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Con suo sbalordimento, la Principessa Kareen d’un tratto le prese una mano, se la portò alle labbra e la baciò con foga.

— Io l’ho giurato! — disse con voce rauca. — Ho giurato che avrei baciato la mano che ha ucciso Ges Vorrutyer. Grazie. Grazie! — Le sfuggì un ansito. Il suo volto era impallidito per l’emozione. Poi si schiarì la gola, ricompose i lineamenti con uno sforzo e annuì. — Grazie, milady. Dio la benedica.

— Io… — Cordelia si sfregò il punto che l’altra aveva baciato. — Ma non… uh… questo onore appartiene a un altro, milady. In realtà non sono stata io a tagliare la gola dell’ammiraglio Vorrutyer.

La Principessa Kareen strinse con forza le mani in grembo. I suoi occhi scintillavano. — Allora chi è stato? Lord Vorkosigan?

— No. — Cordelia scosse il capo, esasperata. — Negri avrebbe dovuto darle il rapporto vero. È stato il sergente Bothari. Mi ha salvato la vita, quel giorno.

— Bothari! — Kareen s’irrigidì, stupefatta. — Bothari il mostro? Bothari, il folle sicario di Vorrutyer?

— Ho dovuto accollarmi io la responsabilità al suo posto, signora, perché se la verità fosse stata resa pubblica avrebbero dovuto giustiziarlo per ammutinamento e omicidio. Ma… non posso rubargli il merito. Se vuole, posso trasmettergli la sua gratitudine, ma non credo che ricordi quell’episodio. Dopo la guerra è passato attraverso una drastica terapia mentale, prima del congedo… cioè, quella che voi barrayarani chiamate «terapia». — Non più evoluta della neurochirurgia, temeva Cordelia. — E credo che non fosse del tutto, uh, normale, a quel tempo.

— No, non lo era — disse Kareen. — Credevo che fosse una creatura di Vorrutyer.

— Ma ha deciso… lui stesso, ha voluto cambiare. Credo che sia stato uno degli atti più eroici che io abbia mai visto. Si è tirato fuori da quella palude di follia e di malvagità, in un anelito disperato di… — Cordelia s’interruppe, imbarazzata di dover dire «redenzione». Dopo una pausa, domandò: — Lei incolpa l’ammiraglio Vorrutyer di aver, uh, corrotto il Principe Serg? — Già che stavano dando aria a quella stanza chiusa, pensò… Nessuno parla del Principe Serg. Lui aveva scelto una sanguinosa scorciatoia per il trono, e ora lo stanno… cancellando.

— Ges Vorrutyer… — le mani di Kareen fremettero, — trovò in Serg un compagno che la pensava come lui. Un seguace entusiasta, nel suo vile scopo. Forse non… non è stata tutta colpa di Vorrutyer. Io non lo so.

Una risposta onesta, si disse Cordelia. A bassa voce Kareen aggiunse: — Ezar mi protesse da Serg, durante la mia gravidanza. Quando mio marito fu ucciso a Escobar non lo vedevo da un anno.

Forse anch’io non nominerò Serg mai più. - Ezar è stato un forte protettore. Spero che Aral lo sia altrettanto. — Era lecito parlare di Ezar come se fosse già morto? Tutti quanti sembravano farlo.

Kareen emerse da un momento di assenza e rimise a fuoco lo sguardo. — Una tazza di thè, Lady Vorkosigan? — Sorrise, sfiorò un comunicatore celato nella spilla sul bavero del vestito e diede ordini a una cameriera di palazzo. Apparentemente il colloquio privato era finito. La comandante Naismith doveva ora immaginare con quali modi Lady Vorkosigan potesse prendere il thè con una Principessa.

L’erede al trono e la guardia del corpo ricomparvero mentre la cameriera serviva i pasticcini alla crema, e Gregor dimostrò subito che il suo appetito non aveva bisogno d’incoraggiamenti. Kareen gli impedì con fermezza di imboccare lo stegosauro. Il figlio del Principe Serg sembrava un bambino normalissimo, anche se un po’ taciturno davanti agli estranei. Cordelia si accorse di guardarlo con affettuoso interesse. Istinto materno. Tutte lo avevano. Fino a che punto Kareen era disposta ad arrivare per lui?

— Cosa ne pensa della sua nuova patria, Lady Vorkosigan? — domandò la Principessa, passando alla conversazione formale. Discorsi da thè e biscotti, ora. Niente crudi bagliori d’emozione nello sguardo. Non di fronte al bambino.

Cordelia rifletté un momento. — La villa di campagna, nel sud, a Vorkosigan Surleau, è un posto splendido. Quel lago meraviglioso è più grande di qualsiasi specchio d’acqua di Colonia Beta… eppure Aral lo prende per scontato. Il vostro pianeta è incantevole. — Il «vostro» pianeta? Non il mio? Per associazione automatica «patria» significava Colonia Beta nella mente di Cordelia. Ma avrebbe potuto restare per sempre fra le braccia di Aral, sul lago.

— La capitale, qui… be’, è certo più varia di qualunque città del mio… di Colonia Beta. — Dentro di sé ridacchiò del suo lapsus. — Ma sembra popolata di soldati. L’ultima volta che mi sono vista attorno tante uniformi verdi è stato in un campo di prigionia.

— Ci vede ancora come il «nemico»? — s’incuriosì la Principessa.

— Oh, avevate smesso d’essere il nemico per me molto prima della fine della guerra. Soltanto vittime assortite, più o meno cieche.

— Lei ha occhi penetranti, Lady Vorkosigan. — La Principessa sorseggiò il thè, abbassando il suo sorriso nella tazza. Cordelia sbatté le palpebre.

— A Casa Vorkosigan c’è un’atmosfera militaresca, specialmente quando il Conte Piotr è in città — disse. — Tutti i suoi dipendenti sono in divisa. Suppongo di aver visto una o due cameriere, finora, che sbirciavano da dietro un angolo, ma non sono riuscita ad accalappiarne una per me. Un campo militare barrayarano. Su Beta il personale è organizzato in modo diverso.

— Misto — disse Droushnakovi. C’era una luce d’invidia nei suoi occhi? — Uomini e donne che lavorano insieme.

— Assunzioni per test attitudinali — annuì Cordelia. — Nessuna discriminazione. Naturalmente i lavori più pesanti sono assegnati agli uomini, ma non hanno questo strano attaccamento ossessivo al ruolo mascolino.

— Rispetto — sospirò Droushnakovi.

— Be’, se le persone impegnano la loro vita lavorativa al servizio della comunità, è chiaro che meritano e ottengono rispetto — disse Cordelia. — Non posso negarlo: sento la mancanza delle mie colleghe ufficialesse. E di altre amiche, donne di carriera nelle professioni tecniche e scientifiche, a casa mia. — Di nuovo una parola nostalgica, «casa». — Qui non mancano gli uomini brillanti; devono pur esserci donne altrettanto capaci. Dove si nascondono? Se… — Cordelia s’interruppe, rendendosi conto che Kareen avrebbe potuto fraintendere e prenderla per un’osservazione offensiva per lei. Ma aggiungere in extremis «escluse le presenti» avrebbe sottolineato, invece di cancellare, la goffa insinuazione.

Se però Kareen ci vide qualcosa di personale, lo tenne per sé. E Cordelia fu salvata dal pericolo di altri imbarazzanti passi falsi dal ritorno di Aral e Illyan. Si accomiatarono con cortese formalità e lasciarono il palazzo.

Quella sera il capitano Illyan riapparve a Casa Vorkosigan seguito dalla signorina Droushnakovi. La muscolosa bionda aveva una grossa valigia in mano, e quando l’ebbe poggiata al suolo nell’atrio si guardò attorno con aperto interesse.

— Il capitano Negri ha assegnato la signorina Droushnakovi alla consorte del Reggente, come guardia del corpo — spiegò Illyan. Aral approvò con un cenno del capo.

Più tardi Droushnakovi consegnò a Cordelia una busta sigillata, di fine carta color crema. Inarcando un sopracciglio lei la aprì. Il biglietto, scritto a mano, era breve e conciso. La firma leggibile e senza fronzoli.

«Con i miei auguri,» diceva. «Sono certa che passa volentieri al suo servizio. Kareen.»