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Si alzarono tutte in piedi, perfino Imeyne che chiuse il suo Libro delle Ore, e indietreggiarono dal focolare senza distogliere lo sguardo da lei.

Il moncone del ceppo di Natale era ancora nel fuoco. Kivrin si servì di un angolo della gonna per togliere il coperchio al braciere e rovesciare i carboni ormai grigi in un angolo del focolare. Si levò una nube di cenere e uno dei carboni andò a colpire i resti del ceppo, rimbalzando e scivolando lungo il pavimento.

Agnes scoppiò a ridere e tutti si girarono per seguire i progressi del pezzo di carbone lungo il pavimento tranne Eliwys, il cui sguardo era di nuovo fisso sul paravento.

— Gawyn è già tornato con i cavalli? — domandò Kivrin, e subito si pentì di aver parlato perché l'espressione tesa di Eliwys era già una risposta sufficiente e perché Imeyne si girò a fissarla con freddezza.

— No — replicò Eliwys, senza voltarsi. — Pensi che gli altri membri del gruppo del vescovo fossero malati?

— Non lo so — disse Kivrin, ma ripensò al volto grigio dell'inviato e all'espressione tesa del monaco.

— Il freddo sta aumentando — osservò Rosemund. — Forse Gawyn ha deciso di passare la notte a Courcy.

Eliwys non rispose. Kivrin s'inginocchiò accanto al fuoco e smosse i carboni con l'attizzatoio, portando in superficie quelli già ardenti e cercando di spingerli nel braciere con l'attizzatoio stesso; alla fine ci rinunciò e si servì del coperchio del braciere come di una pala.

— Hai portato tu questa cosa su di noi — dichiarò Imeyne.

Kivrin sollevò lo sguardo con il cuore improvvisamente in gola, ma Imeyne non stava guardando lei, bensì Eliwys.

— Sono stati i tuoi peccati a provocare questa punizione.

Eliwys si volse verso Imeyne e Kivrin si aspettò di vedere shock o almeno ira sul suo volto, ma non vi scorse nulla del genere. Eliwys guardò la suocera con disinteresse, come se la sua mente fosse stata altrove.

— Il Signore punisce gli adulteri e tutti colori che dimorano nella loro casa — insistette Imeyne, — e adesso sta punendo te. È il tuo peccato che ha portato la peste qui — concluse, agitando il Libro delle Ore sotto il volto della nuora.

— Sei stata tu a mandare quel messaggio al vescovo — ribatté freddamente Eliwys, — perché non eri soddisfatta di Padre Roche. Sei stata tu a chiamarli qui, e con loro è venuta anche la peste.

Poi girò sui tacchi e scomparve oltre i paravento.

Imeyne rimase immobile, rigida, come se fosse stata colpita, poi tornò alla panca sui cui era seduta prima e si inginocchiò, aprendo il libro e tirandone fuori il reliquiario per farne scorrere distrattamente la catena fra le dita.

— Adesso mi vuoi raccontare una storia? — chiese Agnes a Kivrin.

Imeyne puntellò i gomiti contro la panca e si premette le mani contro la fronte.

— Raccontami la storia della fanciulla cocciuta — insistette Agnes.

— Domani, te la racconterò domani — promise Kivrin, poi prese il braciere e lo portò di sopra.

Il segretario aveva di nuovo la febbre alta e delirava, urlando passi della messa per i morti come se fossero stati oscenità. Chiese anche acqua sempre più spesso e Roche e Kivrin fecero a turno per andare in cortile a prenderla.

Kivrin scese le scale in punta di piedi munita del secchio e di una candela, sperando che Agnes non la vedesse. Nella sala dormivano però tutti, tranne Lady Imeyne che era ancora in ginocchio a pregare, con la schiena rigida e un atteggiamento cocciuto. Tu hai portato questa cosa su di noi.

Kivrin uscì nel cortile buio. Due campane stavano suonando in lontananza con una lieve discrepanza di ritmo una dall'altra e lei si chiese se si trattasse dei vespri o se stessero accompagnando un funerale. Vicino al pozzo c'era un secchio pieno a metà d'acqua, ma lei la rovesciò sull'acciottolato e ne attinse dell'altra fresca che posò accanto alla porta delle cucine, entrando per prendere qualcosa da mangiare; trovati su un angolo del tavolo i panni pesanti che venivano usati per coprire il cibo quando veniva portato nel maniero ammucchiò su uno di essi del pane e un pezzo di carne fredda, ne annodò gli angoli e portò di sopra tanto quel fagotto e l'acqua quanto gli altri panni da cucina. Lei e Padre Roche mangiarono seduti per terra davanti al braciere, e Kivrin si sentì meglio quasi dopo il primo morso.

Anche il segretario sembrava stare meglio. Sonnecchiò ancora, poi si coprì di sudore e quando Kivrin lo asciugò con uno dei panni di cucina emise un sospiro di sollievo e si riaddormentò. Al risveglio la febbre era calata. Kivrin e Roche spinsero la cassapanca accanto al letto e vi misero sopra una lampada di sego, poi lei e il prete si alternarono accanto al malato, riposando a turno sul sedile sotto la finestra. Il freddo era troppo intenso per dormire davvero, ma Kivrin si raggomitolò contro il davanzale di pietra e sonnecchiò a intervalli. Ad ogni risveglio le pareva che il segretario stesse meglio.

Nella Storia della Medicina aveva letto che a volte l'incisione dei bubboni salvava la vita al paziente… quello del segretario aveva smesso di emettere pus e il ronzio era scomparso dalla respirazione, quindi forse non sarebbe morto.

C'erano alcuni storici che ritenevano che la Morte Nera non avesse ucciso tante persone quante risultava dai resoconti dell'epoca. Il Signor Gilchrist era dell'idea che quelle statistiche fossero state abbondantemente esagerate a causa della paura e della mancanza di cultura, e che anche se erano esatte la peste non potesse aver ucciso più della metà della popolazione di ogni villaggio. In alcuni c'erano stati soltanto un paio di casi, in altri non era addirittura morto nessuno.

Loro avevano isolato il segretario non appena si erano resi conto della natura del suo male, e lei era riuscita ad evitare che Roche gli si avvicinasse troppo e più del dovuto. Avevano preso ogni precauzione e il male non si era trasformato nella forma polmonare, quindi forse quanto avevano fatto era sufficiente ed erano intervenuti in tempo. Doveva dire a Roche che era necessario isolare il villaggio e impedire a chiunque altro di entrarvi, così forse la peste li avrebbe evitati. Era una cosa che in alcuni posti era stata fatta. Interi villaggi erano rimasti intatti e c'erano state parti della Scozia dove la peste non era giunta affatto.

Dovette assopirsi ancora perché quando si svegliò di nuovo il cielo cominciava a rischiararsi e Roche se n'era andato. Guardò in direzione del letto, su cui il segretario giaceva perfettamente immobile con gli occhi sgranati e fissi, e per un momento suppose che fosse morto e che Roche fosse andato a scavargli la tomba, ma nel momento stesso in cui formulava quel pensiero si accorse che le coltri si abbassavano e si alzavano sopra il suo petto. Gli controllò il polso, che risultò veloce e tanto debole che quasi non si percepiva.

Poi la campana cominciò a rintoccare e lei si rese conto che Roche era andato a suonare il mattutino. Tirandosi la maschera sul naso e sulla bocca si chinò sul letto.

— Padre — chiamò in tono sommesso, ma il segretario non mostrò di averla sentita.

Gli posò una mano sulla fronte e scoprì che la febbre era salita di nuovo e che la pelle non dava al tatto una sensazione normale ma risultava secca e fragile, mentre le emorragie sottocutanee sulle braccia e sulle gambe si erano scurite e allargate. La lingua gonfia sporgeva fra i denti, orribilmente purpurea.

Il malato aveva un odore terribile e nauseante che trapelava attraverso la maschera. Arrampicatasi sul sedile della finestra Kivrin sciolse i lacci del telo di lino incerato: l'aria fresca, tagliente e limpida, aveva un profumo meraviglioso che la invogliò a protendersi oltre il davanzale per respirare a fondo.

Nel cortile non c'era nessuno, ma mentre lei era intenta ad assaporare l'aria fredda e limpida Padre Roche apparve sulla porta della cucina con in mano una ciotola piena di qualcosa che fumava e si avviò attraverso il cortile lastricato in direzione della porta del maniero. Eliwys apparve sulla soglia in quel momento e disse qualcosa al prete, che accennò ad andarle incontro ma poi si fermò e tirò su la maschera prima di risponderle.