a lavorare… ma lei ancora non capisce, ammiraglio – replicò Canaba, ergendosi sulla persona con asciutta dignità e lanciando un'occhiata lungo il corridoio nella direzione in cui si era allontanata Taura. – Non la potevo lasciare nelle mani di Ryoval ma al tempo stesso non la posso portare su Barrayar. Là uccidono i mutanti!

– Ecco… – precisò Miles, indotto suo malgrado ad una pausa di riflessione, – adesso stanno cercando di eliminare quegli antichi pregiudizi, o almeno questo è quanto mi è stato dato di capire. Comunque lei ha ragione: Barrayar non è il posto adatto per Taura.

– Quando lei è arrivato speravo di non essere costretto a chiederle di ucciderla, di riuscire a farlo da solo anche se non era un compito facile, perché ormai la conosco da… troppo tempo. Lasciarla laggiù in quelle condizioni sarebbe però stata la condanna più ignobile…

– Su questo ha ragione, comunque adesso ne siete fuori entrambi. – Sempre che riusciamo a mantenervi tali, aggiunse mentalmente fra sé, frenetico per l'impazienza di raggiungere la Sezione Navigazione e Comunicazioni per scoprire cosa stava succedendo. Ryoval aveva già scatenato il suo inseguimento? E Fell? La stazione spaziale che sorvegliava l'uscita del lontano corridoio di distorsione avrebbe ricevuto l'ordine di bloccare la loro fuga?

– Non volevo abbandonarla – insistette Canaba, – ma non potevo neppure portarla con me.

– Spero proprio di no, visto che è del tutto inadatto a prendersene cura. Ho intenzione di indurla ad unirsi ai Mercenari Dendarii, una cosa che sembrerebbe realizzare il suo destino genetico… a meno che lei non conosca una ragione per cui questo non sia fattibile.

– Taura sta per morire!

Miles rimase per un momento paralizzato da quell'affermazione.

– Lei ed io invece no? – ribatté poi in tono sommesso, e a voce più alta aggiunse: – Perché? E fra quanto?

– Si tratta del suo metabolismo… un altro errore o concatenazione di errori. Non so fra quanto accadrà. Potrebbe vivere ancora un anno oppure due o anche cinque. O perfino dieci.

– O quindici?

– O quindici, sì, anche se è improbabile. Comunque morirà presto.

– E tuttavia lei voleva privarla del poco che le resta da vivere. Perché?

– Per risparmiarle quella fine. La debilitazione finale è rapida ma molto dolorosa, a giudicare da quello che hanno passato gli altri… prototipi. Le femmine erano però più complesse dei maschi e non so con certezza… comunque è una morte orribile, specialmente come schiava di Ryoval.

– Non ricordo di aver ancora incontrato un modo piacevole di morire, e ne ho visti parecchi. Quanto al tempo che ci resta da vivere, potremmo morire tutti entro quindici minuti, e dove andrebbe a finire allora la sua tenera misericordia? – Doveva arrivare alla Navigazione e Comunicazioni. – Dichiaro decaduto da parte sua ogni interesse nei confronti di Taura, dottore. Finché dura, lasciamole godere tutta la vita che potrà.

– Ma lei era un mio progetto… ne devo rispondere io…

– No. Adesso è una donna libera e spetta soltanto a lei rispondere di se stessa.

– E quanto potrà mai essere libera, con quel corpo spinto da un simile metabolismo e con quella faccia? Condurrà la vita di un mostro deriso ed evitato, e sarebbe meglio ucciderla in maniera indolore che vederla soffrire…

– No, non lo è – scandì Miles a denti stretti, con enfasi. Canaba lo fissò, uscendo infine dal circolo chiuso del suo angosciato ragionamento.

Così va bene, dottore, pensò Miles. Scuoti le ragnatele dalla testa e guardami… finalmente.

– Perché dovrebbe… importarle? – chiese il genetista.

– Mi piace, più di quanto mi piaccia lei, potrei aggiungere – ribatté Miles, poi s'interruppe al pensiero che avrebbe dovuto informare Taura dei campioni genetici inseriti nel suo polpaccio sinistro e spiegarle che presto o tardi avrebbero dovuto essere recuperati. Forse però avrebbe potuto fingere che la biopsia fosse una sorta di procedura medica standard per l'accettazione fra i mercenari… no, Taura meritava un'onestà maggiore di questa.

Era profondamente irritato con Canaba per aver inserito questa nota di falsità nei suoi rapporti con Taura, e tuttavia… senza i complessi genetici da recuperare, si sarebbe effettivamente preso la briga di cercare di salvarla, come le sue affermazioni avevano sottinteso? Avrebbe davvero prolungato la missione assegnatagli e messo a repentaglio la sua riuscita per pura bontà d'animo? Fin dove arrivava la devozione al dovere e a che punto veniva sostituita da una pragmatica assenza di pietà? Adesso non lo avrebbe mai saputo. Quei pensieri fecero sbollire la sua ira, che fu rimpiazzata da un senso di sfinimento, il consueto e familiare crollo che seguiva ogni missione… troppo presto, perché la missione era tutt'altro che finita, ricordò severamente a se stesso, traendo un profondo respiro.

– Non la può salvare dall'essere viva, Dottor Canaba, perché è troppo tardi per questo, quindi la lasci andare. La lasci andare.

Sebbene avesse le labbra serrate in un'espressione contrariata, Canaba chinò il capo e allargò le braccia in un gesto di resa.