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— Soppresso? — disse Hunt. — Pensavo invece che se ne sarebbe servito.

Il governatore generale Theo Lane scosse la testa. Sfiorò con sicurezza l'onnicomando e lo skimmer scese a spirale verso il centro di Keats vecchia. — Era peggio che inutile — disse. — Era pericolosa. Non sono rimasto troppo sconvolto, quando la "Terza Combattenti" non è tornata. Appena sono atterrati i fanti della FORCE:terra e i marines, ho disarmato quei criminali della FAD. Erano responsabili della maggior parte dei saccheggi. Ecco laggiù il posto dove faremo colazione e continueremo il discorso.

Lo skimmer si abbassò sul fiume, girò in tondo un'ultima volta e atterrò morbidamente nel cortile di un antico edificio di pietra e di legno e di finestre disegnate con fantasia: da Cicero. Prima che Lane ne dicesse a Hunt il nome, avevo riconosciuto il locale, perché i pellegrini erano passati da lì: l'antico ristorante/bar/albergo si trovava nel cuore di Jacktown e si estendeva su nove piani in quattro edifici, con balconi e banchine e scuri passaggi pedonali di legno weir che scavalcavano da un lato il pigro Hoolie e dall'altro vicoli e vicoletti. Cicero era più antico della faccia di pietra di re Billy il Triste; i séparé bui e le cantine erano stati la vera casa del Console, negli anni di esilio sul pianeta.

Stan Leweski ci accolse sulla porta del cortile. Alto e massiccio, faccia scura e segnata dagli anni come le pareti di pietra di Cicero, Leweski s'identificava col proprio locale, come prima di lui avevano fatto suo padre, suo nonno, suo bisnonno.

— Diavolo! — esclamò il gigante; diede al governatore generale dittatore de facto Theo Lane una manata sulla spalla tanto forte da farlo barcollare. — Stamattina si è alzalo presto, tanto per cambiare, eh? Porta due amici a colazione? Benvenuti da Cicero! — La manona di Stan Leweski inghiottì quella di Hunt e la mia, con una stretta che mi spinse a controllare dita e giunture in cerca di danni. — O è tardi, tempo Rete, per voi? — vociò. — Forse preferite un apertivo o volete cenare?

Leigh Hunt fissò con sospetto il proprietario del locale. — Come la a sapere che veniamo dalla Rete?

Leweski esplose in una risata che fece svolazzare le banderuole segnavento sul colmo del tetto. — Ah! Difficile da dedurre, eh? Venite qui all'alba in compagnia di Theo… pensate che dia a tutti un passaggio fin qui?… e avete abiti di lana quando qui non ci sono pecore. Non siete gente della FORCE e nemmeno pezzi grossi delle piantagioni di fibroplastica… li conosco tutti! Ergo, vi siete teleportati dalla Rete alle navi e siete scesi per un buon boccone. Allora, vi preparo la colazione o aperitivi a volontà?

Theo Lane sospirò. — Trovaci un angolino tranquillo, Stan. Uova al bacon e aringhe in salamoia per me. Signori?

— Solo caffè — disse Hunt.

— Anche per me — confermai. Seguimmo il proprietario nei corridoi, su per brevi scale, giù per rampe di ferro battuto, in altri corridoi. Il locale era più basso, più buio, più pieno di fumo e più caratteristico di quanto non ricordassi dai sogni. Alcuni clienti abituali alzarono gli occhi al nostro passaggio, ma il locale era molto meno affollato. Evidentemente Lane aveva inviato i soldati a buttare fuori gli ultimi barbari della FAD che avevano occupato il locale. Passammo davanti a una finestra alta e stretta: una rapida occhiata a un mezzo corazzato della FORCE:terra fermo nel vicolo mi confermò questa ipotesi; accanto al veicolo oziavano soldati muniti di armi chiaramente cariche.

— Qui — disse Leweski; ci introdusse in una piccola veranda che sovrastava l'Hoolie e guardava sui tetti a due spioventi e sulle torri di pietra di Jacktown. — Dommy arriverà in due minuti a portarvi la colazione e i caffè. — Scomparve in fretta… per uno della sua mole.

Hunt diede un'occhiata al comlog. — Abbiamo quarantacinque minuti, prima che la navetta parta in teoria con noi a bordo. Parliamo pure.

Lane annuì, si tolse gli occhiali, si strofinò gli occhi. Capii che era rimasto alzato per tutta la notte… forse per diverse notti. — Bene — disse, rimettendosi gli occhiali. — Il PFE Gladstone cosa vuole sapere?

Hunt esitò, mentre un uomo assai basso con pelle bianca come pergamena e occhi gialli ci portava i caffè, in tazze spesse e fonde, e metteva davanti a Lane il vassoio con la colazione. — Il PFE vuole sapere quali priorità intende seguire — disse Hunt. — E se è in grado di resistere, nel caso che il combattimento si prolunghi.

Prima di rispondere, Lane terminò il boccone. Bevve un lungo sorso di caffè e fissò Hunt. Dal gusto, era caffè vero, migliore della maggior parte di quello coltivato nella Rete. — Risponderò prima all'ultima domanda — disse Lane. — Si prolunghi quanto?

— Settimane.

— Settimane, probabilmente sì. Mesi, niente da fare. — Il governatore generale assaggiò le aringhe in salamoia. — Vede anche lei lo stato della nostra economia. Se non fosse per le provviste scaricate dalla FORCE, avremmo sommosse per fame ogni giorno, anziché una volta alla settimana. Non ci sono esportazioni, perché siamo in quarantena. Metà dei profughi vuole trovare i sacerdoti del Tempio Shrike e ucciderli; l'altra metà, vuole convertirsi prima che sia lo Shrike a trovare loro.

— Avete trovato i sacerdoti? — domandò Hunt.

— No. Siamo sicuri che sono sopravvissuti alla distruzione del tempio, ma le autorità non riescono a scoprire dove si trovino. Corre voce che siano andati a nord, a Castel Crono, un maniero di pietra che s'innalza sull'arido altopiano delle Tombe del Tempo.

Ne sapevo di più io. Almeno, sapevo che i pellegrini non avevano visto sacerdoti del Tempio Shrike, durante la breve visita a Castel Crono. Ma c'erano segni di massacro.

— In quanto alle nostre priorità — continuò Lane — la prima è l'evacuazione. La seconda è l'eliminazione della minaccia Ouster. La terza è aiuto per il panico provocato dallo Shrike.

Leigh Hunt si appoggiò alla spalliera di legno lucidato, reggendo la tazza piena di caffè fumante. — L'evacuazione non è una possibilità, al momento…

— Perché? — La domanda di Lane parve una scarica di frustalaser.

— Il PFE Gladstone non ha il potere politico, al momento attuale, per convincere il Senato e la Totalità che la Rete può accogliere cinque milioni di profughi…

— Stronzate — disse il governatore generale. — Un numero doppio di turisti invase Patto-Maui, il primo anno dall'ingresso nel Protettorato. E così fu distrutta un'ecologia planetaria assolutamente unica. Mandateci su Armaghast o su un altro mondo desertico, finché la paura della guerra non sia passata.

Hunt scosse la testa. Negli occhi da basset-hound aveva un'aria più triste del solito. — Non c'è solo la questione logistica — disse. — Né solo quella politica. Si tratta…

— Dello Shrike — disse Lane. Tagliò una fettina di bacon. — Lo Shrike è il vero motivo.

— Sì. E timori di una infiltrazione Ouster nelle Rete.

Il governatore generale rise. — Avete paura che, se impiantate qui i teleporter e ci lasciate andare via, un gruppo di Ouster alti tre metri si metta in coda senza che nessuno se ne accorga?

Hunt sorseggiò il caffè. — No — rispose. — Ma la possibilità d'invasione esiste realmente. Ogni teleporter rappresenta un'apertura per entrare nella Rete. La Commissione di Consulenza ci ha messi in guardia.

— E va bene — disse il giovane funzionario, a bocca piena. — Allora procedete all'evacuazione a mezzo nave. Non era questo il compito dell'unità operativa originaria?

— Il compito apparente - precisò Hunt. — Il nostro vero scopo adesso è sconfiggere gli Ouster e poi far entrare Hyperion nella Rete, a tutti gli effetti.

— E la minaccia dello Shrike, allora?

— Sarà… neutralizzata — disse Hunt. Tacque, mentre un gruppetto di persone passava davanti alla veranda.

Alzai gli occhi, cominciai a riportare l'attenzione al tavolino, poi girai di scatto la testa: il gruppetto era ormai fuori vista, lungo il corridoio. — Quello non era Melio Arundez? — dissi, interrompendo il governatore generale.