"Tutto pulito" trasmise sul canale tattico il sergente al comando dei marines.
"Niente si muove nel raggio di un chilometro dal punto uno" gracchiò la voce del tenente della Guardia nazionale. "Cadaveri nella via."
"Qui tutto pulito" comunicò il capitano delle guardie svizzere.
"Confermate che niente si muove ad Arafat-kaffiyeh, a parte il vostro gruppo" disse la voce del comandante della Jibril.
"Confermato" disse il comandante Browning della sicurezza del Sant’Uffizio.
Sentendosi sciocco e di cattivo umore, il Grande Inquisitore scese la rampa e attraversò il parco pubblico coperto di sabbia. Il suo umore non era affatto migliorato dalla stupida maschera osmotica con alimentatore circolare che gli penzolava dalla spalla come un medaglione.
Padre Farrell, l’arcivescovo Robeson, il governatore Clare Palo e un’orda di funzionari corsero per tenersi al passo, mentre il cardinale Mustafa avanzava verso le guardie della sicurezza inginocchiate e con un gesto imperioso ordinava di aprire un passaggio nel campo di contenimento. Lo varcò senza badare alle proteste del comandante Browning e delle altre sagome in corazza nera che si affannavano per raggiungerlo.
«Dov’è il primo dei…» cominciò il Grande Inquisitore, muovendosi a scatti nello stretto vicolo di fronte al parco pubblico. Ancora non si era abituato alla minore gravità marziana.
«Proprio dietro l’angolo» ansimò l’arcivescovo.
«Sarebbe meglio aspettare che i campi esterni siano…» disse il governatore Clare Palo.
«Eccolo» esclamò padre Farrell, indicando la via nella quale erano sbucati.
Il gruppo, una quindicina, si fermò di colpo, tanto che gli aiutanti e gli agenti della sicurezza più indietro dovettero trattenersi per non urtare i maggiorenti.
«Buon Dio!» mormorò l’arcivescovo Robeson. Si fece il segno della croce. Sotto la limpida maschera osmotica, il suo viso mostrava il pallore.
«Cristo!» borbottò il governatore Clare Palo. «Da due settimane vedo in continuazione ologrammi e fotografie, ma… Cristo!»
«Ahh» disse padre Farrell, avvicinandosi di un passo al primo cadavere.
Il Grande Inquisitore si unì a lui. Piegò il ginocchio sulla sabbia rossastra. La sagoma maciullata distesa a terra dava l’impressione che qualcuno avesse usato carne, ossa e cartilagini per creare una scultura astratta. Non sarebbe stata riconoscibile come umana, se non ci fossero stati il luccichio di denti nella bocca spalancata e una mano poco distante nella mobile sabbia marziana.
Dopo un momento, il Grande Inquisitore disse: «Non saranno stati, in tutto o in parte, degli animali? Uccelli mangiacarogne, forse? Topi?»
«No» rispose il maggiore Piet, comandante delle forze di terra del governatore. «Gli uccelli sono scomparsi dal pianoro Tharsis fin da quando l’atmosfera ha iniziato a rarefarsi, due secoli fa. I rilevatori di movimento non hanno registrato ratti… né altre creature… da quando è avvenuto il massacro.»
«È stato lo Shrike» disse il Grande Inquisitore. Non parve molto convinto. Si rialzò e si accostò al cadavere seguente. Forse si era trattato di una donna. Pareva che l’avessero rivoltata come un calzino e fatta a brandelli. «Anche questo?»
«Così crediamo» disse il governatore Clare Palo. «Dopo avere trovato questo scempio, la Guardia nazionale ha ricuperato l’olocamera della sicurezza che conteneva i trentotto secondi di registrazione che le abbiamo già mostrato.»
«Pareva una decina di Shrike che uccidevano una decina di persone» notò padre Farrell. «L’ologramma era confuso.»
«C’era una tempesta di sabbia» disse il maggiore Piet. «E lo Shrike era uno solo… abbiamo studiato le singole immagini. Si è semplicemente mosso tra la folla, con tale rapidità da sembrare tutta una serie di creature.»
«Si è mosso tra la folla» mormorò il Grande Inquisitore. Si accostò a un altro cadavere che forse era quello di una bambina o di una donna molto piccola. «E ha fatto questo massacro.»
«E ha fatto questo massacro» confermò il governatore Clare Palo. Diede un’occhiata all’arcivescovo Robeson, che si era appoggiato a un muro per sorreggersi.
C’erano da venti a trenta cadaveri, in quel tratto di via.
Padre Farrell piegò il ginocchio e passò la mano guantata sul petto e nella cavità toracica del primo cadavere: la carne era congelata, al pari del sangue che cadde via in una nera pioggerella di ghiaccio. «E non c’era segno dei crucimorfi?»
Il governatore Clare Palo scosse la testa. «Non nei due cadaveri che la Guardia nazionale ha riportato per la risurrezione. Nessun segno di crucimorfi, da nessuna parte. Se ci fosse stato anche solo un residuo… un millimetro di nodulo o un frammento di fibra nel gambo cerebrale o…»
«Lo sappiamo!» sbottò il Grande Inquisitore, ponendo fine alla spiegazione.
«Strano davvero» disse il vescovo Erdle, l’esperto del Sant’Uffizio in tecniche di risurrezione. «Che io sappia, non si è mai dato il caso che in un cadavere praticamente intatto non sia stato possibile trovare un residuo del crucimorfo. Il governatore Palo ha ragione, naturalmente. Per il sacramento della risurrezione basta anche un minimo brandello.»
Il Grande Inquisitore si fermò a ispezionare un cadavere che era stato scagliato contro una cancellata di ferro, con tanta forza da finire impalato in una decina di punte. «Si direbbe che lo Shrike cercasse i crucimorfi» commentò. «Ha tolto dai cadaveri fino all’ultimo frammento.»
«Impossibile» disse il vescovo Erdle. «Semplicemente impossibile. Ci sono più di cinquecento metri di microfibra nelle estensioni dei noduli cellulari del…»
«Impossibile» convenne il Grande Inquisitore. «Ma scommetto che, quando avremo spedito su Pacem questi cadaveri, non uno di essi sarà ricuperato. Lo Shrike avrà anche lacerato cuore e polmoni e gola, ma solo perché cercava i crucimorfi.»
Il comandante della sicurezza Browning girò l’angolo, seguito da cinque agenti in armatura nera. "Eccellenza" disse sul canale tattico riservato soltanto al Grande Inquisitore "il peggio è a un isolato da qui… da questa parte."
Il gruppo seguì l’uomo in armatura nera, ma lentamente, senza molta voglia.
Catalogarono 362 cadaveri. Molti erano nelle vie, ma per la maggior parte si trovavano negli edifici della città o nei capannoni, negli hangar e nei velivoli spaziali del nuovo spazioporto alla periferia di Arafat-kaffiyeh. Furono scattati ologrammi e le squadre di medicina legale del Sant’Uffizio presero in mano la faccenda e registrarono ogni sito, prima di portare i cadaveri alla morgue della base della Pax, fuori di San Malachia. Fu accertato che tutti i cadaveri erano di persone nate su altri pianeti: tra di loro non c’erano palestinesi né indigeni marziani.
Ma fu soprattutto lo spazioporto a incuriosire e lasciare perplessi gli esperti della Pax.
«Otto navette al servizio dello spazioporto» disse il maggiore Piet. «È un numero notevole. Lo spazioporto di San Malachia ne usa solo due.» Diede un’occhiata al violaceo cielo marziano. «Presumendo che le navi interessate al traffico avessero le proprie navette… almeno due, se erano carghi… allora siamo di fronte a una organizzazione notevole.»
Il Grande Inquisitore guardò l’arcivescovo di Marte, ma Robeson si limitò ad alzare le mani. «Non sappiamo niente di queste operazioni» disse. «Come ho già spiegato, era un progetto dell’Opus Dei.»
«Be’» disse il Grande Inquisitore «per quanto ci risulta, tutto il personale dell’Opus Dei è morto, della vera morte, e non è ricuperabile; perciò adesso la responsabilità passa al Sant’Uffizio. Ha idea dello scopo per cui hanno costruito questo spazioporto? Metalli pesanti, forse? Operazioni minerarie di qualche genere?»
Il governatore Clare Palo scosse la testa. «Questo pianeta è stato sfruttato per più di mille anni. Non vi rimangono metalli pesanti che valgano il costo del trasporto. Nemmeno minerali che valgano le spese di una operazione di ricupero da parte di imprese locali, altro che da parte dell’Opus Dei.»