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Il cardinale Mustafa ricordò, e rimpianse, la decisione di seguire i militari che stavano per salire a bordo del cargo e ispezionarlo. Ricordò l’affronto di infilarsi in una tuta corazzata da combattimento delle guardie svizzere, uno strato di dermotuta monomolecolare-D, seguito da un reticolo neurale IA, poi la tuta spaziale vera e propria, più ingombrante delle dermotute civili a causa del rivestimento in polimero della corazza, e infine le cinture a rete per l’equipaggiamento e il monoreattore morfizzabile. La Jibril aveva scandagliato col radar lo scafo una decina di volte: a bordo nessuno si muoveva o respirava. Ma la Arcangelo era ugualmente arretrata a distanza d’attacco di trenta chilometri, non appena il Grande Inquisitore, il comandante della sicurezza Browning, il sergente dei marines Nell Kasner, l’ex comandante delle forze terrestri maggiore Piet e dieci commandos guardie svizzere/marines erano balzati dal portello di sortita.

Il cardinale Mustafa ricordò come gli batteva il cuore, mentre con i jet si avvicinava al cargo morto, traghettato nell’abisso da due commandos, come se fosse solo un altro pacco da trasbordare. Ricordò la luce del sole che scintillava sui dorati visori antiscoppio, mentre i soldati comunicavano con brevi trasmissioni in codice e segnalazioni manuali e prendevano posizione ai lati della camera stagna spalancata. Due soldati entrarono per primi, con i monoreattori che pulsavano senza rumore, armi d’assalto pronte. Poi il comandante Browning e il sergente Kasner li seguirono rapidamente. Un minuto più tardi vi fu un breve messaggio in codice sul canale tattico e i due soldati portarono Mustafa nel nero foro della camera stagna che pareva in attesa.

Cadaveri fluttuavano nei raggi delle torce laser. Immagini da cella frigorifera di mattatoio. Carcasse congelate, costole striate di rosso, addomi sventrati. Bocche spalancate e impietrite in eterne grida mute. Stelle filanti di sangue congelato e occhi sporgenti e iniettati di sangue. Viscere alla deriva in un’accozzaglia di traiettorie fra raggi di luce simili a pugnali.

"L’equipaggio" aveva trasmesso il comandante Browning.

"Lo Shrike?" aveva domandato il cardinale Mustafa. Tra sé recitava il rosario, con rapida monotonia, non per rassicurare il proprio spirito, ma per tenere la propria mente lontano da quelle immagini fluttuanti in una luce infernale davanti ai suoi occhi. Era stato avvertito di non vomitare nell’elmetto: filtri e spazzole avrebbero ripulito il vomito prima che lo soffocasse, ma non erano garantiti al cento per cento.

"Probabilmente lo Shrike" aveva risposto il maggiore Piet, infilando la mano guantata nello squarcio della gabbia toracica di un cadavere. "Guardi qui, il crucimorfo è stato strappato. Proprio come ad Arafat-kaffiyeh."

"Comandante!" aveva chiamato per radio uno dei soldati che si erano spinti a poppa. "Sergente! Qui! Nella prima stiva di carico!"

Browning e Piet avevano preceduto il Grande Inquisitore nella lunga stiva cilindrica. I raggi delle torce laser si perdevano nell’enorme ambiente.

Lì i cadaveri non erano squarciati e maciullati. Erano ordinatamente distesi su lastre di ferrocarbonio che sporgevano dalle paratie e tenuti in posizione da strisce di rete di nylon. Le lastre fuoruscivano da tutti i lati della chiglia e lasciavano solo un corridoio a zero g nel centro. Mustafa e le guide e i due che lo reggevano, fluttuarono nella distesa nera, mentre i raggi delle torce laser colpivano a sinistra, a destra, in basso, in alto. Carne congelata, carne livida, codici a barre sulle piante dei piedi, peli pubici, occhi chiusi, mani ceree contro il nero del ferrocarbonio ai lati dell’osso iliaco, peni flaccidi, mammelle congelate nell’assenza di peso, capelli incollati a lividi crani o sparsi in aureole congelate. Ragazzini dalla pelle liscia e fredda, dal ventre sporgente, dalle palpebre traslucide. Bambini con codici a barre sulle piante dei piedi.

Nelle quattro lunghe stive merci c’erano decine di migliaia di corpi. Tutti umani. Tutti nudi. Tutti privi di vita.

«E ha completato l’ispezione dell’AMSS Saigon Maru, Grande Inquisitore?» lo sollecitò il cardinale Lourdusamy.

Il cardinale Mustafa si rese conto d’essere rimasto in silenzio per vari istanti, posseduto dal demone di quel terribile ricordo. «L’abbiamo completata, eccellenza» rispose infine, con voce roca.

«Le sue conclusioni?»

«A bordo del cargo AMSS Saigon Maru c’erano 67.827 esseri umani» disse il Grande Inquisitore. «Cinquantuno di loro erano l’equipaggio. Tutti i membri dell’equipaggio erano stati uccisi. Tutti erano stati squarciati e aperti come le vittime trovate ad Arafat-kaffiyeh.»

«Non c’erano superstiti? Nessuno che si potesse risuscitare?»

«Nessuno.»

«Secondo lei, cardinale Mustafa, la creatura demoniaca detta Shrike era responsabile della morte dell’equipaggio dell’AMSS Saigon Maru

«Secondo me sì, eccellenza.»

«E secondo lei, cardinale Mustafa, lo Shrike era responsabile anche della morte degli altri 67.776 cadaveri trovati sulla Saigon Maru

Il cardinale Mustafa esitò solo un secondo. «Per me, eccellenza…» girò la testa e rivolse un inchino nella direzione dell’uomo accomodato sulla sedia «Santità… la causa della morte dei 67.776 uomini, donne e bambini trovati sull’AMSS Saigon Maru non era compatibile con le ferite delle vittime su Marte e neppure compatibile con i resoconti di precedenti attacchi dello Shrike.»

Con un fruscio di tonaca, il cardinale Lourdusamy mosse un passo avanti. «E secondo gli esperti di medicina legale del Sant’Uffizio, cardinale Mustafa, qual era la vera causa della morte degli esseri umani trovati su quel cargo?»

Il cardinale Mustafa tenne gli occhi bassi. «Eccellenza» ripose «gli specialisti di medicina legale del Sant’Uffizio e della Flotta della Pax non hanno saputo precisare la causa della morte di quelle persone. In realtà…» Si fermò.

«In realtà» continuò per lui il cardinale Lourdusamy «i corpi trovati sulla Saigon Maru, equipaggio escluso, non presentavano né una chiara causa di morte né le caratteristiche della morte, esatto?»

«Esatto, eccellenza» ammise il cardinale Mustafa. Lasciò vagare lo sguardo sul viso degli altri dignitari presenti nella cappella. «Non erano vivi, ma non mostravano segni di decomposizione, lividità post mortem, putrefazione cerebrale, nessuno dei soliti segni di morte fisica.»

«E tuttavia non erano vivi» disse Lourdusamy.

Il cardinale Mustafa si strofinò la guancia. «Non per quanto riguarda la nostra capacità di riportare in vita, eccellenza. E neppure per quanto riguarda la nostra capacità di individuare segni di attività cerebrale o cellulare. Erano… fermati.»

«E quale fu la destinazione del cargo AMSS Saigon Maru, cardinale Mustafa?»

«Il capitano Wolmak mise a bordo un equipaggio scelto prelevato dalla Jibril» rispose il Grande Inquisitore. «Siamo tornati immediatamente a Pacem per fare rapporto. La Saigon Maru viaggiava con la tradizionale propulsione Hawking, scortata da quattro navi torcia; è previsto che arrivi nel più vicino sistema con una base della Flotta della Pax, il sistema di Barnard mi pare, fra tre settimane standard.»

Lourdusamy annuì lentamente. «Grazie, Grande Inquisitore.» Si accostò al trono papale, piegò il ginocchio verso l’altare e, facendosi il segno di croce, attraversò il passaggio centrale. «Santità» disse «vorrei chiederle di ascoltare sua eccellenza il cardinale Du Noyer.»

Papa Urbano alzò la mano come in benedizione. «Saremmo lieti di ascoltare il cardinale Du Noyer.»

Kenzo Isozaki era confuso e sconcertato. Perché Lourdusamy li aveva messi a conoscenza di quelle cose? Per quale scopo era necessario che i PFE della Pax Mercatoria ascoltassero quelle storie? Si era già sentito gelare il sangue nell’udire la sommaria sentenza di morte per l’ammiraglio Aldikacti. Sarebbe stato questo, si domandò, il destino di tutti loro?