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Era la prima volta che Topazio e Turchese s’incontravano con Quiicc, e la loro calma aristocratica fu messa a dura prova. Fecero del loro meglio per dissimulare l’agitazione alla vista dello sconosciuto rivale, ma tirando il guinzaglio andarono a nascondersi dietro le gambe di Hadfield. Quiicc invece non li degnò neppure di un’occhiata.

«Che serraglio!» disse Hadfield ridendo. «Non credo che Topazio e Turchese siano molto contenti di avere un rivale. Da tanto tempo regnano qui soli e indisturbati, che credono che questo posto spetti soltanto a loro.»

«Ancora nessuna notizia dalla Terra?» domandò Gibson con una certa ansia.

«A proposito della vostra richiesta? Quanta premura! L’ho spedita soltanto due giorni fa. Sapete anche voi con quanta rapidità si muovono le cose laggiù. Passerà almeno una settimana, prima che si possa avere una risposta.»

La Terra era sempre laggiù. Gli altri pianeti erano sempre quassù. Questi avverbi di luogo suggerivano a Gibson un curioso quadro formato da un gran piano inclinato che portasse giù sino al Sole, con tutti i pianeti disposti lungo il percorso ad altezze diverse.

«Francamente non vedo che cosa c’entri la Terra» disse Gibson. «Dopo tutto non si tratta di un problema importante come potrebbe essere quello di stanziare le somme necessarie per la costruzione di nuove astronavi. Infine sono già qui, e se non torno risparmio loro un sacco di seccature!»

«Non potete immaginare come diventino complicati questi semplici argomenti dettati dal più elementare buonsenso per i grandi manipolatori della politica terrestre» disse Hadfield. «Eh, no, mio caro! La burocrazia dove la mettete? Lo sapete che ogni cosa deve seguire un suo iter burocratico?»

Gibson era convinto che Hadfield di solito non parlasse con quel tono sprezzante dei suoi superiori diretti, e provò quella particolare soddisfazione che si ha sempre quando ci è concesso di condividere una confidenza fatta spontaneamente. Era un nuovo segno che il Presidente si fidava di lui e lo giudicava un alleato. Se era così, perché non osare di parlargli dei due argomenti che in quel momento gli stavano tanto a cuore: il Progetto Aurora e Irene? Per quel che riguardava Irene aveva data la sua parola e bisognava che la mantenesse. Prima però voleva parlare con Irene direttamente… Sì, sarebbe stata un’ottima scusa per rimandare ulteriormente il colloquio con Hadfield, che non sarebbe stato né facile né piacevole.

Lo rimandò talmente che alla fine fu la stessa Irene a affrontare l’argomento direttamente, senza dubbio spinta da Jimmy che il giorno seguente informò Gibson sull’esito della conversazione tra padre e figlia. Dalla faccia di Jimmy fu facile capire quale fosse stato il risultato, prima ancora che il ragazzo parlasse.

La richiesta di Irene doveva essere stata un colpo duro per Hadfield, il quale era sicuramente convinto di aver sempre dato alla figlia tutto quanto lei potesse desiderare. Ne aveva quindi avuto il disinganno comune a tutti i genitori. Però aveva accolto la cosa con calma, e non c’erano state scene. Hadfield era un uomo troppo intelligente per assumere l’atteggiamento assurdo del padre offeso. Si era limitato a dare ragioni chiare e convincenti dell’impossibilità per Irene di andare sulla Terra prima di aver compiuto i ventun anni. Per quel giorno, aveva già deciso di rimpatriare per una lunga vacanza, durante la quale avrebbero fatto insieme il giro del vecchio mondo. Questo significava aspettare ancora tre anni.

«Tre anni!» si lamentò Jimmy. «È come dire tre secoli!»

Gibson comprendeva benissimo lo stato d’animo del ragazzo, ma cercò di fargli notare il lato positivo della situazione.

«In fondo non è poi un’eternità. E per quell’epoca tu avrai terminato i tuoi studi e sarai già in grado di guadagnare più di tanti altri della tua età. Vedrai come passa presto il tempo.»

Ma le parole consolatrici non dissiparono affatto la tetraggine di Jimmy. Gibson stava per aggiungere che per fortuna su Marte il tempo veniva ancora calcolato secondo il tempo terrestre, e non già secondo l’anno marziano che sarebbe stato di 687 giorni, ma non gli parve il caso, e si limitò invece a chiedere:

«Che cosa ne pensa in complesso Hadfield della vostra decisione? Irene gli ha parlato di te?»

«Credo che Hadfield non ne sappia ancora niente.»

«Bravi! Secondo me sarebbe una buona idea se tu andassi direttamente da lui e gli dicessi tutto, chiaro e tondo.»

«Ci avevo pensato anch’io» disse Jimmy, «ma credo che non ne avrò mai il coraggio.»

«Eppure bisognerà che tu superi questo tuo complesso d’inferiorità nei suoi riguardi, visto che un giorno o l’altro diventerà tuo suocero» disse Gibson.

«D’altra parte, che male può venirti dal parlargli chiaro?»

«Potrebbe impedire a Irene di vedermi durante il poco tempo che ancora ci rimane.»

«Hadfield non è tipo da ricorrere a queste meschinerie. Del resto, se lo fosse, l’avrebbe già fatto da un pezzo.»

Jimmy rifletté un momento e dovette ammettere che Gibson aveva ragione. Fino a un certo punto il giornalista era d’accordo con il ragazzo, perché ricordava di aver provato anche lui uno strano nervosismo durante i primi incontri con Hadfield. Eppure lui aveva minori scusanti di Jimmy, perché una lunga esperienza gli aveva insegnato che sono pochi i grandi uomini che rimangono tali quando li si conosce più a fondo. Per Jimmy, invece, Hadfield restava il padrone di Marte, solitario e inavvicinabile.

«Andando da lui, che cosa dovrei dirgli, secondo voi?» chiese il ragazzo.

«La pura e semplice verità. In certi casi, la verità fa miracoli.»

Jimmy guardò Gibson con espressione offesa. Il ragazzo non sapeva mai se l’altro scherzava o parlava sul serio. Era il difetto principale di Gibson, e aveva sempre costituito l’ostacolo principale a una vera intesa tra loro.

«Senti» disse Gibson «vieni con me dal Presidente, stasera, e raccontagli tutto. E devi cercare di metterti un po’ nei suoi panni. Per quanto ne sa lui, il tuo potrebbe anche essere un semplice capriccio, un innamoramento passeggero, sia da parte tua sia da parte di Irene. Ma se tu gli dici che è una cosa seria e che vi volete fidanzare, allora la cosa cambia aspetto.»

Si sentì molto sollevato quando Jimmy acconsentì infine a seguire il suo consiglio senza altre discussioni. Dopotutto, se il ragazzo aveva una certa stoffa bisognava che agisse da solo, senza troppi suggerimenti estranei. Gibson aveva sufficiente sensibilità per capire che, nella sua preoccupazione di essergli utile, non doveva correre il rischio di distruggere nel ragazzo la fiducia in se stesso.

Tra le doti di Hadfield c’era quella che si sapeva sempre esattamente dove trovarlo in qualsiasi momento… ma guai a chi avesse osato disturbarlo con questioni di ufficio durante le poche ore in cui il Presidente si considerava libero dagli impegni di lavoro. Ma qui non si trattava di problemi burocratici e tanto meno ufficiali, e non doveva nemmeno essere una cosa del tutto imprevista, perché Hadfield non si mostrò affatto sorpreso di vedere Jimmy insieme a Gibson. Di Irene nessuna traccia. La ragazza si era eclissata prudentemente, e non appena gli fu possibile, Gibson fece altrettanto.

Era andato ad aspettare in biblioteca sfogliando libri e chiedendosi quanti di quei libri il Presidente avesse effettivamente il tempo di leggere.

Poi Jimmy comparve sulla soglia dicendo: «Il signor Hadfield desidera parlarvi.»

«Com’è andata?»

«Non lo so ancora, ma meno peggio di quello che credevo.»

«È sempre così. E non ti angustiare, darò le migliori informazioni possibili su di te. Posso farlo senza mentire troppo.»

Quando entrò nello studio, Hadfield era sprofondato in una poltrona, intento a fissare il tappeto come se lo vedesse per la prima volta. Il Presidente fece cenno all’ospite di sedere sull’altra poltrona.

«Da quanto tempo conoscete Spencer?» chiese.