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«Quando pensate che si riprenderà?»

Il medico si girò a fissare il paziente con aria dubbiosa, imitato da Cazaril. Curato e schizzinoso com’era abitualmente, Umegat avrebbe detestato vedersi arruffato, rasato a metà e del tutto inerte. La sua pelle aveva ancora un colore grigiastro che, a causa della sua dorata carnagione roknari, lo faceva somigliare a uno straccio sporco, e il respiro era affaticato, il che non era un buon segno. Sul campo, Cazaril aveva visto uomini nelle sue condizioni riprendersi e guarire, ma ne aveva anche visti molti altri morire.

«Non sono in grado di dirlo», replicò infine il medico, con una diagnosi che corrispondeva a quella di Cazaril.

«Allora lasciateci soli. Per ora, provvederà l’Accolita a vegliarlo.»

«Sì, Vostra Reverenza», annuì il medico, inchinandosi, poi prese i suoi strumenti e, rivolta alla levatrice, ordinò: «Mandami a chiamare immediatamente se dovesse svegliarsi, o se insorgesse la febbre, o nel caso sia assalito dalle convulsioni».

«Lord dy Palliar, vi ringrazio per il vostro aiuto», disse l’Arcidivino. «Lord Cazaril, per favore, trattenetevi ancora un momento.»

«Non c’è di che, Vostra Reverenza», replicò Palli. Dopo un momento, rendendosi conto che gli era stato chiesto di andarsene, aggiunse: «Ah… Caz, se non hai bisogno di altro…?»

«Per ora no.»

«In tal caso, forse è bene che faccia ritorno alla Casa della Figlia. Se avessi bisogno di qualcosa, mandami a chiamare là, o a Palazzo Yarrin, e ti raggiungerò subito. Inoltre, non dovresti andare in giro da solo», aggiunse, scoccandogli un’occhiata severa, per accertarsi che le sue parole venissero interpretate come un ordine e non come un mero suggerimento. Inchinatosi a sua volta, aprì la porta e lasciò uscire per primo il medico, avviandosi per seguirlo.

Non appena il battente si fu richiuso, Mendenal si girò verso Cazaril, le mani protese in un atteggiamento di supplica. «Lord Cazaril, cosa dobbiamo fare?»

«Per i cinque Dei, voi lo chiedete a me?» esclamò Cazaril.

«Lord Cazaril… Io sono Arcidivino di Cardegoss da appena due anni, e credo di essere stato scelto perché sono un buon amministratore, ma anche per compiacere la mia famiglia, considerato che mio padre e mio fratello sono stati potenti Provincar», replicò l’Arcidivino, con un sorriso contrito. «Sono stato votato all’Ordine del Bastardo quando avevo quattordici anni, con una sostanziosa dote elargita da mio padre per garantire il mio sostentamento e la mia carriera. Da allora, ho servito fedelmente gli Dei per tutta la mia vita, però… essi non mi parlano.» Spostò lo sguardo sulla levatrice dell’Ordine della Madre, con una strana espressione di disperata invidia, benché priva di qualsiasi ostilità. «Quando un uomo devoto ma comune si viene a trovare nella stessa stanza con tre santi, chiede istruzioni e non finge d’impartirne, se gli rimane un po’ di buon senso.»

«Io non sono…» cominciò Cazaril, ma si costrinse a soffocare quella protesta. La definizione teologica della sua condizione non era certo una priorità, in quel momento… Be’, una cosa, però, era certa: se il suo era uno stato di santità, allora gli Dei avevano superato loro stessi nell’inventare forme di dannazione. «Onorevole Accolita… Chiedo scusa, ma ho dimenticato come vi chiamate…»

«Io sono Clara, Lord Cazaril.»

«Accolita Clara», riprese Cazaril, con un accenno d’inchino, «riuscite a scorgere… il bagliore di Umegat? Io non ho mai avuto modo di vederlo quando… Voglio dire, il bagliore scompare se si dorme o si è svenuti?»

«Gli Dei sono con noi quando dormiamo e quando vegliamo, Lord Cazaril», replicò Clara, scuotendo il capo. «Senza dubbio non ho una vista potente quanto la vostra, ma… Sì, il Bastardo ha ritratto la sua presenza dall’Erudito Umegat.»

«Oh, no», sussurrò Mendenal.

«Ne siete certa?» insistette Cazaril. «Non potrebbe trattarsi di un difetto della mia, e della vostra, seconda vista?»

«No», ribatté lei, sussultando leggermente. «Riesco a vedere la vostra luce con la massima chiarezza. L’ho scorta prima ancora che voi varcaste la porta, e adesso mi riesce quasi doloroso restare nella stessa stanza con voi.»

«Questo significa che il miracolo del serraglio è stato infranto?» domandò Mendenal ansiosamente, indicando lo stalliere svenuto. «Che adesso non abbiamo più nessun argine con cui frenare la nera marea della maledizione?»

«Umegat non ospita più il miracolo», replicò Clara, in tono esitante. «Tuttavia non posso sapere se il Bastardo lo ha trasferito presso la volontà di qualcun altro.»

«La sua, magari?» insistette Mendenal, girandosi a fissare Cazaril con aria speranzosa.

L’Accolita fissò Cazaril con espressione accigliata, sollevando una mano verso la fronte come per schermarsi gli occhi.

«Se sono una santa, come mi ha classificata l’Erudito Umegat, sono soltanto una piccola santa domestica. Infatti, se, nel corso degli anni, la tutela di Umegat non avesse acuito le mie percezioni, avrei continuato a credere di essere semplicemente dotata di una fortuna insolita nell’esercizio della mia professione.»

Suo malgrado, Cazaril non poté fare a meno di pensare che, da quando si era venuto a trovare nel labirinto intessuto dagli Dei, la fortuna non era certo stata l’aspetto più saliente delle sue esperienze.

«Peraltro, la Madre si protende per mio tramite solo di tanto in tanto, per poi passare oltre, mentre Lord Cazaril… risplende, fin dalla prima volta che l’ho visto, al funerale di Lord Dondo. Si tratta della luce bianca del Bastardo e del limpido chiarore azzurro della Signora della Primavera, presenti in contemporanea… La costante, vivente presenza di due Dei, è mescolata a un’altra cosa oscura che non riesco a distinguere, ma che Umegat era in grado di vedere con maggiore chiarezza. Se il Bastardo ha aggiunto dell’altro a quanto già c’era, io non sono in grado di stabilirlo.»

L’Arcidivino si toccò la fronte, le labbra, il ventre, l’inguine e il cuore, allargando le dita e fissando Cazaril con espressione quasi avida. «Due Dei… contemporaneamente presenti, in questa stanza!» sussurrò.

Cazaril s’incurvò leggermente in avanti e serrò i pugni, orribilmente consapevole della pressione esercitata contro la sua cintura dal gonfiore che si trovava sotto di essa. «Umegat non vi ha spiegato che cosa ho fatto a Lord Dondo?» domandò. «Avete parlato con Rojeras?»

«Sì, certo, Umegat mi ha informato, e ho parlato anche con Rojeras: è un brav’uomo, ma naturalmente non ha potuto comprendere…»

«Capisce meglio di voi. Io porto nel ventre morte e assassinio, un abominio che, per quanto ne so, sta forse assumendo una forma fisica accanto a quella psichica, generata da un demone e dallo spirito dannato di Dondo dy Jironal. Tutte le notti, lo spettro mi inveisce contro, con la voce di Dondo, usando il suo vocabolario più infimo… e da vivo Dondo aveva un modo di parlare decisamente ignobile. E questo abominio non ha via d’uscita, se non sventrandomi. Non è una cosa santa, è disgustoso!»

Di fronte a quella veemenza, Mendenal indietreggiò di un passo, interdetto.

«Inoltre faccio sogni orribili», proseguì Cazaril, stringendosi la testa fra le mani. «Ho intollerabili fitte di dolore al ventre e sono soggetto a crisi d’ira incontrollabile, tanto che comincio a temere che Dondo mi stia contagiando.»

«Oh, povero me», gemette Mendenal. «Non ne avevo idea, Lord Cazaril. Umegat mi ha detto soltanto che voi eravate un po’ nervoso e spaventato, e che era meglio lasciarvi a lui.»

«Nervoso e spaventato», ripeté Cazaril, con voce opaca. «A proposito, ho accennato agli spettri?» aggiunse. Il fatto che essi gli sembrassero la minore delle sue preoccupazioni doveva certo essere indice di… qualcosa.

«Gli spettri?» gli fece eco Mendenal, perplesso.

«Tutti gli spettri presenti allo Zangre mi seguono in giro per il castello e si raccolgono di notte intorno al mio letto.»