«La violenza si scatenerebbe solo contro le fazioni anti-Ekumene.»

«Ma non approveranno lo stesso. E se scoprono che sono viva s'incazzano a morte con la gente che ha dichiarato che sono morta bruciata. Il nostro problema è come riuscire a parlarci. Io ero la sola persona che rappresentava l'Ekumene nel Gatay. Chi potrebbe essere un canale sicuro?»

«Tutti i miei uomini. Ma…»

«Saranno stati rispediti indietro. Perché tenere guardie dell'ambasciata qui quando l'inviato è morto e sepolto? Suppongo che potremmo provare. O meglio, chiedi ai ragazzi di provare.» Aggiunse poi ansiosa, «Non credo che ci facciano semplicemente andare via… camuffati. Sarebbe la cosa più sicura per loro.»

«C'è un oceano di mezzo,» disse Teyeo.

Solly si colpì la testa. «Oh, perché non ci portano un po' d'acqua?» La sua voce era come un rumore di carta che striscia su carta. Teyeo si vergognava della propria rabbia, del suo dolore, di se stesso. Le avrebbe voluto dire che anche lei era stata un aiuto e una speranza per lui, che anche lui la stimava, e che era coraggiosa oltre ogni immaginazione, ma nessuna di quelle parole uscì. Si sentiva vuoto, sfinito. Si sentiva vecchio. Se solo avessero portato dell'acqua!

Finalmente l'acqua fu portata. Un po' di cibo, non molto e nemmeno fresco. Chiaramente i loro rapitori erano alla macchia e in ristrettezze. Il portavoce – disse di chiamarsi Kergat, Libertà in gatayano – gli riferì che interi quartieri erano stati spazzati via, bruciati, che le truppe del Voe Deo avevano assunto il controllo della maggior parte della città incluso il palazzo, e che quasi nessuna di queste notizie veniva riferita in rete. «Quando tutto sarà finito, il Voe Deo dominerà il mio paese,» concluse con rabbia incredula.

«Non per molto,» disse Teyeo.

«Chi può sconfiggerli?» chiese il giovane.

«Yeowe, l'idea di Yeowe.»

Sia Kergat che Solly lo guardarono strabiliati.

«La rivoluzione,» aggiunse Teyeo. «Quanto tempo passerà prima che Werel diventi una nuova Yeowe?»

«Le proprietà, vuoi dire?» chiese Kergat, come se Teyeo avesse suggerito una rivolta di mucche o di mosche. «Non si organizzeranno mai.»

«Attenti a quando lo faranno,» disse Teyeo, sereno.

«Non avete delle proprietà nel vostro gruppo?» chiese stupita Solly a Kergat. Lui non si preoccupò di rispondere. L'aveva classificata come una proprietà. Teyeo se ne era accorto e lo capiva. Era capitato anche a lui nell'altra vita, quando tali distinzioni avevano senso.

«La tua schiava Rewe,» chiese allora a Solly. «Era un'amica?»

«Sì,» disse Solly. «No, in realtà ero io che volevo che lo fosse.»

«Il makil?»

Dopo una pausa, Solly rispose, «Penso di sì».

«È ancora qui?»

Solly scosse la testa. «La compagnia doveva partire in tournée alcuni giorni dopo la festa.»

«Il permesso di viaggiare è stato revocato quel giorno stesso,» disse Kergat. «Possono viaggiare solo i funzionari e le truppe.»

«Lui è del Voe Deo. Se è ancora qui, probabilmente lo rispediranno a casa con la sua compagnia. Cerca di contattarlo, Kergat.»

«Un makil?» chiese il giovane, con disgusto e incredulità. «Uno dei vostri pagliacci omosessuali del Voe Deo?»

Teyeo lanciò un'occhiata a Solly: pazienza, pazienza.

«Attori bisessuali,» disse Solly senza curarsi di lui, ma fortunatamente Kergat era determinato a non curarsi di lei.

«Un uomo intelligente,» disse Teyeo, «con molti agganci. Ci potrebbe aiutare. Noi e voi. Ne potrebbe valere la pena. Se è ancora qui. Dobbiamo fare in fretta.»

«Perché ci dovrebbe aiutare? È del Voe Deo.»

«Ma non è un cittadino, è una proprietà,» disse Teyeo, «e un membro dell'Hame, la setta delle proprietà che lavora contro il governo del Voe Deo. L'Ekumene ammette la legittimità dell'Hame. Lui potrebbe riferire all'ambasciata che un gruppo patriota ha salvato il Nunzio e la sta tenendo nascosta, con suo estremo pericolo. L'Ekumene agirà di conseguenza e con decisione, almeno penso. Vero, inviato?»

Improvvisamente chiamata in causa, Solly fece un cenno secco, dignitoso. «Ma in modo discreto,» disse. «Eviteranno la violenza se solo possono usare la coercizione politica.»

Il giovane stava cercando di capire tutto e di assimilare. Comprensivo nei confronti della stanchezza di quell'uomo, della sua diffidenza e confusione, Teyeo rimase seduto, in silenzio, ad aspettare. Notò che Solly se ne stava ugualmente in silenzio, con una mano nel palmo dell'altra. Era magra e sporca e i suoi capelli unti erano raccolti in una treccia sparuta. Era coraggiosa, come una puledra spavalda, tutta nervi. Si sarebbe spaccata il cuore piuttosto che mollare.

Kerget fece delle domande, Teyeo gli rispose saggiamente, rassicurandolo. Ogni tanto Solly interveniva e Kergat ora la ascoltava di nuovo, ma a stento, svogliato, visto come l'aveva chiamata. Alla fine se ne andò, senza dire quello che aveva intenzione di dire. Ma aveva il nome di Batikam e un messaggio in codice da parte di Teyeo per l'ambasciata. «Veot a mezza paga imparano a cantare vecchie canzoni velocemente.»

«Che diavolo!» esclamò Solly appena Kergat se ne andò.

«Conoscevi un uomo chiamato Vecchia Musica, all'ambasciata?»

«Ah, è un amico tuo?»

«È stato molto gentile.»

«È qui su Werel sin dal principio. Un primo osservatore. Un uomo abbastanza potente, sì. E "velocemente", pure… La mia mente non sta funzionando come dovrebbe. Vorrei soltanto distendermi accanto a un ruscello in un prato e bere tutto il giorno, capisci? Ogni volta che lo desidero. Allungare il collo e slurp, slurp, slurp, acqua corrente… Sotto il sole… Oh Dio, Dio mio, il sole. Teyeo, è molto difficile, è più difficile di tutto il resto. Pensare che ci può essere veramente un modo per uscire di qui. Solo non saperlo. Cercando di non sperare e non disperare. Oh, sono così stanca di starmene seduta qui.»

«Che ore sono?»

«Le venti e trenta. Sera. Buio, fuori. Dio mio, il buio. Soltanto il buio. Non c'è un modo per coprire quel dannato lume, anche parzialmente, per fare finta di avere una notte, così possiamo fingere anche di avere un giorno?»

«Se ti metti in piedi sulle mie spalle forse ci arrivi, ma come facciamo ad attaccarci un telo?»

Rifletterono, fissando la lampada.

«Non so. Hai notato che c'è un pezzettino che sembra stia perdendo energia? Forse non dobbiamo più preoccuparci di fare buio se stiamo qui abbastanza a lungo, Dio mio.»

«Bene,» disse lui dopo una lunga pausa, stranamente imbarazzato. «Sono stanco.» Si alzò, si stirò, chiese con un'occhiata il permesso di entrare nel territorio di lei, bevve un sorso d'acqua, tornò nel suo territorio, si tolse la giacca e le scarpe, e a quel punto lei si era già girata, poi si tolse i pantaloni e si sdraiò. Si coprì con la coperta e disse fra sé e sé, «Signore, Kamye, lascia che tenga stretta l'unica cosa nobile.» Ma non riuscì a dormire.

Sentiva i più piccoli movimenti della compagna. Solly pisciò, si versò un po' d'acqua, si tolse i sandali e si sdraiò.

Una lunga pausa.

«Teyeo.»

«Sì?»

«Pensi che sarebbe uno sbaglio, date le circostanze, fare l'amore?»

Una pausa.

«No, date le circostanze…» rispose lui quasi in modo impercettibile «Ma nell'altra vita…»

Pausa.

«Vita breve contro vita lunga,» mormorò lei.

«Sì.»

Pausa.

«No,» disse lui e si girò verso di lei. «No, è sbagliato.» Si avvicinarono, si strinsero, si avvinghiarono in una fretta cieca, con avidità, con voglia, urlando insieme il nome di Dio nelle loro lingue diverse e poi come animali con una voce senza parole. Si misero l'uno addosso all'altra, sudati, appiccicosi, esausti, eppure rinati, riuniti nella tenerezza del corpo, nell'esplorazione infinita, nella scoperta antica. Nel lungo volo verso il nuovo mondo.

Lui si svegliò lentamente, felice e soddisfatto. Erano abbracciati, il viso di Teyeo era accosto al braccio e al seno di lei. Solly gli stava accarezzando i capelli, il collo e le spalle. Lui rimase sdraiato a lungo, conscio solo di quel ritmo pigro e della freschezza della sua pelle contro il proprio viso, contro la propria mano, contro la propria gamba.