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«Come lo sapete?» chiese Whittaker sussultando.

«Non preoccupatevi. So essere ostinato anch’io, quando mi ci metto.»

«Ma io non ho nessuna intenzione di essere ostinato» disse Whittaker in tono quasi lamentoso. «Non crediate che amiamo il segreto per il piacere di fare i misteriosi, anzi, è una seccatura tremenda. Ma cominciate a dirmi voi quello che sapete.»

«Se può servire a smuovervi, benissimo. Il Progetto Aurora ha certamente a che fare con le colture di piante che avete lassù tra le colline. Come diavolo le chiamate quelle piante… oxyfera?, bene. Ma siccome mi sembra assurdo tenere segreta una scoperta così semplice, sono costretto a supporre che faccia parte di un piano molto più grandioso, nel quale sospetto che c’entri Phobos, anche se non sono assolutamente in grado di dirvi come. Siete riusciti a conservare il segreto così bene, che i pochi qui su Marte che ne sanno qualcosa non osano nemmeno aprire bocca. Ma più che a Marte, vi siete preoccupati di tenere nascosta la cosa alla Terra. Si può sapere perché?»

Whittaker non aveva affatto l’aria confusa.

«Devo farvi i miei complimenti per la vostra… come definirla… perspicacia» disse infine. «E giacché siamo sull’argomento, forse vi interesserà anche sapere che un paio di settimane fa avevo consigliato al Presidente di mettervi al corrente del progetto, ma lui ha ritenuto più opportuno aspettare. Da quel giorno, gli eventi si sono svolti assai più rapidamente di quanto nessuno di noi si sarebbe mai immaginato.»

Disegnò distrattamente alcuni scarabocchi su un blocco per appunti, poi sembrò prendere una decisione improvvisa.

«Sentite» disse, «io non sono autorizzato a parlare, quindi non posso dirvi quello che sta succedendo in questo momento. Posso però raccontarvi una storia che forse vi divertirà. Naturalmente qualsiasi riferimento a luoghi e persone realmente esistenti è puramente… come si dice di solito in questi casi?… puramente casuale.»

«Va bene, ho capito!» disse Gibson ridendo. «Continuate pure.»

«Immaginiamo dunque che nel primo entusiasmo delle conquiste interplanetarie il pianeta A abbia fondato una colonia sul pianeta B. Dopo qualche anno, A scopre che B gli costa molto di più di quello che aveva previsto, senza ricompensare in nessun modo la spesa. Allora sul pianeta d’origine si formano due fazioni. La prima, conservatrice, vuol chiudere baracca e burattini, tagliare cioè i viveri a B e non occuparsene più. L’altro gruppo invece, quello progressista, vuole continuare l’esperimento perché ritiene che l’Uomo è destinato a esplorare tutto l’universo, per vivere e cercare nuove esperienze e per non ridursi a stagnare nel suo vecchio pianeta. Ma questa argomentazione non ha alcuna presa sui cittadini che pagano le tasse, e i conservatori cominciano a prendere il sopravvento.

«Questo stato di cose mette in agitazione i coloni, nei quali si va formando una mentalità sempre più indipendente, e che non sono affatto contenti di essere considerati come parenti poveri costretti a vivere di carità. Però non riescono a trovare una via d’uscita finché un giorno viene fatta una scoperta scientifica rivoluzionaria. Avrei dovuto premettere che il pianeta B ha interessato e attirato i migliori cervelli di A, il che costituisce un’altra delle ragioni per cui A è tanto seccato. Questa scoperta apre orizzonti pressoché illimitati all’avvenire di B, ma la sua applicazione comporta certi rischi, oltre che l’assorbimento di una buona parte delle limitate risorse di B. Con tutto questo, il progetto viene presentato, e A lo boccia immediatamente. Tra le quinte si svolge un prolungato tira e molla, ma il pianeta d’origine rimane incrollabile nel suo rifiuto.

«Ai coloni si offrono due alternative. Possono proclamare apertamente i loro diritti, e rivolgersi all’opinione pubblica di A. Ma questo può dare molti svantaggi, perché i pezzi grossi di laggiù cercherebbero in ogni modo di boicottarli. L’altra alternativa suggerisce invece di mettere in attuazione il progetto senza informarne la Terra, volevo dire A. E alla fine vien deciso di adottare questa soluzione.

«Naturalmente nel dissidio sono implicati molti fattori politici e personali, oltre che scientifici. Si dà poi il caso che il capo dei coloni sia uomo di tenacia inconsueta il quale non ha paura di nessuno, né su un pianeta né sull’altro. Inoltre è fiancheggiato da un gruppo di scienziati di prim’ordine i quali lo aiutano in ogni modo. Così il progetto viene messo allo studio, ma nessuno può dire se riuscirà o no. Mi rincresce di non potervi raccontare la fine della storia. Sapete anche voi come sono questi romanzetti a puntate: s’interrompono proprio nel momento più emozionante.»

«Credo che mi abbiate detto più o meno tutto» disse Gibson. «Tutto, cioè, tranne un piccolo particolare tutt’altro che trascurabile, perché ancora non so che cosa sia il Progetto Aurora.» Si alzò per accomiatarsi. «Domani tornerò per farmi raccontare l’ultima puntata del vostro interessantissimo romanzo.»

«Non ne avrete bisogno» disse Whittaker, e involontariamente diede un’occhiata all’orologio. «Prima di domani saprete tutto.»

Mentre lasciava il Palazzo dell’Amministrazione, Gibson fu rincorso da Jimmy.

«Dovrei essere al lavoro» disse il ragazzo, ansimando, «ma dovevo vedervi assolutamente. Sta succedendo qualcosa di molto importante.»

«Lo so» rispose Gibson quasi con impazienza. «Il Progetto Aurora è arrivato a maturazione e Hadfield ha lasciato la città.»

«Oh» fece Jimmy, un po’ mortificato. «Credevo che non lo sapeste. Ma c’è una cosa che non potete sapere certamente… Irene è sconvolta. Mi ha detto che ieri sera suo padre l’ha salutata come… come se ci fosse la possibilità che non la vedesse più.»

Gibson fece un fischio significativo. Questo poneva la situazione sotto una luce diversa. Dunque il Progetto Aurora non era soltanto una grossa impresa ma era anche una faccenda pericolosa. Non aveva pensato a quell’eventualità.

«Comunque vadano le cose» disse «domani sapremo. Me l’ha detto adesso Whittaker. Ma credo di capire dove si trovi Hadfield in questo momento.»

«Dove?»

«Su Phobos. Sono convinto che la chiave del Progetto Aurora è in quella piccola luna, ed è lì che potrai scovare il presidente, se è questo che t’interessa.»

Gibson sarebbe stato pronto a scommettere qualsiasi somma sulla sua supposizione, e fu una vera fortuna per lui che non ci fosse nessuno ad accettare la scommessa, perché in caso contrario avrebbe dovuto pagare. In quel momento Hadfield era ugualmente distante sia da Phobos sia da Marte. In quel preciso momento se ne stava infatti seduto alquanto scomodamente in una piccola astronave, zeppa di scienziati e di loro apparecchiature smontate in tutta fretta. Giocava a scacchi, e molto male, contro uno dei più insigni fisici del Sistema Solare. Anche il suo avversario del resto giocava malissimo, e chiunque avrebbe capito che gli scacchi erano solo un modo per passare il tempo. Come qualsiasi abitante di Marte, anche loro aspettavano. Loro però erano i soli a sapere esattamente che cosa.

Quel giorno interminabile, uno dei più lunghi vissuti da Gibson, si trascinò lentamente. Fu una giornata all’insegna delle chiacchiere e delle supposizioni. A Porto Lowell avevano tutti una loro teoria in proposito. Ma siccome quelli che sapevano la verità se ne stavano muti come pesci, mentre quelli che non sapevano niente gracchiavano come cornacchie, quando scese la notte la città si trovava in uno stato di confusione estrema. Gibson era incerto se restare alzato o meno, ma verso mezzanotte decise di andare a letto. Era profondamente addormentato nel momento in cui invisibilmente, silenziosamente, il Progetto Aurora raggiunse la sua fase finale. Soltanto gli uomini chiusi nella nave spaziale la videro attuarsi, e da bravi scienziati si trasformarono di colpo in scolari urlanti di gioia al pensiero di andare in vacanza.