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— Sì, signore, ma il problema non è questo. La malata non vuole collaborare.

Dunworthy fece attendere Finch fuori mentre si vestiva e trovava la maschera per la faccia, poi attraversarono insieme il cortile fino a Salvin. Sulla porta era accalcato un gruppetto di persone che indossavano un assortimento di pigiami, cappotti e coperte. Pochi avevano la maschera protettiva, e nel guardarli Dunworthy si disse che entro l'indomani si sarebbero ammalati tutti.

— Grazie al cielo è qui — esclamò con fervore uno di essi. — Non riusciamo a farla ragionare.

Finch lo accompagnò dalla malata, che era seduta sul letto. Si trattava di una donna anziana con radi capelli bianchi e con gli stessi occhi febbricitanti e lo stesso comportamento frenetico che Badri aveva manifestato la prima notte che si era ammalato.

— Vattene! — strillò la donna, quando vide Finch, e accennò a colpirlo, poi spostò lo sguardo su Dunworthy e protese il labbro inferiore in un'espressione imbronciata, gridando con voce infantile: — Papà! Sono stata cattiva e ho mangiato tutta la torta di compleanno, e adesso mi fa male la pancia!

— Vede cosa intendevo dire, signore? — commentò Finch.

— Stanno arrivando gli Indiani, papà? Non mi piacciono gli Indiani, hanno gli archi e le frecce.

Era ormai mattina quando riuscirono a sistemare la donna in uno dei giacigli sistemati nelle sale per le conferenze, e ce la fecero perché alla fine Dunworthy si decise a dire:

— Il tuo papà adesso vuole che la sua brava bambina si sdrai.

Avevano appena finito di calmarla che arrivò l'ambulanza.

— Papà! — stridette la donna, mentre la caricavano a bordo. — Non mi lasciare qui tutta sola!

— Oh, povero me — gemette Finch, allorché infine l'ambulanza se ne fu andata, — l'ora della colazione è già passata… spero che non abbiano mangiato tutta la pancetta!

E si allontanò di corsa per razionare le scorte di viveri mentre Dunworthy tornava nel suo alloggio ad attendere la chiamata di Andrews. Sulle scale incrociò Colin che stava mangiando un pezzo di crostino e si stava infilando la giacca.

— Il vicario vuole che lo aiuti a raccogliere capi di vestiario per le persone bloccate qui dalla quarantena — annunciò, con la bocca piena. — La prozia Mary ha telefonato e ha detto di richiamarla.

— Andrews non si è fatto sentire?

— No.

— L'immagine video è stata ripristinata?

— No.

— Mettiti la maschera regolamentare — gli gridò dietro Dunworthy, — e anche la sciarpa!

Arrivato nel suo alloggio chiamò Mary e attese con impazienza per cinque minuti che lei venisse al telefono.

— James? — disse subito Mary. — Si tratta di Badri… chiede di te.

— Allora sta meglio?

— No. La febbre è ancora molto alta e adesso lui è agitato e continua a chiamare il tuo nome, insistendo che c'è qualcosa che ti deve dire. In questo modo sta peggiorando le sue condizioni, e forse si calmerebbe se tu venissi a parlare con lui.

— Ha detto qualcosa a proposito della peste? — chiese Dunworthy.

— La peste? — ripeté Mary, in tono seccato. — Non mi dire che sei stato contagiato anche tu da queste ridicole voci che cominciano a circolare, James… che si tratti di colera, o di febbre delle ossa o di un ritorno della Panepidemia…

— No — la interruppe Dunworthy. — Lo chiedo perché la scorsa notte Badri ha detto: «Sono stati i topi. Ha ucciso mezza Europa.»

— Sta delirando, James. Si tratta della febbre, le sue parole non significano nulla.

Ha ragione, si rimproverò Dunworthy. Stanotte quella donna farneticava di indiani con archi e frecce, ma non mi sono messo certo a cercare in giro dei guerrieri Sioux. Come quella donna si è inventata di aver mangiato troppa torta di compleanno per spiegare il suo malessere, Badri crede di avere la peste, ma non vuol dire nulla.

Comunque garantì che sarebbe arrivato subito e andò a cercare Finch. Infatti Andrews non aveva precisato a che ora avrebbe chiamato e lui non poteva correre il rischio di lasciare il telefono sguarnito… rimpianse di non aver detto a Colin di aspettare ad andarsene che lui avesse parlato con Mary.

Pensando che molto probabilmente Finch doveva essere nella sala comune, intento a difendere la pancetta a prezzo della vita, staccò la cornetta dal ricevitore in modo che l'apparecchio desse segnale di occupato e attraversò il cortile per raggiungere la sala.

La Signora Taylor gli venne incontro sulla soglia.

— Stavo proprio venendo a cercarla — esordì. — Ho sentito dire che la scorsa notte alcune delle persone alloggiate qui si sono ammalate a causa del virus.

— Sì — confermò lui, scrutando la sala alla ricerca di Finch.

— Oh, santo cielo! Allora suppongo che noi tutti si sia stati esposti al contagio.

Dunworthy non riusciva a vedere Finch da nessuna parte.

— Quanto è lungo il periodo di incubazione? — continuò la donna.

— Da ventiquattro a quarantotto ore — replicò Dunworthy, allungando il collo per cercare di guardare oltre la testa delle persone presenti nella sala.

— È spaventoso — commentò l'Americana. — Che faremo se uno di noi dovesse sentirsi male nel bel mezzo della nostra esibizione? Il nostro è un gruppo tradizionale, sa, non siamo un Consiglio, e le regole sono molto esplicite.

Dunworthy si chiese per quale motivo i Suonatori Tradizionali, qualsiasi cosa fossero, avessero ritenuto necessario imporsi delle regole in merito all'eventualità che uno di loro contraesse l'influenza.

— Regola Tre — scandì la Signora Taylor. — «Ogni uomo deve restare alla sua campana senza interruzione». Questo vuol dire che non possiamo inserire qualcun altro a metà di un concerto se uno di noi improvvisamente crolla. Inoltre una cosa del genere rovinerebbe tutto il ritmo.

Dunworthy fu assalito dall'immagine spontanea di uno dei suonatori di campane in guanti bianchi che si accasciava al suolo e veniva spinto di lato con i piedi perché non alterasse il ritmo.

— Non ci sono sintomi di avvertimento? — domandò la Signora Taylor.

— No — replicò lui.

— Il foglio fatto circolare dall'SSN parlava di disorientamento, di febbre e di emicrania, ma questo avvertimento non serve a niente perché le campane ci fanno venire sempre mal di testa.

Posso immaginarlo, pensò Dunworthy, mentre cercava William Gaddson o qualche altro studente a cui dare l'incarico di sorvegliare il suo telefono.

— Se fossimo un gruppo del Consiglio la cosa naturalmente non avrebbe importanza, perché loro ammettono sostituzioni a destra e a sinistra. Durante l'esecuzione di Tittum Bob Maxims, a York, hanno usato diciannove suonatori. Diciannove! Non capisco come possano definirlo un concerto.

Nessuno degli studenti era visibile nella sala, Finch doveva evidentemente essersi barricato nella dispensa e Colin se n'era già andato.

— Ha ancora bisogno di una stanza per le esercitazioni? — chiese alla Signora Taylor.

— Sì, a meno che uno di noi si ammali. Naturalmente in quel caso potremmo sempre eseguire Stedmans, ma non sarebbe la stessa cosa, non crede?

— Vi permetterò di usare il mio salotto a patto che rispondiate al telefono e prendiate nota dei messaggi in arrivo per me. Sto aspettando un'importante chiamata a… un'importante interurbana, quindi è essenziale che nella stanza ci sia sempre qualcuno.

E la accompagnò nel proprio alloggio.

— Oh, non è molto grande, vero? — commentò l'Americana. — Non so se c'è lo spazio sufficiente per esercitarci in elevazione. Possiamo spostare il mobilio?

— Potete fare quello che volete, a patto che rispondiate al telefono e prendiate nota dei messaggi. Aspetto una telefonata di un certo Signor Andrews. Lo avverta che non c'è bisogno di un permesso speciale per entrare nell'area della quarantena e che deve andare direttamente a Brasenose. Io lo raggiungerò là.

— D'accordo, credo che qui vada bene — replicò la donna, come se gli stesse facendo un favore. — Se non altro è meglio di quella cafeteria piena di correnti.