Quando Claire annuì lentamente, Silver trasse un sospiro di sollievo. La guidò verso la parete dove si trovava la cassetta del pronto soccorso, poi cominciò a disinfettarle e bendarle mani, e la ripulì dal sangue dal viso graffiato. — Ecco, così va meglio…
Nel frattempo, Leo ripristinò il funzionamento del controllo del portello stagno e poi galleggiò accanto a loro. — Va tutto bene, ora? — Si rivolse a Silver: — Starà bene, adesso?
Silver non poté fare a meno di rispondere in tono irritato. — Bene come chiunque di noi… non è giusto! — esplose. — Questa è la mia casa, ma adesso sta diventando come una bombola ad ossigeno troppo compresso. Tutti i quad sono in subbuglio per quello che è successo a Tony e Claire. Non è una situazione simile a quella volta terribile in cui Jamie perse la vita nell’incidente con il rimorchiatore. Questo… questo è stato fatto di proposito. Se fanno una cosa simile a Tony, che era così buono… allora cosa faranno a… a me? A chiunque di noi? Che cosa accadrà, ora?
— Non lo so — Leo scosse il capo con aria cupa. — Ma sono convinto che l’idillio sia finito. Questo è solo l’inizio.
— Ma cosa faremo? Cosa possiamo fare?
— Be’… non lasciatevi prendere dal panico. E non disperate, soprattutto non disperate.
La porta sigillata all’altra estremità del modulo si aprì e la voce del supervisore terricolo del laboratorio idroponico si fece sentire. — Ragazze? Siamo riusciti ad avere la consegna di semi… quel tubo di crescita è pronto?
Leo sussultò, ma prima di andarsene si voltò un’ultima volta, per stringere con determinazione la mano ad ognuna delle quad. — È un vecchio detto, ma l’esperienza mi ha insegnato che è vero. Il caso aiuta le menti preparate. Quindi, siate forti, tornerò da voi… — e passò accanto al supervisore sbadigliando vistosamente, come se fosse passato di lì solo per dare un’occhiata a come procedeva il lavoro.
Con lo stomaco contratto, Silver osservò spaventata Claire. La ragazza tirò su con il naso e poi si voltò di scatto affaccendandosi intorno al tubo di crescita e nascondendo il viso al supervisore. Silver parve sollevata; per il momento tutto andava bene.
Il nodo allo stomaco venne lentamente sostituito da qualcosa di caldo e sconosciuto, che cancellò la paura. Come osano fare questo a lei… a me… a noi? Non hanno nessun diritto, nessun diritto, nessun diritto…
La rabbia le faceva pulsare le tempie, ma era meglio del groppo di paura, ed anzi le dava quasi un senso di esaltazione. E quando chinò la testa, fu per nascondere al supervisore l’espressione fiera che le era comparsa sul viso.
L’assistente alimentare, un ragazza quad di circa quattordici anni, passò a Leo il vassoio con il pranzo attraverso la finestrella senza però accompagnarlo con il consueto sorriso luminoso. Quando Leo ringraziò sorridendo, la contrazione agli angoli della bocca della ragazza fu meccanica, e svanì subito. Leo si chiese in quale forma distorta la storia di quello che era successo a Claire e Tony sul pianeta la settimana prima fosse giunta alle sue orecchie. Non che i fatti di per se stessi non fossero già abbastanza penosi. L’intero Habitat sembrava immerso in un’atmosfera di cauto sconcerto.
Leo provò un lampo di orribile stanchezza nei confronti dei quad e dei loro problemi. Evitò di sedersi con un gruppo di suoi studenti che consumavano il pranzo vicino a una finestra, anche se un groviglio di mani si agitò nella sua direzione. Galleggiò invece lungo il modulo, finché non vide un posto libero vicino a qualcuno con le gambe dove sistemarsi con il suo vassoio. Quando si rese conto che la persona munita di gambe era il capitano del traghetto, Durrance, era troppo tardi per battere in ritirata.
Ma il borbottio di saluto di Durrance era privo di animosità. Apparentemente, al contrario di molti altri di cui Leo avrebbe potuto fare il nome, Durrance non lo riteneva responsabile del clamoroso fiasco di Tony, il suo allievo. Leo infilò i piedi nelle cinghie, liberando così le mani per mangiare. Ricambiò il grugnito e succhiò il caffè bollente dal bulbo a pressione. Ma non c’era abbastanza caffè nell’universo per risolvere i suoi dilemmi.
Durrance si dimostrò persino incline a fare conversazione.
— Quanto manca per la sua licenza a terra?
— Non molto… — Solo una settimana, si rese conto con un sussulto. Il tempo gli stava sfuggendo, come tutto il resto lì attorno. — Com’è Rodeo?
— Noioso. — Durrance mangiò una cucchiaiata di una specie di zuppa di verdura.
— Ah — Leo si guardò intorno. — Ti è con lei?
Durrance sbuffò. — Improbabile. È a terra, al fresco. Ha presentato ricorso. Mi sono ritrovato con una nota di biasimo sul mio curriculum per colpa di quel ranocchio. Se fosse stata la sua prima infrazione, forse avrebbe potuto evitare di venir silurato, ma ora non credo che abbia nessuna possibilità. Il suo Van Atta vuole la sua pelle inchiodata al portello stagno.
— Non è il mio Van Atta — negò con decisione Leo. — Se lo fosse, lo scambierei con un cane…
— E sparerebbe al cane — terminò Durrance con una smorfia. — Van Atta. Bel tipo. Se le voci che ho sentito sono vere, nemmeno lui ne avrà per molto.
— Ah, sì? — Leo tese speranzoso le orecchie.
— Parlavo ieri con il pilota della nave che svolge il servizio settimanale di trasporto degli impiegati da Orient IV (ha appena trascorso là la sua licenza di un mese) e senta questa: lui giura che l’ambasciata di Beta su Orient IV ha tenuto una dimostrazione di un apparecchio per la gravità artificiale.
— Cosa? Come…
— Per quello che ne so lo hanno fatto arrivare dallo spazio attraverso il corridoio. Può scommettere che la Colonia Beta si terrà stretto il progetto fino a quando non avranno cominciato a sfondare sul mercato, recuperando così i costi di ricerca e progettazione. Sembra che sia già da un paio d’anni che i militari lo tengono nascosto, in attesa della migliore opportunità, maledetti loro. La GalacTech e tutti gli altri avranno un bel da fare per mettersi alla pari. Tutti gli altri progetti di ricerca si vedranno tagliare i fondi per almeno un paio d’anni, vedrà.
— Mio Dio — Leo fece scorrere lo sguardo lungo il modulo del refettorio, affollato di quad. Mio Dio…
Durrance si grattò la guancia, pensoso. — Se è vero, ha idea di che cosa può significare per l’industria dei trasporti spaziali? Il pilota della nave a balzo con cui ho parlato sostiene che i Betani hanno fatto arrivare fin qui quel maledetto congegno in due mesi (dalla Colonia Beta, pensi!) con un’accelerazione di quindici G e isolando l’equipaggio dall’accelerazione per mezzo dell’apparecchio. D’ora in poi il solo limite all’accelerazione sarà il costo del carburante. Probabilmente non avrà una grande influenza sulle navi da carico per la stessa ragione, ma il trasporto passeggeri sarà rivoluzionato. Il fatto influenzerà anche il tasso di scambio tra le valute planetarie e i trasporti militari, che non si preoccupano di quanto spendono in carburante… e può scommettere che tutto questo influenzerà la politica interplanetaria… sarà una rivoluzione in tutti i campi.
Durrance ripulì dagli ultimi avanzi di cibo le vaschette del suo vassoio. — Maledetti coloniali. La buona, vecchia conservatrice GalacTech terrestre è di nuovo nei guai. Sa, a volte sono tentato di emigrare nel posto più lontano dal punto di connessione, ma mia moglie ora si trova sulla Terra, per cui non credo che potremo mai…
Leo pendeva dalle cinghie con aria sconvolta mentre Durrance continuava il suo monotono discorso. Dopo un attimo ingoiò la cucchiaiata di puré che aveva in bocca perché non aveva un altro modo pratico per disfarsene. — Si rende conto — disse tossicchiando, — che cosa vorrà dire questo per i quad?
Durrance batté le palpebre. — Non cambierà granché. Ci saranno sempre un mucchio di lavori da eseguire in assenza di peso.