Lei scosse la testa, incapace di rispondere a quella verità.
— Anch’io odio questo posto — continuò lui. — Proprio come questo posto odia me. Perfino di più, a volte. Così, vede, lei non è la sola.
— Sono troppi quelli che vorrebbero ucciderlo — gemette lei, pur disprezzando la propria debolezza. — Anche molti che non lo conoscono neppure… uno di loro prima o poi ci riuscirà. Ormai non riesco a pensare ad altro. Sarà una bomba? Un veleno? Un raggio al plasma che brucerà il suo volto senza lasciare neppure due labbra che io possa baciare un’ultima volta?
L’attenzione di Koudelka si spostò dai suoi dolori a quelli di lei e la guardò, un po’ stupito, corrugando le sopracciglia.
— Oh, Kou — mormorò ancora Cordelia, sfiorandogli con un dito le mostrine sul petto dell’uniforme, senza vederle. — Anche se tutto ti fa soffrire, non fargli questo. Lui ti vuole bene… ti ama come un figlio, proprio come il figlio che un uomo come lui può volere. Quella lama… — Accennò col capo verso la spada, — la pianteresti nel suo cuore. Ogni giorno questo pianeta gli getta sulle spalle tutte le sue follie, e gli domanda giustizia per ciascuna di esse. Lui può farlo, se non nel segreto del suo cuore. Sa che deve agire freddamente, altrimenti finirebbe per rispondere alla pazzia con la pazzia, come tutti i suoi predecessori. E qui… — aggiunse, in un impeto di completa incoerenza, — è così umido, qui! Non sarà colpa mia se nostro figlio nascerà con le branchie!
Le braccia di lui la circondarono con dolcezza. — Lei ha… paura di questo? Di partorire qui? — le domandò, con intuizione inaspettata.
Faccia a faccia con le sue paure inespresse, Cordelia restò immobile qualche istante. — Io non ho fiducia nei vostri medici — ammise, con un tremito.
Lui ebbe un sorriso ironico. — Non posso biasimarla.
Cordelia riuscì a ridere brevemente e gli restituì l’abbraccio. Poi alzò una mano e gli asciugò la goccia di sangue dal collo. — Quando vuoi bene a qualcuno è come se la tua pelle coprisse due persone. Ogni dolore arriva in due cuori. E io ti voglio bene, Kou. Vorrei che tu mi permettessi di aiutarti.
— Terapia, Cordelia? — disse la voce di Vorkosigan in quel momento, fredda come una spruzzata di pioggia. Si girò, sorpresa, e lo vide a pochi passi da loro. — Sono certo che hai una grande… esperienza betana in materia, ma ti prego di lasciare queste incombenze a qualcun altro. Koudelka arrossì, lasciandola. — Signore… — cominciò, e tacque, stupito quanto Cordelia dell’ira gelida che c’era nel tono di lui. Vorkosigan lo guardò, ed entrambi chiusero la bocca.
Cordelia prese fiato per rispondere, ma riuscì ad emetterlo solo in un furioso: — Oh! — verso la schiena di lui mentre Vorkosigan si girava e usciva dalla biblioteca a passi rigidi.
Koudelka, ancora rosso in faccia, s’appoggiò la spada per tirarsi in piedi e la rinfoderò. — Milady, le domando perdono. — Le sue parole parvero prive di significato.
— Kou — disse Cordelia. — Tu sai che non intendeva quello che pensi. Ha parlato senza riflettere. Sono certa che non, non…
— Sì, capisco — disse lui senza guardarla. I suoi occhi erano duri e fissi. — È universalmente noto che io non rappresento un pericolo per gli uomini sposati, suppongo. Ma se ora lei vuole scusarmi, milady… ho del lavoro da fare. Arretrato.
— Oh! — Cordelia non sapeva se essere più furibonda con Vorkosigan, con Koudelka o con se stessa. Balzò in piedi e si avviò alla porta, lasciando dietro di sé una frase rabbiosa: — Dannazione a tutti i barrayarani senza cervello, e all’inferno!
Nell’atrio Droushnakovi apparve sulla sua strada, con un esitante: — Milady?
— E tu, razza di… di sciocca! — sbottò Cordelia, la cui rabbia si sfogava ormai in ogni direzione. — Perché non riesci a sistemare da sola i tuoi affari? Voi donne barrayarane aspettate che la vita vi sia portata davanti su un vassoio. Ma non è così semplice!
La ragazza fece un passo indietro, sbalordita. Cordelia ingoiò con uno sforzo la propria indignazione e chiese: — Da che parte è andato Aral?
— Io… di sopra, credo, milady.
Un po’ del suo antico umore battagliero le venne in soccorso. — Facendo le scale due gradini alla volta, per caso?
— Uh… tre, in effetti — rispose debolmente Drou.
— Suppongo che adesso dovrò parlare con lui. Maledizione — disse Cordelia passandosi una mano fra i capelli, e si chiese se sfogarsi sarebbe servito a qualcosa. — Figlio d’un cane! — ringhiò, senza sapere lei stessa fino a che punto il suo subconscio lo intendeva alla lettera. E pensare che non sono abituata a imprecare…
Lo seguì a passi svelti, salendo le scale con un’energia alimentata dall’ira. Quest’affare della gravidanza rallenta dannatamente una donna. Nel corridoio incontrò una guardia di servizio. — Lord Vorkosigan è andato da questa parte? — gli domandò.
— In camera sua, milady — rispose l’uomo, e la seguì con uno sguardo incuriosito. Grande. Bella scena davvero, pensò selvaggiamente lei. Il nostro primo litigio, e lo facciamo in pubblico. Questi vecchi muri non sono a prova di suono. Riuscirò a tenere la voce bassa? Per Aral non c’è problema: quando si arrabbia lui sussurra.
Entrò in camera e lo trovò seduto sul letto che si toglieva la giacca dell’uniforme e gli stivali con gesti secchi, violenti. Lui si girò e i loro sguardi s’incrociarono come lame. Cordelia aprì il fuoco per prima, dicendosi: Sistemiamo questa faccenda.
— Le parole che hai detto di fronte a Kou erano completamente fuori luogo!
— Sicuro! Entro in casa, trovo mia moglie che… che si fa cullare da uno dei miei ufficiali, e cosa pensi che dovrei dire? «Prego, non fate caso se passo di qui. Bella giornata, eh?» — replicò lui.
— Sai perfettamente che non era niente dal genere!
— Benissimo. Ma supponiamo che non fossi io. Supponiamo che fosse entrata una delle mie guardie del corpo, o un uomo di mio padre. Come gliel’avresti spiegato? Tu sai cosa si dice di voi betani. Ne avrebbe tratto le sue conclusioni, e il pettegolezzo avrebbe preso il via. E io me lo sarei sentito rifilare grondante sarcasmo in qualche corridoio del Quartier Generale. Tutti i miei avversari politici stanno aspettando solo una cosa di questo genere. Ci si butterebbero sopra.
— Cosa diavolo c’entra la politica col tono che hai usato? Io stavo parlando a un amico. Dubito che saresti riuscito a offenderci più crudamente se ci avessi studiato sopra. Questa è stata una sciocchezza, Aral. Si può sapere cosa ti succede, comunque?
— Non lo so — borbottò lui. Si passò una mano sul mento. — È questo maledetto lavoro, credo. Non volevo sfogarmi con te.
Cordelia sospettava che quella fosse la cosa più simile a un’ammissione di torto che poteva aspettarsi, e la accettò con un cenno del capo, lasciando evaporare l’ira. Adesso ricordava perché arrabbiarsi ogni tanto non faceva male; l’adrenalina era un buon antidoto contro la paura e le preoccupazioni.
— Sì. Be’… quanto credi d’essere lontano dal dover entrare in camera di Kou sfondando la porta, uno di questi giorni?
Vorkosigan si accigliò, quando capì di cosa stava parlando. — Hai qualche… ragione per credere che mediti sul suicidio? A me sembra abbastanza tranquillo.
— Sembra. A te. — Cordelia lasciò aleggiare quelle parole nell’aria per accentuarne il peso. — Gli manca tanto così per arrivarci. — Alzò il pollice e l’indice, lasciando un millimetro di spazio fra i polpastrelli. Aveva un dito ancora sporco di sangue, e quando se ne accorse fece una smorfia. — Stava facendo un pensiero su quella dannata spada. Vorrei non avergliela mai comprata. Non potrei sopportarlo se la usasse per tagliarsi la gola. E credo che ci fosse molto vicino prima di accorgersi che ero lì, dietro di lui.
— Ah. — Vorkosigan appariva più piccolo senza la vistosa giacca militare, senza la sua rabbia. Allungò una mano verso Cordelia; lei la prese e si lasciò trarre a sedere sul letto, sospirando: — Così, tu, in questa tua grossa testa di cavolo, hai pensato che stavi recitando la parte di Re Artù con Lancillotto e Ginevra. Be’, scordatelo. Questa è un’altra trama.