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«… dove pregheremo e mediteremo per alcuni giorni, mentre comporremo la nostra prossima enciclica» continuò il papa. «Sarà intitolata Redemptor hominis e sarà il più importante documento del nostro periodo come pastore della nostra Santa Madre Chiesa.»

Il Grande Inquisitore chinò la testa. "Redentore dell’umanità" pensò. "Potrebbe riguardare qualsiasi cosa."

Quando il cardinale Mustafa rialzò lo sguardo, Sua Santità sorrideva come se gli avesse letto nel pensiero. «Riguarderà il nostro sacro obbligo di mantenere umana l’umanità, Domenico» disse. «Estenderà, chiarirà e allargherà quella che è nota come la nostra enciclica della crociata. Definirà il desiderio… no, il comandamento… di Nostro Signore: che l’umanità conservi forma e aspetto umani, che non sia profanata da deliberate mutazioni e mutilazioni.»

«La soluzione finale del problema Ouster» mormorò il cardinale Lourdusamy.

Sua Santità annuì con impazienza. «Questo e altro. Redemptor hominis guarderà al ruolo della Chiesa nel definire il futuro, miei cari. In un certo senso, stabilirà un programma per i prossimi mille anni.»

"Madre misericordiosa!" pensò il Grande Inquisitore.

«La Pax è stata un utile strumento» continuò il Santo Padre «ma nei giorni e mesi e anni a venire porremo le basi del modo in cui la Chiesa diventerà più attiva nella vita quotidiana di tutti i cristiani.»

"Mettendo sotto un controllo più ferreo i mondi della Pax" interpretò il Grande Inquisitore, di nuovo a occhi bassi, pensieroso e attento alle parole del papa. "Ma come… con quale meccanismo?"

Papa Urbano XVI sorrise di nuovo. Il cardinale Mustafa notò, non per la prima volta, che i sorrisi del Santo Padre non arrivavano mai agli occhi, sofferenti e guardinghi. «Alla pubblicazione dell’enciclica» disse Sua Santità «potrete percepire con maggiore chiarezza il ruolo che prevediamo per il Sant’Uffizio, per il nostro servizio diplomatico e per enti e istituzioni sottoutilizzati come l’Opus Dei, la Commissione pontificia per la giustizia e la pace e il Cor unum.»

Il Grande Inquisitore cercò di nascondere la sorpresa. "Cor unum?" si stupì. La Commissione pontificia, ufficialmente nota come Pontificum consilium "Cor unum" de humana et christiana progressione fovenda, per secoli era stata poco più che un comitato privo di poteri. Mustafa dovette sforzarsi per ricordare chi ne era presidente… il cardinale Du Noyer, gli pareva. Una burocrate secondaria del Vaticano. Una donna anziana che in precedenza non aveva mai figurato nella politica vaticana. "Ma che diavolo succede?" si domandò.

«Viviamo in tempi interessanti» commentò il cardinale Lourdusamy.

«Davvero» disse il Grande Inquisitore, ricordando l’antica maledizione cinese.

Il papa riprese a camminare e i quattro si affrettarono per stargli al passo. Dal campo di contenimento giunse un refolo di vento che agitò i fiori dorati di una santaquercia potata e sagomata.

«La nostra nuova enciclica tratterà anche il crescente problema dell’usura nella nostra nuova era» disse Sua Santità.

"Usura?" pensò il Grande Inquisitore. "Per tre secoli la Chiesa è stata severissima nel regolare il commercio della Pax civile e della Mercatoria — non si voleva né si permetteva il ritorno all’epoca del capitalismo puro — ma la mano di controllo è stata leggera. E questa una mossa per consolidare sotto il controllo della Chiesa tutta la vita politica ed economica? Giulio… Urbano… farebbe solo adesso la mossa di abolire l’autonomia civile della Pax e la libertà di commercio della Mercatoria? E quale sarà la posizione dei militari?"

Sua Santità si soffermò accanto a un magnifico cespuglio di fiori bianchi e di foglie azzurro vivo. «La nostra genziana illirica cresce bene, qui» disse piano. «È un regalo dell’arcivescovo Poske di Galabia Pescassus.»

"Usura!" continuò a pensare il Grande Inquisitore, confuso e perplesso. "Pena di scomunica, perdita del crucimorfo, per violazione di stretti controlli di commercio e di guadagno. Intervento diretto del Vaticano. Madre di Cristo…"

«Ma non è per questo che vi ho chiamati qui» disse papa Urbano XVI. «Simon Augustino, saresti così gentile da riferire al cardinale Mustafa l’inquietante informazione che hai ricevuto ieri?»

"Hanno scoperto l’esistenza delle nostre biospie" pensò Mustafa, in preda al panico. Sentiva il cuore battergli forte. "Sanno degli agenti attivi, del tentativo del Sant’Uffizio di mettersi direttamente in contatto col Nucleo, del sondaggio dei cardinali prima dell’elezione, sanno tutto!" Mantenne comunque l’espressione appropriata: attento, interessato, allarmato solo dal punto di vista professionale per l’uso del termine "inquietante" da parte di Sua Santità.

La grande massa del cardinale Lourdusamy parve ergersi. Il basso rombo delle sue parole parve provenire dal petto o dal ventre, non dalla bocca. Dietro di lui, la figura di monsignor Oddi ricordò a Mustafa gli spaventapasseri visti da ragazzo sul suo pianeta d’origine, il mondo agricolo Rinascimento Minore.

«Lo Shrike è ricomparso» disse il cardinale Lourdusamy.

"Lo Shrike? Cosa c’entra con…" La mente di solito molto acuta di Mustafa pareva vacillare, incapace di tenersi al passo con tutti i cambiamenti d’argomento e le rivelazioni. Il Grande Inquisitore sospettava ancora una trappola. Si rese conto che il segretario di Stato aveva fatto una pausa in attesa di un commento e disse piano: «Le autorità militari di Hyperion non possono occuparsi di quel demone, Simon Augustino?»

Lourdusamy scosse la testa, con un tremolio di guance. «Il demone non è ricomparso su Hyperion, Domenico.»

Mustafa si mostrò giustamente sorpreso. "L’interrogatorio del caporale Kee ha rivelato che quel mostro è comparso su Bosco Divino quattro anni standard fa, per sventare l’assassinio della ragazzina Aenea" pensò. "Per saperlo, ho dovuto predisporre la falsa morte e il rapimento di Kee, dopo che l’avevano reintegrato nella Flotta della Pax. Loro lo sanno? E perché me ne parlano ora?" Era sempre in attesa che la metaforica lama gli cadesse sul collo, quello vero.

«Otto giorni standard fa» proseguì Lourdusamy «su Marte è comparsa una creatura mostruosa che poteva essere solo lo Shrike. Il tributo in vite umane, vite irrecuperabili, perché quella creatura strappa alle vittime il crucimorfo, è stato altissimo.»

«Marte» ripeté come uno stupido il cardinale Mustafa. Guardò il Santo Padre per avere spiegazioni, guida, perfino la condanna che temeva; ma il pontefice era intento a esaminare i boccioli di un cespuglio di rose. Padre Farrell mosse un passo avanti, ma il Grande Inquisitore gli indicò di restare al suo posto. «Marte» disse ancora. Da decenni, forse da secoli, non si sentiva così stupido e male informato.

Lourdusamy sorrise. «Sì, uno dei pianeti terraformati nel sistema solare della Vecchia Terra. Prima della Caduta, la Force vi aveva il centro di comando, ma ora quel pianeta è di scarsa utilità e importanza per la Pax. Troppo distante. Non c’è ragione che tu ne conosca l’esistenza, Domenico.»

«So benissimo dove si trova Marte» replicò il Grande Inquisitore, con un tono più secco di quanto non intendesse. «Solo, non capisco come il demone Shrike possa trovarsi lì.» Tra sé soggiunse: "E non capisco, per l’inferno di Dante, che cosa c’entro io, in questa storia".

Lourdusamy annuiva. «È vero che, per quanto ne sappiamo, il demone Shrike non ha mai lasciato Hyperion, prima d’ora. Ma non possono esserci dubbi. Il panico su Marte, il governatore che ha proclamato lo stato d’emergenza e l’arcivescovo Robeson che ha chiesto personalmente aiuto a Sua Santità…»

Il Grande Inquisitore si strofinò la guancia e annuì, preoccupato. «La Flotta della Pax…»

«Elementi della Flotta già presenti nel Vecchio Vicinato sono stati inviati su Marte, naturalmente» disse il segretario di Stato. Il pontefice era chino su un albero bonsai, la mano sui piccoli rami contorti, come se concedesse la benedizione. Pareva non ascoltare.