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E dov'era andato martedì pomeriggio dopo essersi recato a Balliol e avergli lasciato un messaggio in cui riferiva di aver effettuato un controllo dei sistemi della rete? Era tornato in laboratorio? Oppure era andato in un altro pub? Si chiese poi se qualcuno di Balliol avesse parlato con Badri quando lui era stato lì e decise che non appena Finch lo avesse richiamato per ragguagliarlo sugli ultimi sviluppi dei problemi concernenti i suonatori di campane americani e la carta igienica, lo avrebbe incaricato di chiedere a tutti quelli che si erano trovati al college martedì se avessero incontrato Badri.

La porta si aprì ed entrò l'allieva infermiera, avvolta negli ingombranti IPS. D'istinto Dunworthy guardò in direzione degli schermi ma non riuscì a individuare cambiamenti significativi. La ragazza inserì alcuni dati, controllò le flebo e assestò un angolo delle coltri del paziente addormentato, poi aprì le tende e indugiò accanto alla finestra, tormentando il cordone delle tende fra le mani.

— Non ho potuto fare a meno di sentire quello che stava dicendo al telefono — affermò infine. — Ha accennato ad una Signora Gaddson… so che da parte mia è terribilmente scortese domandarlo, ma quella di cui stava parlando era la madre di William Gaddson?

— Sì — confermò Dunworthy, sorpreso. — William è uno studente di Balliol. Lo conosce?

— È un mio amico — confessò la ragazza, tingendosi di un rossore così intenso che Dunworthy poté scorgerlo da dietro la maschera impermeabile.

— Ah — commentò, chiedendosi quando William riuscisse a trovare il tempo di leggere Petrarca. — La madre di William si trova qui in ospedale — aggiunse poi, sentendo il dovere di mettere in guardia la ragazza ma non sapendo con esattezza da chi doveva metterla in guardia. — Pare che sia venuta a trovarlo per Natale.

— È qui? — ripeté l'infermiera, arrossendo con violenza ancora maggiore. — Credevo che fossimo sotto quarantena.

— Era sull'ultimo treno che è arrivato da Londra — spiegò Dunworthy, in tono malinconico.

— William lo sa?

— Il mio segretario sta cercando di avvertirlo — rispose Dunworthy, omettendo la parte relativa alla ragazza di Shrewsbury.

— È alla Biblioteca Bodleiana a leggere Petrarca — replicò la ragazza, liberando la mano dal cordone della tenda, poi lasciò la stanza con l'evidente intenzione di telefonare alla biblioteca.

Badri si agitò e mormorò qualcosa che Dunworthy non riuscì a comprendere. Il tecnico appariva arrossato in volto e il suo respiro era sempre più affaticato.

— Badri? — chiamò Dunworthy.

— Dove sono? — chiese il malato, aprendo gli occhi.

Dunworthy scoccò un'occhiata agli schermi: la febbre era scesa di mezzo punto e Badri appariva più consapevole di quanto lo fosse stato fino a quel momento.

— All'Infermeria — rispose. — Sei crollato nel laboratorio di Brasenose mentre stavi lavorando alla rete. Lo ricordi?

— Ricordo di essermi sentito strano — replicò Badri. — Avevo freddo. Sono venuto al pub per dirle che avevo ottenuto la verifica dei dati…

Di colpo s'interruppe e assunse una strana espressione spaventata.

— Mi hai detto che qualcosa non andava — lo incalzò Dunworthy. — Di cosa si trattava? Dello slittamento?

— Qualcosa non andava — ripeté Badri, poi cercò di puntellarsi sui gomiti. — Cos'ho che non va?

— Sei malato — spiegò Dunworthy. — Hai l'influenza.

— Malato? Non sono mai stato malato — protestò il tecnico, lottando per sollevarsi a sedere. — Sono morti tutti, vero?

— Chi è morto?

— Li ha uccisi tutti.

— Hai visto qualcuno, Badri? È importante. Qualcun altro ha contratto il virus?

— Virus? — ripeté Badri, con voce improntata ad un manifesto sollievo. — Ho un virus?

— Sì, un tipo di influenza, ma non è letale. Ti stanno somministrando degli antimicrobici e presto arriverà un vaccino analogo. Ti riprenderai in brevissimo tempo. Sai da chi l'hai preso? Qualcun altro ha questo virus?

— No — affermò il tecnico, riadagiandosi sul cuscino. — Credevo… Oh! — esclamò poi, fissando Dunworthy con espressione allarmata. — C'è qualcosa che non va — ripeté, in tono disperato.

— Cosa? — domandò Dunworthy, allungando la mano verso il campanello. — Cosa non va?

— Fa male! — gemette Badri, con gli occhi dilatati dal timore.

Dunworthy suonò il campanello. L'infermiera e un medico entrarono immediatamente e ripeterono la solita routine, tormentando il paziente con lo stetoscopio gelido.

— Si è lamentato di avere freddo — riferì Dunworthy, — e che qualcosa gli faceva male.

— Qui — precisò Badri, premendosi la mano sul lato destro del petto, e rabbrividì ancora.

— Pleurite in basso a destra — diagnosticò il paramedico.

— Fa male quando respiro — spiegò Badri, battendo i denti. — C'è qualcosa che non va.

Qualcosa che non va. Non aveva inteso riferirsi ai dati ma al fatto che era lui ad avere qualcosa che non andava. Quanti anni aveva? Gli stessi di Kivrin? La somministrazione periodica degli antivirali da rinovirus era cominciata venti anni prima, quindi era possibilissimo che quando aveva detto di non essere mai stato malato Badri avesse inteso affermare di non aver mai avuto neppure un raffreddore.

— Ossigeno? — chiese l'infermiera.

— Non ancora — replicò il medico, che stava già andando via. — Cominci a somministrargli duecento unità di cloramfenicolo.

L'infermiera riadagiò Badri nel letto, apportò delle modifiche alla flebo e se ne andò dopo aver controllato la temperatura.

Dunworthy rimase a contemplare la notte piovosa che si allargava oltre la finestra. Badri aveva detto di ricordare di essersi sentito strano… non male ma strano. Qualcuno che non era mai stato malato non poteva riconoscere i brividi della febbre, poteva soltanto rendersi conto che c'era qualcosa che non andava e sentirsi indotto ad abbandonare la rete per correre al pub ad avvertire qualcuno, ad avvertire lui che qualcosa non andava.

Si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi che bruciavano a causa del disinfettante. Sebbene avesse dichiarato che non si sarebbe rilassato finché non avesse avuto al certezza che Kivrin stava bene, si sentiva spossato. Badri stava dormendo e il suo respiro aveva perso l'affaticamento di prima grazie alle magie operate dai dottori. Anche Kivrin stava forse dormendo in un letto infestato di pulci, settecento anni nel passato, oppure era sveglia e stava facendo impressione sulla gente di quell'epoca con i suoi modi a tavola e con le sue unghie sporche, oppure era inginocchiata su un pavimento di pietra intenta a fare un resoconto delle proprie avventure con le labbra premute contro le mani giunte.

Dovette assopirsi perché sognò di sentire un telefono che suonava: era Finch che gli diceva che gli Americani stavano minacciando di fare loro causa per la carenza di carta igienica e che il vicario aveva deciso il brano di vangelo da leggere alla vigilia.

— È Matteo 2:11 — disse Finch. — Lo spreco porta alla carenza.

A questo punto l'infermiera aprì la porta e lo avvertì che Mary voleva vederlo al Pronto Soccorso.

Dunworthy controllò l'orologio: erano le quattro e venti. Badri stava ancora dormendo con espressione quasi serena. L'infermiera lo stava aspettando al varco con la bottiglia del disinfettante e gli disse di prendere l'ascensore.

L'odore pungente di disinfettante esalato dagli occhiali contribuì a svegliarlo e quando arrivò al piano terreno era ormai del tutto lucido. Mary lo stava spettando munita di maschera e di tutto il resto.

— Abbiamo avuto un altro caso — lo informò subito, porgendogli un fagotto di IPS. — Si tratta di una delle persone trattenute ed è possibile che fosse fra quanti erano in giro oggi a fare spese, quindi voglio che cerchi di identificarla.

Dunworthy si infilò gli indumenti protettivi con la stessa goffaggine della prima volta, lacerando quasi in camice nello sforzo di separare le due strisce di velcro.