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Se non altro sta cercando di tenersi alla larga dalla gente, si disse Kivrin, guardandolo entrare in casa mentre Eliwys andava al pozzo.

Kivrin legò il lino a un lato della finestra e si guardò intorno alla ricerca di qualcosa con cui smuovere l'aria nella stanza. Saltata giù prese uno dei panni provenienti dalle cucine e salì di nuovo sul sedile della finestra.

Eliwys era ancora accanto al pozzo, intenta ad attingere acqua e a lanciare di tanto in tanto un'occhiata verso le porte. Mentre stava tirando su il secchio Gawyn entrò nel cortile guidando a mano il cavallo.

Quando la vide si fermò così di colpo che Gringolet andò a sbattergli contro e agitò la testa con irritazione. L'espressione sul volto di Gawyn era quella di sempre, un misto di speranza e di desiderio, e Kivrin avvertì un'impeto di rabbia al pensiero che non fosse cambiata neppure adesso. Poi però si disse che Gawyn non sapeva ancora nulla, perché era appena tornato da Courcy, e provò un senso di pietà per lui e per il fatto che dovesse scoprirlo, che dovesse essere Eliwys a dirglielo.

Eliwys aveva intanto tirato su il secchio fino al bordo del pozzo e Gawyn mosse un altro passo verso di lei tenendo Gringolet per le briglie, ma subito si fermò di nuovo.

Lo sa, pensò Kivrin. In fin dei conti lo sa. L'inviato del vescovo doveva esersi ammalato a sua volta e lui era tornato a casa per dare l'allarme. D'un tratto Kivrin si rese conto che il giovane non aveva riportato indietro i cavalli.

È stato il frate ad ammalarsi, si disse, e gli altri sono fuggiti tutti.

Immobile, Gawyn guardò Eliwys issare il pesante secchio sul bordo di pietra del pozzo. Kivrin sapeva che sarebbe stato pronto a fare qualsiasi cosa per lei, a salvarla da cento tagliagole nel cuore del bosco… ma non poteva salvarla da questo.

Impaziente di andare nella stalla, Gringolet scosse ancora la testa. Gawyn gli mise una mano sul muso per calmarlo ma ormai era troppo tardi: Eliwys lo aveva visto.

La donna lasciò andare il secchio che ricadde con un tonfo che arrivò fino all'orecchio di Kivrin, poi Eliwys fu fra le braccia di lui… un gesto tanto audace da indurre Kivrin a portarsi una mano alla bocca.

Qualcuno bussò leggermente alla porta e Kivrin saltò giù per aprire. Era Agnes.

— Adesso mi racconti una storia? — domandò. Era molto arruffata perché dal giorno prima nessuno le aveva intrecciato i capelli che ora le sporgevano da ogni parte sotto la cuffietta, e doveva aver dormito accanto al focolare perché aveva una manica sporca di cenere.

Kivrin dovette imporsi di resistere al desiderio di spazzolargliela.

— Non puoi entrare — disse, tenendo la porta quasi chiusa. — Ti ammalerai anche tu.

— Non c'è nessuno che giochi con me — si lamentò la bambina. — La mamma non c'è e Rosemund dorme ancora.

— Tua madre è uscita a prendere acqua — replicò Kivrin, in tono fermo. — Dov'è la nonna?

— Sta pregando — rispose Agnes, allungando la mano verso la gonna di Kivrin.

— Non mi devi toccare — ammonì lei, brusca, ritraendosi di scatto.

— Perché sei arrabbiata con me? — domandò Agnes, assumendo un'espressione imbronciata.

— Non sono arrabbiata con te — garantì Kivrin, in tono più dolce. — Però non puoi entrare perché il segretario è molto malato e tutti quelli che gli si avvicinano possono… — Spiegare il concetto del contagio ad Agnes era un'impresa senza speranza. — Possono ammalarsi anche loro — concluse.

— Morirà? — insistette la bambina, cercando di vedere oltre il battente.

— Temo di sì.

— E tu?

— No — garantì Kivrin, e si rese conto soltanto allora di non essere più spaventata. — Rosemund si sveglierà fra poco. Chiedile di raccontarti una storia.

— Padre Roche morirà?

— No. Va' a giocare con il tuo carretto finché Rosemund si sveglia.

— Mi racconterai una storia dopo che il segretario sarà morto?

— Sì. Ora va' di sotto.

Agnes scese con riluttanza tre gradini, reggendosi alla parete.

— Moriremo tutti? — domandò ancora.

— No — rispose Kivrin, e dentro di sé aggiunse: No, se io posso impedirlo. Poi richiuse il battente e si appoggiò contro di esso.

Il segretario giaceva ancora inerte e inconsapevole di quanto gli accadeva intorno, con tutto il suo essere concentrato disperatamente sulla battaglia contro un nemico che il suo sistema immunitario non aveva mai visto e contro cui non aveva difese.

Bussarono di nuovo alla porta.

— Va' di sotto, Agnes — disse Kivrin, ma questa volta si trattava di Padre Roche, che aveva in mano una ciotola di brodo proveniente dalle cucine e un vassoio di carboni ardenti.

Il prete porse a Kivrin la ciotola, il cui contenuto era tiepido e aveva un odore orribile, tanto che lei si chiese quali fossero i suoi ingredienti che avevano il potere di abbassare la febbre.

Risollevandosi dal braciere, Roche riprese la ciotola e tentò di dare il brodo al segretario, ma esso gli colò giù dalla lingua gonfia e lungo i lati della bocca.

Bussarono ancora.

— Agnes, ti ho detto che non puoi entrare qui — esclamò con impazienza Kivrin, cercando di asciugare le coltri.

— La nonna mi ha mandata a chiamarti.

— Lady Imeyne sta male? — domandò Roche, avviandosi verso la porta.

— No, si tratta di Rosemund.

Il cuore di Kivrin prese a martellare selvaggiamente. Roche aprì la porta ma Agnes non entrò e rimase sul pianerottolo, fissando la maschera che copriva il volto del prete.

— Rosemund sta male? — chiese questi.

— È caduta.

Kivrin li oltrepassò di scatto e si lanciò giù per i gradini. Rosemund era seduta su una delle panche vicino al focolare e Lady Imeyne era in piedi accanto a lei.

— Cosa è successo? — volle sapere Kivrin.

— Sono caduta — spiegò Rosemund, in tono sconcertato, — e ho picchiato il braccio.

Nel parlare protese l'arto in questione verso Kivrin, tenendo il gomito piegato. Lady Imeyne mormorò qualcosa.

— Che hai detto? — domandò Kivrin, poi si rese conto che la vecchia stava pregando.

Si guardò intorno nella sala alla ricerca di Eliwys, che però non c'era. Nella sala c'era soltanto Maisry, raggomitolata vicino al tavolo con aria spaventata, e per un momento Kivrin pensò che Rosemund dovesse aver inciampato contro di lei.

— Sei caduta contro qualcosa? — chiese.

— No — replicò la ragazza, che appariva ancora stordita. — Mi duole la testa.

Kivrin sollevò l'ampia manica oltre il gomito, che era escoriato ma non sanguinava; l'angolazione con cui la ragazza teneva il braccio era però così strana che lei si domandò se non se lo fosse rotto.

— Ti faccio male? — domandò, muovendo con delicatezza l'articolazione.

— No.

— E così? — insistette lei, applicando una lieve torsione.

— No.

— Puoi muovere le dita?

Rosemund le agitò una alla volta, continuando a tenere il braccio piegato in modo strano, mentre Kivrin l'osservava con espressione accigliata. Era possibile che l'arto fosse slogato, ma in quel caso la ragazza non avrebbe potuto muoverlo con tanta facilità.

— Lady Imeyne — disse, — vuoi andare a chiamare Padre Roche?

— Lui non ci può aiutare — dichiarò la vecchia in tono pieno di disprezzo, ma si avviò lo stesso su per le scale.

— Non credo che il braccio sia rotto — aggiunse Kivrin, rivolta a Rosemund.

Lei abbassò l'arto, sussultò e lo risollevò di scatto mentre il colore le svaniva dal volto e gocce di sudore apparivano a imperlarle il labbro superiore.

Il braccio deve essere rotto, pensò Kivrin, protendendosi di nuovo verso di esso, ma Rosemund si ritrasse e prima che Kivrin si rendesse conto di quello che stava succendendo cadde all'indietro dalla panca, sul pavimento.

Questa volta picchiò la testa, che sbatté sulla pietra con un tonfo nitido. Kivrin si affrettò a scavalcare la panca per inginocchiarsi accanto a lei.