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La sonnolenza era un sintomo della febbre tifoidea, e lei cercò di ricordare gli altri sulla base del «corso accelerato» di medicina medievale che le era stato impartito dalla Dottoressa Ahrens: emorragie dal naso, lingua impastata, eruzione cutanea di colore rosato. L'eruzione si presentava soltanto verso il settimo o ottavo giorno, ma Kivrin tirò lo stesso su la camicia per controllarsi lo stomaco e il torace: niente eruzione, quindi non poteva essere febbre tifoidea, e neppure vaiolo, visto che in quel caso le macchie apparivano entro il secondo o il terzo giorno.

Si chiese cosa fosse successo ad Agnes. Forse qualcuno aveva avuto tardivamente il buon senso di impedirle di accedere alla stanza di una malata, o forse l'inaffidabile Maisry la stava davvero sorvegliando. Oppure, più probabilmente, era passata a trovare il suo cucciolo nella stalla e si era dimenticata che aveva promesso di mostrarle lo chavotte.

La peste cominciava in effetti con emicrania e febbre, ma non poteva trattarsi di peste perché lei non aveva nessuno degli altri sintomi… bubboni che diventavano grandi come arance, la lingua che si gonfiava fino a riempire tutta la bocca, emorragie sottocutanee che tingevano di nero tutto il corpo. Non poteva avere la peste.

Doveva trattarsi di qualche forma di influenza: quello era il solo tipo di malattia che si presentava all'improvviso e la Dottoressa Ahrens si era agitata quando il Signor Gilchrist aveva anticipato la data della transizione, perché gli antivirali non avrebbero avuto effetto appieno fino al quindici e lei avrebbe goduto di un'immunità soltanto parziale. Doveva essere influenza. E qual era la cura per l'influenza? Antivirali, riposo e liquidi in abbondanza.

Allora riposa, disse a se stessa, e chiuse gli occhi.

Non si accorse di addormentarsi, ma dovette scivolare nel sonno perché quando riaprì gli occhi le due donne erano di nuovo nella stanza intente a parlare, e lei non ricordava di averle sentite entrare.

— Cos'ha detto Gawyn? — chiese la vecchia, che stava armeggiando con una ciotola e un cucchiaio, schiacciando qualcosa con esso contro i bordi della ciotola. Il cofanetto rinforzato in ferro era posato accanto a lei, aperto, e la donna vi infilò la mano, tirando fuori un sacchettino di stoffa e versandone una parte del contenuto nella ciotola per poi riprendere a mescolare.

— Fra le cose della dama non ha trovato nulla che ci possa rivelare le sue origini. I suoi beni sono stati tutti rubati, le casse fracassate e svuotate di tutto ciò che potrebbe servire a identificarla. Però Gawyn ha detto che il carro è di ricca fattura, quindi lei è certamente di buona famiglia.

— E di certo la sua famiglia la starà cercando — ribatté la vecchia, che aveva posato la ciotola e stava lacerando un pezzo di stoffa. — Dobbiamo mandare qualcuno ad Oxenford perché avvisi che lei è al sicuro presso di noi.

— No — rifiutò Eliwys, e di nuovo Kivrin sentì la resistenza nella sua voce. — Non ad Oxenford.

— Cos'hai saputo?

— Non ho saputo nulla, ma il mio signore ci ha ordinato di restare tutti qui. Se tutto andrà bene arriverà entro la fine della settimana.

— Se tutto fosse andato bene sarebbe già qui adesso.

— Il processo non era quasi incominciato. Forse è già in viaggio per venire qui.

— O magari… — Il traduttore saltò un altro di quei nomi intraducibili… Torquil, forse?… — aspetta di essere impiccato, e mio figlio con lui. Non avrebbe dovuto intromettersi in una questione del genere.

— Lui è un amico, ed è innocente delle accuse mossegli.

— È uno stolto, e mio figlio lo è ancora di più a voler testimoniare in suo favore. Un vero amico gli avrebbe detto di lasciare Bath — ritorse la vecchia, riprendendo a rimestare il contenuto della ciotola. — Mi serve della senape per finire questo impiastro — aggiunse, avvicinandosi alla porta. — Maisry! — chiamò, poi si mise a preparare altre strisce di tessuto. — Gawyn ha trovato traccia dei servitori della signora?

— No, e neppure dei loro cavalli o del suo — replicò Eliwys, sedendo sotto la finestra.

Nella stanza entrò una ragazza con il volto segnato dall'acne e incorniciato da flosci capelli unti. Certo quella non poteva essere Maisry, che si attardava con i garzoni di stalla invece di sorvegliare le bambine a lei affidate.

— Wotwardstu, Lawttymayeen? — chiese la ragazza, con una riverenza che era quasi un incespicamento.

Oh, no, pensò Kivrin. Cosa succede adesso al traduttore?

— Portami il vaso della senape dalle cucine e non ti attardare — ordinò la vecchia, e mentre la serva si avviava verso la porta chiese: — Dove sono Agnes e Rosemund? Perché non sono con te?

— Shiyrouthamay — replicò la ragazza, in tono cupo.

— Parla — intervenne in tono secco Eliwys, alzandosi in piedi.

— Loro (qualcosa) nascondono a me.

Allora non si trattava del traduttore, ma soltanto della differenza fra l'inglese normanno parlato dai nobili e il dialetto ancora di tipo sassone dei contadini, due lingue nessuna delle quali somigliava sia pure lontanamente all'inglese medievale che il Signor Latimer le aveva insegnato. C'era da meravigliarsi che il traduttore riuscisse a decifrare anche soltanto qualche parola.

— Le stavo cercando quando Lady Imeyne mi ha chiamata, buona signora — aggiunse Maisry, e questa volta il traduttore colse ogni parola, anche se impiegando parecchi secondi di ritardo che conferivano al modo di parlare di Maisry una lentezza da idiota che forse non era del tutto inappropriata.

— Dove le hai cercate? Nella stalla? — chiese Eliwys, poi calò contemporaneamente le mani su entrambi i lati della testa di Maisry come se fossero state dei cimbali. La serva lanciò un urlo e si premette una mano sporca contro l'orecchio sinistro, mentre Kivrin si ritraeva contro i cuscini.

— Va' a prendere la senape per Lady Imeyne, e vedi di trovare Agnes.

Maisry annuì senza apparire particolarmente spaventata ma con la mano ancora premuta sull'orecchio, poi accennò un'altra riverenza e se ne andò senza mostrare maggiore fretta di quanta ne avesse esibita all'arrivo. Nel complesso la serva appariva meno sconvolta da quella violenza improvvisa di quanto lo fosse Kivrin, tanto che lei si chiese se Lady Imeyne sarebbe riuscita ad avere prima o poi la sua senape. Ciò che aveva sorpreso Kivrin erano state la calma e la rapidità proprie di quell'atto di violenza: Eliwys non pareva neppure irritata e non appena Maisry fu uscita si rimise a sedere sotto la finestra.

— Anche se la sua famiglia venisse a prenderla la signora non potrebbe essere spostata. Potrà fermarsi presso di noi fino al ritorno di mio marito. Di certo lui sarà qui per Natale.

Dalle scale giunse un rumore di passi e Kivrin pensò che doveva essersi sbagliata e che i colpi sugli orecchi erano serviti a qualcosa. Poi Agnes fece irruzione nella stanza stringendo qualcosa contro il petto.

— Agnes! — esclamò Eliwys. — Cosa ci fai qui?

— Ho portato il mio… — Il traduttore non era ancora in grado di identificare la parola. Charette, forse?… — per mostrarlo alla signora.

— Sei stata cattiva a nasconderti da Maisry e poi a venire qui a disturbare la signora — dichiarò Imeyne. — Lei sta soffrendo molto per le sue ferite.

— Ma mi ha detto che voleva vederlo — insistette la bambina, sollevando un carretto giocattolo a due ruote, dipinto di rosso e oro.

— Dio punisce coloro che rendono falsa testimonianza con tormenti eterni — dichiarò Lady Imeyne, afferrando rudemente la bambina. — Sai benissimo che la signora non può parlare.

— Ha parlato con me — ribadì cocciutamente Agnes.

Kivrin pensò che era una cosa orribile minacciare una bambina di tormenti interminabili, ma del resto questo era il medioevo, un'epoca in cui i preti parlavano di continuo degli ultimi giorni e del giudizio universale, e delle sofferenze dell'inferno.