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Tuttavia la rivoltella e la pistola a fléchettes parevano armi da portare con noi. Non sapevo se le cartucce della .45 avrebbero ancora funzionato, perciò ne portai una sulla loggia, dissi alla nave d’impedire al campo esterno di far rimbalzare il proiettile e premetti il grilletto. Niente. Ricordai che quelle armi avevano la sicura manuale. Trovai la levetta, tolsi la sicura e riprovai. Diomio, che botto! Le cartucce erano ancora buone. Misi nella fondina la rivoltella e me l’agganciai alla cintura. Pareva al posto giusto. Certo, sparata l’ultima cartuccia la rivoltella sarebbe diventata inutile, a meno che non trovassi un club di armi antiche che fabbricasse munizioni.

"Non ho in programma di sparare parecchie centinaia di proiettili contro chissà cosa" pensai ironicamente a quel tempo. Se solo avessi saputo!

Più tardi mostrai alla bambina e all’androide la doppietta e la carabina al plasma che avevo scelto, la pistola a fléchettes e la .45. — Se andiamo in giro in posti strani — dissi — dovremmo avere un’arma. — Offrii loro la pistola a fléchettes, ma tutt’e due la rifiutarono. Aenea non voleva armi; l’androide mi fece notare che non avrebbe potuto usare un’arma contro un essere umano e confidava che io fossi nelle vicinanze, se un animale feroce l’avesse assalito.

Brontolai, ma misi da parte la carabina, il fucile e la pistola a fléchettes. — Questa la tengo io — dissi, toccando la .45.

— S’intona al tuo abbigliamento — notò Aenea, con un lieve sorriso.

Stavolta non ci fu la disperata discussione di un piano all’ultimo minuto. Nessuno di noi credeva che la minaccia di autodistruzione avrebbe funzionato di nuovo, se la Pax fosse stata lì ad aspettarci. La discussione più seria sugli eventi futuri ebbe luogo due giorni prima dell’emersione nel sistema di Vettore Rinascimento. Avevamo fatto un buon pasto (A. Bettik aveva preparato filetto di manta fluviale in salsa dolce e dalla cantina della nave avevamo preso una bottiglia d’ottimo vino dei vigneti del Becco) e dopo un’ora di musica, con Aenea al pianoforte e l’androide al flauto (l’aveva portato con sé da Hyperion) ci mettemmo a parlare del nostro futuro.

— Nave, cosa puoi dirci su Vettore Rinascimento? — domandò Aenea.

Seguì la breve pausa che secondo me rivelava un certo imbarazzo. «Mi spiace, signorina Aenea» rispose la nave «ma a parte dati di navigazione e antiquate mappe d’approccio orbitale, purtroppo non ho informazioni su quel pianeta.»

— Io ci sono stato — disse A. Bettik. — Secoli fa, è vero; ma abbiamo tenuto sotto controllo i traffici radiotelevisivi che lo riguardavano.

— E io ne ho sentito parlare da alcuni cacciatori — dissi. — Alcuni fra i più ricchi provengono da Vettore Rinascimento. — Mi rivolsi all’androide. — Comincia tu.

A. Bettik annuì e incrociò le braccia. — Vettore Rinascimento era uno dei mondi più importanti dell’Egemonia — disse. — Molto simile alla Terra, secondo la scala Solmev. Colonizzato dalle prime navi coloniali, interamente urbanizzato ai tempi della Caduta. Famoso per le università, per i centri medici… i trattamenti Poulsen per i cittadini della Rete che potevano permetterseli erano effettuati per la maggior parte lì… per l’architettura barocca, particolarmente bella a Rocca Enable, una fortezza sulle montagne, e per la produzione industriale. Nei suoi cantieri si fabbricava la maggior parte delle navi spaziali della FORCE. Anche questa nave è stata costruita lì… è un prodotto del complesso Mitsubishi-Havcek.

«Davvero?» intervenne la nave. «I dati, se li avevo, sono ormai perduti. Molto interessante.»

Per l’ennesima volta Aenea e io ci scambiammo un’occhiata: una nave che non potesse ricordare il proprio passato né il luogo d’origine non ispirava fiducia, viste le complessità del volo interstellare. "Oh, insomma" pensai per l’ennesima volta "ci ha portati senza errori dentro e fuori del sistema di Parvati."

— Da Vinci è la capitale di Vettore Rinascimento — proseguì A. Bettik. — Ma l’intera massa di terre emerse e buona parte dell’unico oceano sono urbanizzati, per cui c’è poca distinzione fra un centro urbano e l’altro.

— È un attivo mondo della Pax — aggiunsi io. — Uno dei primi a unirsi alla Pax, dopo la Caduta. Ci sono militari a palate: Vettore Rinascimento e Rinascimento M. hanno guarnigioni orbitali e lunari, senza contare le numerose basi planetarie.

— Cos’è Rinascimento M.? — domandò Aenea.

— Rinascimento Minore — spiegò A. Bettik. — Il secondo pianeta dal sole… Vettore Rinascimento è il terzo. Anche Minore è abitato, ma ha una popolazione molto meno numerosa. È un pianeta soprattutto agricolo: enormi fattorie automatizzate ricoprono gran parte del pianeta e riforniscono Vettore. Dopo la Caduta e la scomparsa dei teleporter, tutt’e due i pianeti hanno tratto beneficio da questa situazione; prima che la Pax ristabilisse su basi regolari il commercio interstellare, il sistema Rinascimento era autosufficiente. Vettore fabbricava i prodotti tecnologici; Minore produceva il cibo per i cinque miliardi di persone dell’altro pianeta.

— Qual è adesso la popolazione di Vettore Rinascimento — domandai.

— Credo che sia circa la stessa… cinque miliardi di persone, cento milioni più, cento milioni meno. Come ho detto, la Pax vi arrivò presto e offrì sia il crucimorfo sia il regime di controllo demografico che lo accompagna.

— Hai detto d’esserci stato — dissi all’androide. — Che mondo è?

— Ah — sospirò A. Bettik, con un sorriso triste — sono rimasto per meno di trentasei ore nello spazioporto di Vettore Rinascimento. Ero stato spedito dal pianeta Asquith per colonizzare le nuove terre di re William su Hyperion. Ci svegliarono dal crio-sonno, ma non ci permisero di lasciare la nave. Non ricordo molto, di quel mondo.

— Sono tutti cristiani rinati? — domandò Aenea. Pareva pensierosa, un po’ chiusa in se stessa. Notai che si mangiucchiava di nuovo le unghie.

— Oh, sì — disse A. Bettik. — Quasi tutt’e cinque miliardi, purtroppo.

— E non scherzavo, sulla forte presenza militare della Pax — dissi. — I soldati che addestravano la Guardia Nazionale di Hyperion provenivano da Vettore Rinascimento. Lì è di stanza un’importante guarnigione e il pianeta è il punto di smistamento per la guerra contro gli Ouster.

Aenea annuì, ma pareva sempre turbata.

Decisi di non menare il can per l’aia. — Perché andiamo proprio lì? — domandai.

Aenea mi guardò. I suoi occhi scuri erano molto belli, ma remoti, in quel momento. — Voglio vedere il fiume Teti.

Scossi la testa. — Il fiume Teti era un’applicazione del teleporter, sai. Non esisteva fuori della Rete. O meglio, esisteva come migliaia di piccole sezioni di altri fiumi.

— Lo so. Ma voglio vedere un fiume che fosse parte del Teti ai tempi della Rete. Mia madre me ne parlò. Mi disse che il Teti era simile al Grand Concourse, ma più tranquillo. Lo si poteva navigare da mondo a mondo, per settimane, mesi.

Cercai di non arrabbiarmi. — Sai che in pratica non abbiamo nessuna possibilità di oltrepassare le difese di Vettore Rinascimento — dissi. — E se ci riusciamo, lì non ci sarà il Teti, ma solo quel tratto di fiume che faceva parte del Teti. Come mai è tanto importante vederlo?

Aenea cominciò a scrollare le spalle, si trattenne. — Se ricordi, ho parlato di un architetto con cui devo… voglio… studiare.

— Sì, ma non sai come si chiama né in quale mondo si trova. Allora perché inizi la ricerca da Vettore Rinascimento? Non potremmo almeno guardare su Rinascimento Minore? O evitare tutto il sistema e andare in un pianeta disabitato, Armaghast per esempio?

Aenea scosse la testa. Notai che si era pettinata con cura particolare: le ciocche bionde risaltavano. — Nei miei sogni — disse — uno degli edifici di quell’architetto si trova sul Teti.

— Ci sono centinaia di pianeti su cui scorreva il Teti — dissi, sporgendomi verso di lei perché vedesse che parlavo seriamente. — Non tutti comportano il rischio d’essere catturati o uccisi dalla Pax. Dobbiamo proprio cominciare da Rinascimento?