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Le vie erano illuminate; le strade sopraelevate palpitavano di improvvisi balenii lassù nel cielo; gli occhi delle Cavallette foravano il buio qua e là; i negozi splendevano… e al di sopra non vi era altro che una nera, profonda, opaca infinità.

— Il Sole! Dov’è il Sole?

Poi la prima guardia uscì per la porta girevole e Reich si infilò sotto un portico fiancheggiato da negozi splendenti e affollati. Al di là del portico c’era l’ingresso di un ascensore pneumatico che conduceva alle vie di traffico sopraelevate. Reich vi entrò, salì di settanta piani. Lassù, sporgente da un lato della Torre della Sacramento, c’era un piccolo parcheggio di macchine con una rampa che conduceva al passaggio aereo. Reich gettò qualche sovrana al guardiano e salì su una macchina. Premette semplicemente un pulsante su cui era scritto: In moto. La macchina si avviò. Ai piedi della salita premette a sinistra. Questo era tutto quel che aveva da fare, voltare la macchina a destra o a sinistra, fermarla, avviarla: il resto era automatico. Inoltre, il traffico delle macchine era limitato esclusivamente alle vie di circolazione celeste. Avrebbe potuto passare ore ed ore a circolare lassù, al di sopra della città.

Volgeva lo sguardo ora dietro, al di sopra della spalla, ora al cielo. Non c’era più il Sole… e la gente continuava tranquillamente a farsi gli affari propri come se non ci fosse mai stato. Si sentì tremare. Era forse un’altra idea fissa, come quella dell’occhio solo?

D’improvviso la macchina rallentò e si fermò. Egli si trovò bloccato lassù, a mezza strada tra la Torre della Sacramento e il Chanin Building.

Reich premette energicamente i pulsanti. Nessuna reazione. Scese, sollevò la parte anteriore e ispezionò l’interno. Poi scorse le guardie, laggiù in fondo alla via, dirette verso di lui di corsa, e comprese. Quelle macchine erano azionate da un sistema di trasmissione di energia. Avevano interrotto il passaggio dell’energia, là al parcheggio, e ora stavano per raggiungerlo.

Reich avanzò barcollando, in direzione del Chanin Building. La via, in quel punto, s’infilava entro l’edificio, formando una galleria fiancheggiata da negozi, ristoranti, teatri… ed anche un’agenzia di viaggi. Avrebbe potuto acquistare un biglietto, entrare in un piccolo siluro a un solo posto, e raggiungere in un baleno il più vicino campo d’aviazione. Ci sarebbe voluto un po’ di tempo perché si potesse riorganizzare e poi avrebbe messo su casa a Parigi.

Girò intorno alla pensilina, passò tra le macchine in corsa ed entrò correndo nell’agenzia. Pareva una banca in miniatura. Il banco era stretto, lo sportello a grata, protetto da uno schermo antifurto di materia plastica. Reich gettò alcune monete d’oro sul banco.

— Un biglietto per Parigi — disse. — Tenete il resto.

— Non esiste un luogo che porti questo nome! — gli fu risposto.

Reich cercò di vedere al di là dell’opaco schermo plastico e scorse… minaccioso, muto, in agguato… l’Uomo senza Volto.

Con le tempie che gli battevano, uscì, correndo alla cieca, nel passaggio aereo, fece un debole tentativo per evitare una macchina che sopravveniva, e venne lanciato in un mare di oscurità…

Abolite:

(Mineralogia, cristallografia, geologia e geografia fisica).

Dimenticate:

(Meteorologia, idrologia e sismologia).

Eliminate:

(Paleontologia, stratigrafia e paleogeografia).

Distruggete:…

Qualcuno gli teneva una mano sopra la bocca. Reich aprì gli occhi.

Si trovava in una piccola stanza dalle pareti a piastrelle, una stazione di polizia. Giaceva su un bianco lettino. Intorno a lui vi erano tre poliziotti in uniforme e altri individui non meglio identificati.

Lo sconosciuto gli tolse la mano dalla bocca. — Tutto bene — disse gentilmente. — Sono un medico.

— Siete una telespia? Ho bisogno di consultare una telespia. Ho bisogno che qualcuno scruti dentro il mio cervello per controllare se tutto va bene.

— Che cosa vuole? — chiese un poliziotto.

— Non so. Ha detto: una telespia. — Il medico si volse di nuovo a Reich. — Che cos’è una telespia?

— Un esper. Un lettore del pensiero. Un…

Il dottore sorrise. — Segno di euforia. Molti pazienti si comportano così dopo un incidente. Definiamo questa reazione umore da galera.

— Sentite — disse Reich esasperato. — Mi chiamo Reich. Ben Reich della Sacramento. Mi conoscete. Voglio fare una confessione. Portatemi da Preston Powell.

— Chi è Powell?

— Che cosa volete confessare?

— Ho ucciso Craye D’Courtney il mese scorso. In casa di Marie Beaumont. Voglio dirlo a Powell.

Gli agenti si guardarono l’un l’altro sbalorditi. Uno di essi andò in un angolo e alzò il ricevitore di un telefono di foggia antica. — Capitano? Abbiamo qui un tipo strano. Dice di essere un certo Ben Reich della Sacramento. Sostiene di aver ucciso un tale Craye D’Courtney il mese scorso. — Dopo una pausa, grugnì e riattaccò. — Pazzo — disse.

— Sentite — cominciò Reich.

— Ma sta bene? — chiese il poliziotto al dottore.

— È solo un po’ scosso.

— Sentite! — urlò Reich.

Il poliziotto lo fece drizzare in piedi e lo spinse verso l’uscita. — Non c’è nessun Preston Powell in servizio. Non sappiamo nulla di questo D’Courtney che avreste assassinato. Ora, fuori di qui. — E gettò Reich nella strada.

Reich vacillò, poi riacquistò l’equilibrio e rimase immobile, inebetito, smarrito. Poche luci ardevano per le strade. I passaggi aerei erano avvolti nell’ombra. Qua e là s’intravedevano fosse profonde.

Cominciò ad avanzare barcollando per le vie interrotte, premendosi le mani sullo stomaco.

— Tassì! — gridò. — Tassì! Cavalletta! Dove sono tutti? Tassì!

Non si vedeva nulla.

— Non c’è nessuno che possa udirmi? Sto male. Ho bisogno di aiuto… Devo andare a casa.

Non si vedeva nulla.

Lanciò un gemito acuto. Poi cominciò a canticchiare stancamente, inutilmente. — Otto, amico, cinque, amico, uno, amico! Tira disse Molla… paura, tensione, ansietà cominciano già!

Afferrò il braccio tremante di T8 e lo costrinse a entrare in casa di Marie Beaumont. Camminando chiamava con voce lamentosa: — Ehi, dove siete tutti? Marie?

T8 emise un singhiozzo isterico. Reich lo scosse rudemente. — Fate la vostra parte, su! In cinque minuti saremo fuori di qui. Allora potrete lamentarvi a piacer vostro.

— Se trovano il corpo prima che usciamo, siamo perduti!

— Chi lo può trovare?

— I guardiani.

— Sono fuori dal mondo.

— I servi.

— Non usciranno dalle cucine prima che il gioco sia finito. Vi assicuro io che in cinque minuti saremo al sicuro.

— Ma se c’imbottigliano qui, non riusciremo a rintracciare la ragazza. E…

— Non rimarremo imbottigliati. — Reich spalancò la porta della sala di proiezione.

— Ehi, dove siete tutti?

Nessuna risposta.

Non c’era nessuna porta, non c’era nessuna sala di proiezione. Egli si trovava in Park Mouth 9, a cercare la casa di Marie Beaumont, il luogo della morte di D’Courtney… e Marie Beaumont, cicalante, avvizzita, rassicurante.

C’era una tundra nera, invece. Una strana desolazione. Nulla.

— In nome di Dio! — gridò. — Dov’è ogni cosa? Smettetela di giocare a questo stupido gioco della Sardina! Ritornate indietro! Riempite lo spazio vuoto!

Da lontano, da quelle lande desolate avanzò una figura… si guardò intorno, minacciosa, muta. L’Uomo senza Volto. Reich lo osservò avvicinarsi, paralizzato.

Poi quella figura nebulosa parlò: — Non c’è spazio. Non c’è nulla.

L’urlo che Reich sentiva era la sua voce; quel martellìo incessante il suo cuore. Stava correndo, correndo a precipizio per uno strano sentiero incavato, senza spazio, senza vita, correndo mentre c’era ancora tempo, tempo, tempo…

Si imbatté in una figura d’ombra nera. Una figura senza volto. Una figura che disse: — Non c’è tempo. Non c’è nulla.