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«Sono la dottoressa Paula Kane», si presentò, salutando con un cenno del capo il maggiore Brooks e poi raggiungendo loro due al tavolo. «Non abbiamo molto tempo.»

Painter si era alzato in piedi per guardare la schiera di fotografie satellitari sparpagliate sul tavolo. «Quando sono state scattate?»

«Ieri sera, al crepuscolo», rispose Paula.

La donna aveva già spiegato quale fosse il suo ruolo. Dopo il dottorato in biologia, era stata reclutata dall’intelligence britannica e dislocata in Sudafrica. Lei e una collega gestivano una serie di progetti di ricerca, ma allo stesso tempo monitoravano in segreto la tenuta dei Waalenberg. Spiavano quella famiglia da circa un decennio, finché, un paio di giorni prima, non era avvenuta una tragedia. La sua collega era stata uccisa in circostanze poco chiare. Assalita da alcune leonesse, secondo la versione ufficiale. Ma lei non ne era per nulla convinta.

«Abbiamo fatto una ripresa agli infrarossi dopo mezzanotte», proseguì Paula, «ma c’è stato un malfunzionamento e abbiamo perso l’immagine.»

Painter fissava le foto, esterrefatto dall’enorme estensione della tenuta: oltre cinquantamila ettari. Si distingueva una piccola pista d’atterraggio, che apriva un varco nella giungla. Un paesaggio di altopiani boscosi, vaste savane e giungla fitta era cosparso di piccoli fabbricati. Al centro della parte più densa della foresta, si ergeva un castello di legno e pietra: la residenza dei Waalenberg.

«Non abbiamo una vista migliore dell’area attorno al palazzo?»

Paula scosse la testa. «È coperta da una densa vegetazione afromontana, una giungla secolare che ormai ha pochi equivalenti in Sudafrica. I Waalenberg hanno scelto questa posizione per la loro tenuta sia perché era isolata sia per accaparrarsi questa enorme foresta, formata da alberi alti quaranta metri, con chiome fitte e stratificate a diverse altezze. All’ombra di quelle fronde c’è una biodiversità maggiore che nella giungla congolese o in qualsiasi foresta pluviale.»

«Ed è una copertura perfetta», commentò Painter.

«Ciò che succede là sotto lo sanno soltanto i Waalenberg. Ma noi sappiamo che le tecnologie di cui pullula il palazzo sono soltanto la punta di un iceberg: sotto la tenuta c’è un vasto complesso sotterraneo.»

«A quale profondità?» chiese Painter, scambiando una breve occhiata con Lisa. Se facevano esperimenti con la Campana, sicuramente l’avevano sepolta nelle viscere della terra.

«Non lo sappiamo con certezza. Ma i Waalenberg hanno fatto fortuna con le miniere d’oro.»

«A Witwatersrand.»

«Esatto. Vedo che si è documentato. Le conoscenze in campo minerario sono tornate utili per costruire un complesso sotterraneo sotto il palazzo. Sappiamo che l’ingegnere minerario Bertrand Culbert venne consultato per la costruzione delle fondamenta dell’edificio, ma morì poco tempo dopo.»

«Vediamo se indovino: in circostanze misteriose.»

«Calpestato da un bufalo. Ma la sua non è stata né la prima né l’ultima morte associata ai Waalenberg.» Al ricordo della sua compagna, lo sguardo le si riempì di dolore. «Abbondano le voci di misteriose scomparse nell’area.»

«Eppure nessuno ha ancora emesso un mandato per perquisire la tenuta.»

«Deve capire quanto sono fragili le istituzioni sudafricane. I regimi cambiano, ma quello che ha sempre dominato, qui, è l’oro. I Waalenberg sono intoccabili. L’oro li protegge meglio di qualsiasi fossato o esercito privato.»

«E voi?» chiese Painter. «Che interessi ha l’MI5, qui?»

«I nostri interessi hanno una storia molto lunga, temo. L’intelligence britannica tiene d’occhio i Waalenberg già dalla fine della seconda guerra mondiale.»

Painter si rimise a sedere, stanco. Aveva difficoltà a mettere a fuoco da un occhio. Se lo sfregò, poi, consapevole dell’attenzione di Lisa, si rivolse di nuovo a Paula. Non le aveva ancora rivelato di aver scoperto il simbolo nazista nascosto al centro dello stemma dei Waalenberg, ma evidentemente l’MI5 conosceva già il collegamento.

«Sapevamo che i Waalenberg erano importanti sostenitori della Ahnenerbe Forschungss-und Lehrgemeinschaft, la società per la ricerca e la diffusione del patrimonio storico nazista. Ne ha mai sentito parlare?»

Painter scosse la testa, il che gli procurò una fitta di dolore. Ultimamente l’emicrania si era diffusa al collo e all’intera colonna vertebrale. Sopportò la sofferenza a denti stretti.

«La società per il patrimonio storico era un gruppo di ricerca guidato da Heinrich Himmler, che studiava le radici della razza ariana. È stato anche responsabile di alcune delle più efferate atrocità commesse nei campi di concentramento e in altre strutture segrete. Praticamente erano scienziati pazzi e armati.»

Painter trasalì, ma non era più una questione di dolore fisico. Aveva sentito descrivere la Sigma in termini analoghi. Scienziati armati. Era quello il loro vero nemico? Una versione nazista della Sigma?

«Che interesse avevano i Waalenberg in quel tipo di ricerca?» chiese Lisa.

«Non ne siamo del tutto sicuri, ma c’erano molti simpatizzanti nazisti in Sudafrica durante la guerra. Sappiamo che l’attuale patriarca, Baldric Waalenberg, s’interessava anche di eugenetica e che ha partecipato a conferenze scientifiche in Germania e Austria prima che scoppiassero le ostilità. Dopo la guerra, però, si è ritirato dalla scena, portando con sé l’intera famiglia.»

«È andato a leccarsi le ferite?» chiese Painter.

«Non è quello che pensiamo noi. Dopo la guerra, le forze alleate hanno setacciato la campagna tedesca, alla ricerca delle tecnologie segrete dei nazisti.» Paula scrollò le spalle. «C’erano anche forze britanniche.»

Painter annuì. Pure Anna aveva citato quei saccheggi.

«Ma i nazisti erano stati bravi a far sparire gran parte delle loro tecnologie, facendo terra bruciata: hanno giustiziato scienziati, bombardato impianti e strutture. I nostri sono arrivati in uno di quei siti in Baviera qualche minuto troppo tardi. Hanno trovato uno scienziato in un fosso, con una pallottola nel cranio, ma ancora vivo. Prima di morire ha rivelato qualche indizio utile. I nazisti stavano facendo ricerche su una nuova fonte di energia, scoperta tramite esperimenti quantistici, e avevano fatto importanti progressi: avevano un combustibile di straordinaria potenza.»

Painter e Lisa si scambiarono uno sguardo, ricordando la conversazione fatta con Anna sull’energia del punto zero.

«Qualsiasi cosa avessero scoperto, quella tecnologia è stata trafugata tramite i percorsi segreti creati dai nazisti. Si sa ben poco, tranne il nome della sostanza in questione e il luogo in cui se ne sono perse le tracce.»

«Alla tenuta dei Waalenberg?» tirò a indovinare Lisa.

Paula annuì.

«E il nome della sostanza?» chiese Painter, anche se già conosceva la risposta, avendo messo assieme gli elementi in suo possesso. «Si chiamava Xerum 525?»

Paula gli lanciò un’occhiata penetrante, aggrottando le sopracciglia. «Come fa a saperlo?»

«Il combustibile della Campana», mormorò Lisa, sorpresa.

Tutto tornava. Era il momento di parlare apertamente con la dottoressa Paula Kane.

Painter si alzò. «C’è qualcuno che lei deve conoscere.»

La reazione di Anna non fu meno intensa. «Perciò la formula segreta dello Xerum 525 non è andata perduta? Unglaublich!»

Si erano riuniti in un hangar dell’aeroporto di Richards Bay, mentre due Isuzu Trooper venivano caricati di armi e attrezzature.

Lisa controllava il suo kit medico, mentre ascoltava la discussione in corso tra Painter, Anna e Paula. Gunther era accanto a lei e guardava accigliato la sorella. Anna sembrava più stabile, dopo aver preso le medicine che Lisa le aveva dato. Ma per quanto tempo?

«Mentre la Campana veniva portata a nord da suo nonno, i segreti dello Xerum 525 devono essere stati trasferiti a sud», spiegò Painter ad Anna. «Così sono state divise le due parti dell’esperimento. A un certo punto, i Waalenberg devono essere venuti a sapere che la Campana non era stata distrutta. In quanto finanziatore della società per il patrimonio storico, Baldric Waalenberg doveva essere a conoscenza del Granitschloß.»