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Il giovane e brillante produttore ci ha mostrato un piccolo oggetto di acciaio. "Non lo riconoscerete" ha detto con un sorriso "finché non vedrete Memorie di un Assassino. È l’unico esemplare di pistola francese pieghevole".

Ha premuto un pulsante. Si è udito un curioso schiocco. L’acciaio si è aperto come un fiore, si è vista la punta di uno stiletto, la bocca di una canna da fuoco e quattro pesanti anelli d’acciaio che, come Quinn ha spiegato, avevano una funzione protettiva.

"Un congegno mortale, e sta in un pugno" ha defto Platon con entusiasmo. "Aspettate di essere seduti al vostro posto, alla prima dello spettacolo. Sentirete il coltello penetrarvi nella carne, sentirete il proiettile trapassarvi il cuore. Sentirete tutto l’orrore del pericolo e della passione. È sensazionale. E tutto questo è contenuto nel mio ultimo Panty, Memorie di un Assassino".

Quinn ripiegò la pistola, la ripose nella sua scrivania e ve la dimenticò. Si dimenticò di prenderla con sé anche quando lasciò l’albergo. Ed essa vi rimase, dimenticata da tutti, finché non fu scoperta dall’Uomo Disintegrato.

L’antigravità, altrimenti nota con il nome di nulgee, fu studiata, approfondita e sfruttata. Fece crollare un mondo industriale e ne creò altri cinque. Tra un milione di affaristi emersi dalle rovine come altrettante fenici, chi pensò di avvalersene fu la Fratelli dei Sette Sacramenti, una Compagnia di Trasporti, dotata di un solo autocarro, il cui proprietario e gerente era un tale, figlio unico, di nome Reich; un giovanotto magro, dagli occhi da pesce, le ambizioni smisurate e un’assoluta mancanza di senso sociale.

Anche il Club dello Spazio, che era in gran difficoltà per la raccolta dei fondi comuni, decise di sfruttare l’antigravità. I grandi industriali alzarono le spalle, preferendo lasciare agli sciocchi l’arduo compito di fare da pionieri. Chi si prende la briga di speculare su una semplice probabilità? Che vantaggi commerciali possono derivare dalla possibilità di raggiungere l’ardita distesa della Luna o quelle ghiacciate dei pianeti? Chi si sentiva di spalleggiare le imprese di Cayley, Stringfellow, Haneson, Chanute, Santos-Dumont, i Wright? Tra l’altro erano in corso alcune guerre e gli eserciti combattevano per eliminare l’antigravità in omaggio a nebulose ragioni di sicurezza.

Nel frattempo fece la sua comparsa Alan Courtney. Dopo aver divorziato dalla sua dodicesima moglie, Courtney cominciò a guardarsi attorno in cerca di una nuova terapia per il suo ipertiroidismo. Aveva abbastanza denaro per essere annoiato e ciò bastò a dargli l’idea di costruire un’astronave interplanetaria. Alla stampa annunciò che era sua intenzione ricercare negli spazi stellari una moglie ideale. La stampa non si scompose, e Courtney ne fu seccato. Per dispetto, completò il suo apparecchio e, reso più ardito da una solenne sbornia, partì per la sua avventura.

Non tornò. Nessuno credette alla sua partenza. Cinque anni dopo la gente per lo più si chiedeva: Che cos’è successo a quel marito impenitente di Alan Courtney? E qualcuno rispondeva: Abita a Santa Fe, no? Sposato per la sedicesima o diciassettesima, o ventesima volta.

Anche Glen Tuttle, uno psicopatico inguaribile, e Almedo Zigerra, Joan Turnbul, Fritz Wonchalk, Speeman Van Tuerk, e ancora altri, tutta gente che si sentiva a disagio in questo mondo; incapaci di compromessi sociali, malati d’evasione, se ne andarono dalla Terra a uno a uno, con più o meno clamore e pubblicità. Nessuno ritornò. Il Club dello Spazio accolse con entusiasmo la donazione di 100.000 dollari da parte di un magnate dell’industria dei trasporti, Reich, e annunciò che presto l’uomo avrebbe lasciato la terra per il suo primo viaggio negli spazi. In realtà era cosa già avvenuta.

Varcata la soglia, si trovò nella tranquillità dello studio e si guardò attorno. Era una donna sciatta, sui quarant’anni, appassita, spaventata. Scorse subito l’uomo seduto dietro la scrivania, un giovane coi capelli e gli occhi neri, la pelle bianca e vellutata come quella di Duffi.

— Avanti signora. Accomodatevi.

Aveva una voce bassa, leggermente roca, come se celasse passioni represse.

— Grazie — sedette, faticosamente. Ha l’aria troppo ambigua. L’aria di un ladro. Hanley dice che potrebbe anche essere in regola. Io non ci credo.

— Qual è il vostro nome, signora?

— Il mio nome? Rhoda Rennsaeler, se leggete tra le righe. Sono la signora Nolles, moglie di Thomas Nolles. Il mio nome è Elvira.

— E il vostro problema, signora Nolles?

— Bene, continuo a sentire quelle voci che mi parlano all’orecchio. Così ho pensato che un dottore…

— Non sono un dottore, signora. Cercate di capire. Non esercito la professione del medico. Do solo consigli ai miei amici. Potete chiamarmi semplicemente signore, non dottore, signor Lorry Gart.

Prudente l’amico. Ma te la farò, furfante, non te l’immagini neppure come te la farò.

— Il vostro problema, signora Nolles? — ripeté Gart.

— Si tratta di quelle voci. Mi dicono che io sono Dio. E se non cadi a questa uscita, allora sei più furbo di quanto credessi. Posso pagare la visita. Ho qui dei bigliettoni che te li sogni, tu, maledetto ciarlatano.

—  Forniti dal signor Hannerly?

— Oh no, sono i miei risparmi. Io… — S’interruppe.

Gart annuì e sorrise. — Cominciamo a capire, vero, signora Rennsaeler?

Ma non l’ho mai detto. Mai!

— No, naturalmente. E non avete neppure detto il vostro nome. Cerchiamo di essere pratici, signora Rennsaeler. Io non sono un ciarlatano. Voi non mi smaschererete. Anzi dimenticherete questo episodio.

Ma che cosa siete in nome di Dio?

— Un divinatore di pensiero, un uomo dotato di facoltà telepatiche, un Esper. Posseggo la facoltà della percezione extrasensoriale, signora Rennsaeler. Extra-Sensoriale PERcezione. ESP.

Il cane! Vede tutto quello che mi passa per la mente. Smettila di pensare! Perché non posso smettere di pensare? Lui mi ascolta. Come uno che spii dal buco di una serratura. Che spii senza essere visto. Lui…

— Signora Rennsaeler, smettetela! — Gart parlò aspramente. Si alzò e girando attorno alla scrivania si accostò alla donna. — Ascoltatemi, non abbiate paura. Avete l’impressione che la vostra più segreta intimità sia violata, e questo vi rende ostile. Ma non c’è niente di cui dobbiate vergognarvi, signora Rennsaeler. Nel chiuso della nostra mente siamo tutti uguali. Tutti, indistintamente. Lo so. L’ho scoperto con la mia esperienza personale.

Lei lo guardò fisso, spaventata.

— Credetemi. — Scosse la testa e fece una smorfia penosa. — Volete che vi racconti le mie vergogne, le mie paure segrete, i miei vizi e i miei orrori? Vogliamo sentirci fratelli oltre la soglia della coscienza? Mio padre era un criminale. Galen Gart junior, un ricattatore, un truffatore, un uomo che leggeva il pensiero e di questo si serviva per eliminare le persone. Fu ucciso. Io possiedo le stesse qualità, la sua stessa capacità di leggere il pensiero, non molto a fondo, ma con una certa esattezza. Da qui nascono le mie tentazioni, tentazioni suscitate dall’avidità, dal subdolo odio per la società, dall’istinto di sbalordire e distruggere la gente, dall’istinto malsano di distruggere me stesso.

— Non capisco. — La donna scosse la testa.

— Sto denudandomi psicologicamente per voi, signora Rennsaeler. È la mia unica difesa contro la vostra ostilità. Spero che voi possiate aiutarmi a divenire qualcosa di meglio di un illusionista da strapazzo. Vi intendete di rapporti sociali?

— No — disse lei. — No. Sono venuta qui per smascherare un volgare ciarlatano. Io…

— Ascoltatemi. Io mi servo della mia eccezionale facoltà per aiutare le persone confuse e smarrite. Vengono qui da me degli strani malati, quelli che non sanno scoprire i loro stessi problemi. Io li aiuto in un solo modo: a indovinare i loro problemi. Mentre parlano io seguo il flusso dei loro pensieri. Mentre si agitano e si confondono, ricostruisco punto per punto il loro caso, dico loro di che crisi soffrono. La delineo chiaramente davanti ai loro occhi. È come se avvolgessi il loro problema individuale in un bel pacchetto e lo consegnassi nelle loro stesse mani. Possono portarlo al più vicino psicanalista per averne la soluzione, benché generalmente non sia affatto necessario.