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— Sull'High c'erano decine di persone — disse, infilandosi i guanti, — e la mia attenzione era concentrata su Badri, quindi dubito di poter identificare chiunque.

— Lo so — annuì Mary, precedendolo lungo il corridoio e oltre la porta del Pronto Soccorso. Dunworthy ebbe la sensazione che fossero passati anni dall'ultima volta che era stato lì.

Più avanti un gruppo di persone avvolte negli anonimi indumenti protettivi stava spingendo una barella nella corsia e un poliziotto intabarrato a sua volta con camice, maschera e tutto il resto era intento a ottenere informazioni da una donnetta magra dall'aria paventata che indossava un impermeabile bagnato e un cappello da pioggia in tinta.

— Si chiama Beverly Breen — stava dicendo la donna, con un filo di voce, — 226 Piover Way, Surbiton. Ho capito subito che c'era qualcosa che non andava, perché continuava a ripetere che dovevamo prendere la metropolitana per Northampton.

La donna aveva in mano un ombrello e una grossa borsetta, e quando il paramedico le chiese il numero del Servizio Sanitario Nazionale della paziente lei appoggiò l'ombrello al banco dell'accettazione per aprire la borsa e frugare al suo interno.

— L'hanno appena ricoverata con sintomi di emicrania e di brividi — spiegò Mary. — Proviene dalla stazione della metropolitana e stava facendo la fila in attesa che le assegnassero dove dormire.

Fece quindi cenno agli infermieri che spingevano la barella di fermarsi e tirò indietro la coperta dal collo e dal petto della donna, in modo che Dunworthy potesse vederla meglio, ma lui non ne aveva bisogno.

Intanto la donna con l'impermeabile bagnato aveva trovato la tessera e la consegnò al poliziotto, poi raccolse ombrello, borsa e un fascio di fogli dai diversi colori e si avvicinò alla barella. L'ombrello era grande ed era coperto di violette color lavanda.

— Badri è andato a sbattere contro di lei mentre tornava alla rete — disse Dunworthy.

— Ne sei assolutamente certo? — insistette Mary.

— Riconosco l'ombrello — replicò lui, indicando l'amica della malata, che si era seduta e stava compilando i fogli.

— Che ora era? — volle sapere Mary.

— Non lo so con certezza. L'una e mezza?

— Di che genere di contatto si è trattato? Badri l'ha toccata?

— Le è andato a sbattere contro — spiegò lui, cercando di ricordare la scena. — Ha urtato l'ombrello, poi si è scusato e lei gli ha urlato dietro per un po'. Badri ha anche raccolto l'ombrello e glielo ha restituito.

— Ha tossito o sternutito?

— Non riesco a ricordarlo.

— Voglio che la ricoverino in Isolamento — decise Mary, alzandosi per seguire la barella che si stava allontanando lungo il corridoio.

L'amica della paziente si alzò a sua volta, lasciando cadere un modulo e stingendosi gli altri al petto.

— In Isolamento? — ripeté in tono spaventato. — Cos'ha che non va?

— Venga con me, per favore — replicò Mary, e l'accompagnò da qualche parte perché le venisse prelevato del sangue e l'ombrello venisse spruzzato di disinfettante senza dare a Dunworthy il tempo di chiederle se voleva che l'aspettasse.

Per un momento fu sul punto di domandarlo all'addetta all'accettazione, poi si sedette stancamente su una delle sedie addossate alla parete; sulla sedia accanto c'era un libretto informativo intitolato «L'Importanza di una Buona Nottata di Sonno.»

Il collo gli doleva per aver dormito in posizione scomoda sullo sgabello pieghevole e gli occhi gli bruciavano di nuovo. Pensò che sarebbe dovuto tornare da Badri, ma non era sicuro di avere le energie necessarie a infilare un altro set di IPS, così come non pensava di poter sopportare di svegliare ancora il tecnico per chiedergli chi altri sarebbe stato presto ricoverato con 39,5 di temperatura.

In ogni caso Kivrin non sarebbe stata fra i contagiati. Erano le quattro e mezza del mattino e dal momento che Badri era andato a sbattere contro la donna con l'ombrello lavanda all'una e mezza questo significava che il periodo di incubazione era di quindici ore… e quindici ore prima Kivrin era stata completamente protetta.

Mary tornò verso di lui senza il cappello e con la maschera che le pendeva dal collo; aveva i capelli arruffati e dava l'impressione di essere spossata quanto lo stesso Dunworthy.

— La Signora Gaddson può essere dimessa — disse all'addetta all'accettazione, — ma dovrà tornare qui alle sette per un esame del sangue. Mi ero dimenticata di lei — proseguì con un sorriso, avvicinandosi a Dunworthy. — La cosa l'ha irritata notevolmente, al punto che ha minacciato di denunciarmi per detenzione illegale.

— Dovrebbe andare d'accordo con i miei suonatori di campane — osservò Dunworthy. — Loro hanno minacciato di trascinarmi in giudizio per infrazione involontaria di contratto.

— Il Centro Mondiale Influenzale ci ha mandato un'identificazione del virus — proseguì Mary, passandosi una mano fra i capelli in disordine, poi si alzò come se avesse scoperto un'improvvisa riserva di energie e aggiunse: — Vieni con me, ho bisogno di una tazza di tè.

Dunworthy scoccò un'occhiata all'addetta all'accettazione, che li stava fissando con espressione attenta, poi si issò in piedi.

— In caso di bisogno sarò nella sala di attesa del reparto chirurgia — disse Mary all'addetta.

— Sì, dottoressa — rispose la ragazza. — Non ho potuto fare a meno di sentire la vostra conversazione… — continuò poi, in tono esitante.

Mary s'irrigidì.

— Lei mi ha detto di dimettere la Signora Gaddson, e poi l'ho sentita accennare ad un certo William, per cui mi stavo chiedendo se per caso questa Signora Gaddson sia la madre di William Gaddson.

— Sì — confermò Mary, perplessa.

— Lei è una sua amica? — intervenne Dunworthy, chiedendosi se questa ragazza sarebbe arrossita come la bionda allieva infermiera.

In effetti anche lei arrossì.

— Ho avuto modo di conoscerlo piuttosto bene nel corso di queste vacanze — spiegò. — È rimasto all'università per leggere Petrarca.

— Fra le altre cose — commentò Dunworthy, e mentre la ragazza era impegnata ad arrossire pilotò Mary oltre il cartello che recava la scritta «AREA D'ISOLAMENTO: VIETATO L'INGRESSO» e lungo il corridoio.

— Nel nome del cielo, cosa significa tutto questo? — domandò lei.

— Che William il Malaticcio è ancora più autosufficiente di quanto avessimo inizialmente supposto — replicò Dunworthy, aprendo la porta della sala di attesa.

Mary accese la luce e si avvicinò al vassoio, prendendo la teiera elettrica e scomparendo nel bagno con essa. Intanto Dunworthy si sedette. Qualcuno aveva portato via il vassoio con l'apparecchiatura per il prelievo del sangue e aveva rimesso a posto il tavolo, ma la borsa per la spesa di Mary era ancora posata nel centro del pavimento; sporgendosi in avanti, lui la spostò accanto alle sedie.

Mary riapparve con la teiera e si chinò per inserirne la spina.

— Hai avuto un po' di fortuna per quanto concerne i contatti di Badri? — domandò.

— Se si può chiamare fortuna… la scorsa notte è andato ad una festa natalizia a Headington ed ha preso la metropolitana sia all'andata che al ritorno. Quanto è grave la situazione?

— Temo che ci sia soltanto latte in polvere — avvertì Mary, aprendo due bustine di tè e drappeggiandole nelle tazze. — Sai se Badri abbia avuto di recente contatti con qualcuno proveniente dagli Stati Uniti?

— No. Perché?

— Vuoi lo zucchero?

— Quanto è grave la situazione?

— Le cattive notizie sono che Badri è grave — rispose Mary, versando il latte in polvere nelle tazze. — Ha fatto i vaccini stagionali tramite l'università, che richiede uno spettro di vaccinazioni ancora più esteso di quello prescritto dall'SSN, quindi dovrebbe essere del tutto protetto da virus con uno spostamento di cinque punti e parzialmente protetto contro quelli spostati di dieci punti. Invece sta manifestando tutti i sintomi di una forte influenza, il che indica una netta mutazione del virus.