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Roche annuì e prese l'olio santo.

— Devi rimetterti la maschera — avvertì Kivrin, inginocchiandosi e raccogliendo l'ultima striscia di tessuto che gli legò intorno al naso e alla bocca. — Devi portarla sempre quando ti prendi cura di lui — avvertì, sperando che Roche non si accorgesse del fatto che lei non aveva indosso la sua.

— È Dio che ha mandato questa cosa su di noi? — domandò il prete.

— No — assicurò Kivrin. — No.

— È stato il diavolo, allora?

Kivrin si sentì tentata a rispondere di sì. La maggior parte della popolazione europea aveva creduto che fosse Satana il responsabile della Morte Nera ed aveva cercato gli agenti del demonio, torturando ebrei e lebbrosi, lapidando vecchie innocue e bruciando giovani donne sul rogo.

— Non l'ha mandata nessuno — disse invece. — È una malattia, la colpa non è di nessuno. Dio ci aiuterebbe se potesse, ma Lui…

Lui cosa? Non ci può sentire? Se n'è andato? Non esiste?

— Lui non può venire — concluse alla meglio.

— E noi dobbiamo agire in Sua vece? — insistette Roche?

— Sì.

Roche s'inginocchiò accanto al letto, chinò il capo sulle mani congiunte poi tornò a sollevarlo.

— Sapevo che Dio ti aveva mandata fra noi per una buona causa — dichiarò.

Kivrin s'inginocchiò a sua volta, giungendo le mani.

— Mittere digneris sanctum Angelum — pregò Roche. — Degnati di mandare il Tuo santo angelo dal cielo per custodire e proteggere tutti coloro che sono riuniti in questa casa.

— Non lasciare che Roche resti contagiato — mormorò Kivrin, nel registratore. — Non permettere che Rosemund prenda il contagio. Fa' che il segretario muoia prima che l'infezione gli arrivi ai polmoni.

La voce di Roche che stava cantilenando i riti era la stessa che Kivrin aveva sentito quando era malata, e sperò che desse al segretario lo stesso conforto che aveva dato a lei, ma non era in grado di stabilirlo. L'uomo risultò incapace di confessarsi e l'unzione parve causargli dolore perché sussultò quando l'olio gli toccò il palmo delle mani e il suo respiro sembrò divenire più stentoreo mentre Roche pregava. Quando ebbe finito il prete sollevò lo sguardo sul malato, le cui braccia cominciavano ad essere segnate da piccoli lividi fra l'azzurro e il porpora, segno che i capillari sottocutanei si stavano rompendo uno dopo l'altro.

— Questi sono gli ultimi giorni? — chiese allora Roche, girandosi verso Kivrin. — È la fine del mondo che gli apostoli di Dio hanno predetto?

, pensò Kivrin.

— No — rispose però. — È soltanto un brutto periodo, un tempo terribile, ma non moriranno tutti e dopo questo verranno tempi meravigliosi. Il Rinascimento e la riforma sociale e la musica. Tempi meravigliosi. Ci saranno nuove medicine e le persone non dovranno più morire di questo o di vaiolo o di polmonite. Tutti avranno abbastanza da mangiare e le loro case saranno calde anche d'inverno. — Ripensò ad Oxford, decorata per il Natale, con strade e vetrine illuminate. — Ci saranno luci dovunque e campane che suonano senza che si debba tirare la corda.

Il suo discorso aveva calmato il segretario, che cominciò a respirare meglio e scivolò in un sonno leggero.

— Adesso ti devi allontanare da lui — ordinò Kivrin, conducendo Roche vicino alla finestra. — Dopo averlo toccato devi sempre lavarti le mani — aggiunse, portandogli una bacinella nella quale c'era però ben poca acqua. — Inoltre dobbiamo sempre lavare le ciotole e i cucchiai che usiamo per nutrirlo — continuò, osservando il prete lavarsi le grandi mani, — e dobbiamo bruciare i suoi vestiti e le bende, perché sono intrisi di peste.

Roche si asciugò le mani con un angolo della tonaca e scese a riferire ad Eliwys quello che doveva fare; al ritorno portò con sé una pezza di lino e una bacinella di acqua pulita. Kivrin lacerò il lino in ampie strisce e se ne legò una intorno al naso e alla bocca.

L'acqua non durò a lungo, perché adesso il segretario era emerso dalla sonnolenza e continuava a chiedere da bere. Kivrin provvide a reggere di persona la coppa e cercò di impedire il più possibile a Roche di avvicinarglisi.

Il prete andò poi a recitare i vespri e a suonare la campana, e Kivrin sbarrò la porta alle sue spalle cercando al tempo stesso di cogliere i suoni che provenivano dal basso, ma non riuscì a sentire nulla e pensò che forse stavano dormendo, o si erano già ammalati. Ripensò ad Imeyne china sul segretario con il suo impiastro in mano e ad Agnes ferma ai piedi del letto, a Rosemund distesa a terra con il malato che le gravava addosso.

È troppo tardi, si disse, camminando avanti e indietro accanto al letto. Sono già stati tutti esposti al contagio. Quanto era lungo il periodo di incubazione? Due settimane? No, quello era il tempo che impiegava il vaccino a fare effetto. Tre giorni? Due? Non riusciva a ricordarlo. E poi, da quanto tempo il segretario era contagioso? Cercò di ricordare chi gli avesse seduto vicino durante il banchetto di Natale, chi gli avesse parlato, ma non lo aveva neppure guardato perché la sua attenzione era concentrata su Gawyn. Il solo ricordo nitido che aveva era quello del segretario che afferrava Maisry per la gonna.

Andò alla porta e l'aprì.

— Maisry! — chiamò.

Non ebbe risposta, ma questo non significava nulla. Probabilmente Maisry stava dormendo o si era nascosta, e poi il segretario aveva la peste bubbonica e non quella polmonare… e la peste bubbonica era diffusa dalle mosche, quindi era possibile che lui non avesse contagiato nessuno. Non appena Roche fu di ritorno, comunque, lei lo lasciò a vegliare il segretario e portò di sotto il braciere per prendere altri carboni ardenti… e per rassicurarsi che stessero tutti bene.

Rosemund ed Eliwys erano sedute accanto al fuoco con il cucito in grembo, e Lady Imeyne era vicino a loro intenta a leggere il Libro delle Ore, mentre Agnes giocava con il suo carretto di legno, spingendolo avanti e indietro sulle pietre e parlandogli. Maisry dormiva su una delle panche vicino alla tavola alta, e il suo volto era cupo anche nel sonno.

Ad un tratto Agnes mandò il carretto a sbattere contro il piede di Imeyne.

— Se non giochi con maggiore attenzione ti toglierò il tuo giocattolo, Agnes — brontolò la vecchia, abbassando lo sguardo sulla bambina, e l'asprezza del suo rimprovero, il sorriso a stento trattenuto di Rosemund e la carnagione rosea di tutti furono incredibilmente rassicuranti per Kivrin. Quella sembrava una notte come tutte le altre.

Eliwys però non stava cucendo: era intenta a tagliare in lunghe strisce delle pezze di lino con le forbici e il suo sguardo andava di continuo alla porta. La voce di Imeyne aveva una sfumatura di preoccupazione nel leggere dal Libro delle Ore e Rosemund scrutava con ansia la madre nel lacerare a sua volta il lino in tante strisce. D'un tratto Eliwys si alzò e si avvicinò ai paravento, inducendo Kivrin a chiedersi se avesse sentito arrivare qualcuno, ma dopo un momento tornò a sedersi e a riprendere il suo lavoro.

Kivrin cercò di scendere le scale senza far rumore, ma non fu abbastanza quieta, perché Agnes abbandonò il suo carretto e le corse incontro.

— Kivrin! — gridò, lanciandosi verso di lei.

— Attenta! — ammonì Kivrin, tenendola lontana con una mano. — Questi sono carboni ardenti.

Naturalmente i carboni erano quasi freddi, altrimenti lei non sarebbe scesa dabbasso per sostituirli, ma Agnes indietreggiò comunque di qualche passo.

— Perché porti una maschera? — chiese. — Vuoi raccontarmi una storia?

Intanto Eliwys si era alzata in piedi e Imeyne si era girata a guardare verso di lei.

— Come sta il segretario del vescovo? — domandò Eliwys.

— La febbre è calata un poco — replicò Kivrin, anche se avrebbe voluto rispondere che stava patendo i tormenti dell'inferno. — Però dovete tenervi lontane da me perché l'infezione potrebbe essere sui miei vestiti.