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Era… no, non era grassa, tutt’altro, era formosa, un’aggettivo che Shadow non aveva mai avuto occasione di usare. I capelli così chiari che sembravano bianchi erano legati in trecce biondo platino come facevano certe star del cinema muto; portava un rossetto cremisi e dimostrava un’età indefinibile tra i venticinque e i cinquant’anni.

Quando la raggiunsero si stava servendo da un piatto di uova in salsa piccante. Alzò gli occhi, appoggiò l’uovo che aveva scelto e si pulì la mano. «Ciao, vecchio impostore» disse a Wednesday con un sorriso, e lui le fece un profondo inchino con baciamano.

«Sei divina» disse.

«E come diavolo dovrei essere?» rispose lei con dolcezza. «Comunque sei un bugiardo. New Orleans è stata un errore: ho messo su almeno quindici chili. Giuro. Ho capito che me ne dovevo andare il giorno in cui ho cominciato a camminare ondeggiando. Adesso, ci crederesti che quando cammino mi si sfregano le cosce?» L’ultima frase era stata rivolta a Shadow che non avendo idea di cosa rispondere arrossì violentemente. La donna rise contenta. «Sta arrossendo! Wednesday, mio caro, mi hai portato un giovanotto che diventa rosso. Che carino da parte tua! Come si chiama?»

«Lui è Shadow» disse Wednesday che sembrava trovare divertente il suo disagio. «Shadow, di’ ciao a Easter.»

Shadow borbottò qualcosa che poteva suonare come un saluto e la donna gli sorrise di nuovo. Gli sembrava di essere abbagliato dalle luci intermittenti che i bracconieri usano per paralizzare i cervi prima di sparare. Dal punto in cui si trovava sentiva il profumo della sua pelle, una miscela di gelsomino, caprifoglio e latte dolce che lo stordiva.

«Allora, come vanno le cose?» chiese Wednesday.

La donna — Easter — rispose con una risata profonda e gioiosa, di gola. Come si faceva a non trovare adorabile una donna che rideva in quel modo? «Va tutto bene. E tu, vecchio lupo?»

«Speravo di poter contare sul tuo aiuto.»

«Perdi il tuo tempo.»

«Prima di liquidarmi prestami ascolto almeno un momento.»

«È inutile. Risparmia il fiato.»

La donna guardò Shadow. «Siediti, prego, e serviti quello che vuoi. Ecco qui un piatto, riempilo per bene. E tutto squisito. Uova, pollo arrosto, pollo al curry, insalata di pollo, e là c’è il lapin — coniglio, in effetti, freddo è delizioso, e in quella ciotola lo stufato di lepre — vuoi che te lo prepari io?» Cominciò a riempirgli un piatto di plastica e glielo porse. Poi guardò Wednesday. «Vuoi mangiare?»

«Ai tuoi ordini, mia cara» rispose lui.

«Tu» disse la donna «sei così pieno di merda che mi stupisco che gli occhi non ti diventino marroni.» Gli passò un piatto vuoto. «Serviti da solo.»

Il sole del pomeriggio alle sue spalle le aveva trasformato i capelli in un’aura color platino. «Shadow» disse addentando con gusto una coscia di pollo. «Che bel nome. Perché ti chiamano così?»

Shadow si passò la lingua sulle labbra secche. «Quand’ero bambino mia madre e io eravamo, cioè lei era, una specie di segretaria e lavorava per varie ambasciate, ci spostavamo da una città all’altra dell’Europa settentrionale. Poi si è ammalata ed è andata in pensione presto, così siamo tornati negli Stati Uniti. Non avevo mai niente da dire agli altri ragazzi, seguivo gli adulti in silenzio come un’ombra. Avevo bisogno di compagnia, credo. Non saprei. Ero un bambino minuto.»

«Sei cresciuto» disse lei.

«Sì. Sono diventato grande.»

La donna si voltò verso Wednesday che si stava servendo senza complimenti da una ciotola di gombo freddo. «È questo il ragazzo che ha messo tutti in agitazione?»

«Hai saputo anche tu?»

«Tengo le orecchie aperte.» Poi, rivolta a Shadow: «Sta’ alla larga dai guai. Ci sono troppe società segrete da queste parti, senza lealtà e senza amore. Commerciali, indipendenti, governative, sono tutte nella stessa barca. Si va da quelle a malapena competenti a quelle terribilmente pericolose. Ehi, vecchio lupo, l’altro giorno ho sentito una barzelletta che ti piacerebbe. Come si fa a sapere che la Cia non era coinvolta nell’assassinio di Kennedy?».

«L’ho già sentita» rispose Wednesday.

«Peccato.» Rivolse di nuovo l’attenzione a Shadow. «Ma gli spioni che hai incontrato tu sono un’altra faccenda. Loro esistono perché tutti pensano che debbano esistere.» Finì il contenuto di un bicchiere di carta, vino bianco, dal colore, e si alzò in piedi. «Shadow è un bel nome. Voglio un mochaccino. Venite con me.»

Si allontanò. «E il cibo?» chiese Wednesday. «Non puoi lasciare tutto qui.»

Lei gli sorrise, indicò la ragazzina seduta accanto al cane e poi fece il gesto di abbracciare Haight Street e il mondo intero. «Lascia che tutti si nutrano» disse, e proseguì seguita dai due uomini.

«Ricordati» disse a Wednesday, «io sono ricca. Me la passo benone. Perché mai ti dovrei aiutare?»

«Perché sei una di noi. Dimenticata e senza amore esattamente come noi. È piuttosto evidente da quale parte dovresti stare.»

Raggiunsero un bar con i tavolini all’aperto, entrarono e presero posto. C’era una cameriera che sfoggiava un anellino al sopracciglio come un segno di casta e, dietro il banco, una donna che faceva i caffè. La cameriera li accolse con un sorriso finto e prese le ordinazioni.

Easter appoggiò la mano affusolata sul dorso di quella grigia e squadrata di Wednesday. «Ti assicuro che me la cavo. Durante i giorni della mia festa mangiano ancora uova e coniglio, dolciumi e carne, che rappresentano rinascita e accoppiamento. Infilano fiori freschi sul cappellino e li scambiano tra loro. Lo fanno nel mio nome. Sempre più numerosi ogni anno. Nel mio nome, vecchio lupo.»

«E tu diventi ricca e grassa con la loro adorazione e il loro amore?» chiese lui seccamente.

«Non fare lo stronzo.» All’improvviso il suo tono suonò stanco. Sorseggiò il mochaccino.

«È una domanda seria, mia cara. Convengo certamente con te che molti milioni di persone si scambiano doni in tuo nome, e che ancora praticano i riti della tua festa, compresa la caccia alle uova nascoste. Ma quanti di loro sanno chi sei? Dimmelo! Mi scusi, signorina» disse alla cameriera.

«Vuole un altro espresso?»

«No, cara. Mi stavo soltanto domandando se lei non potrebbe risolvere una piccola questione. La mia amica e io non ci troviamo d’accordo sul significato della parola "Easter". Lei lo conosce, per caso?»

La ragazza lo guardò come se dalla bocca gli uscissero rospi verdi. Poi disse: «Non so niente di queste storie cristiane. Io sono pagana».

La donna dietro il banco si intromise: «Credo che voglia dire "Cristo è risorto" o qualcosa del genere in latino».

«Davvero?» disse Wednesday.

«Sì, certo» ribatté la donna. «Easter. Come il sole che sorge a est.»

«Il figlio risorto. Chiaro… una supposizione logica.» La donna sorrise e riprese a macinare il caffè. Wednesday guardò la cameriera. «Credo che prenderò un altro espresso, se non le spiace. E mi dica, in quanto pagana lei che cosa venera?»

«Venero?»

«Esatto. Immagino che le possibilità siano piuttosto ampie. Dunque a chi è dedicato il suo altare domestico? A chi si inchina? Davanti a chi prega all’alba e al tramonto?»

La ragazza fece parecchie smorfie con la bocca prima di dire: «Il principio femminile. È una maniera di acquisire potere. Lo sapeva?».

«Certamente. E ha un nome, questo principio femminile?»

«È la dea che c’è dentro ogni donna» rispose la ragazza con l’anello al sopracciglio e le guance soffuse di rossore. «Non ha bisogno di un nome.»

«Ah» esclamò Wednesday con una smorfia scimmiesca, «e fate in suo onore grandissimi baccanali? Bevete vino inebriante sotto la luna piena mentre nei candelabri bruciano ceri scarlatti? Vi immergete nude nell’acqua alzando estatiche inni alla vostra divinità senza nome mentre le onde vi lambiscono le gambe, su su fino alle cosce come lingue di mille leopardi?»

«Lei mi sta prendendo in giro» disse la ragazza. «Non facciamo niente del genere.» Inspirò profondamente. Shadow sospettò che stesse contando fino a dieci. «Volete altri caffè? Un altro mochaccino per lei, signora?» Adesso sfoderava lo stesso sorriso con il quale li aveva accolti.