«Non hai mai immaginato la sua identità? Allora o in seguito, intendo?»
«No. A quel tempo, lui… ha dimostrato di avere un notevole sangue freddo, ben più di quanto immaginassi. Come Roya, quel ragazzo non farà fatica a conquistarsi molti seguaci.»
Palli lanciò un’occhiata a Bergon, che cavalcava più avanti, accanto a dy Sould, e si toccò i cinque punti sacri con fare pieno di meraviglia. «Gli Dei sono dalla nostra parte, dunque», commentò. «Come possiamo fallire?»
«Invece il pericolo c’è», sospirò Cazaril, pensando a Ista, a Umegat, allo stalliere muto, alla situazione letale in cui lui stesso si trovava. «E con noi, falliranno anche gli Dei», aggiunse, una cosa di cui non si era mai reso conto prima, almeno non in quei termini. Se non altro, Iselle era al sicuro sotto la protezione di suo zio. In qualità di Erede, avrebbe raccolto intorno a sé molti uomini ambiziosi e avrebbe avuto accanto molte persone, non ultimo lo stesso Bergon, in grado di proteggerla dai nemici. D’altro canto non le sarebbe stato facile trovare consiglieri abbastanza saggi da proteggerla dai supposti amici… Che misure avrebbe potuto prendere lui per proteggere anche Betriz dai rischi che minacciavano il suo futuro? «Hai avuto modo di conoscere meglio Lady Betriz, quando hai accompagnato il corteo funebre a Valenda, e nei giorni successivi?» domandò a Palli.
«Oh, sì.»
«È una splendida ragazza, non credi? Hai conversato con suo padre, Ser dy Ferrej?»
«Sì, un uomo davvero eccellente.»
«Lo penso anch’io.»
«Lady Betriz è molto preoccupata per lui», aggiunse Palli.
«Posso immaginarlo. E dy Ferrej sarà preoccupato per lei, adesso e in futuro. Se tutto andrà per il meglio, Betriz diventerà una favorita della futura Royina e, per un uomo astuto, quel genere d’influenza politica varrà molto di più di una semplice dote in denaro… posto che lui sia abbastanza sveglio da capirlo.»
«Non ci sono dubbi, al riguardo.»
«Betriz è intelligente, piena di energie…»
«E cavalca bene», aggiunse Palli, con aria stranamente distaccata.
«In tal caso, non potresti prenderla in considerazione come futura Marchess dy Palliar?» proseguì Cazaril, cercando di mantenere un tono disinvolto.
«Temo che la mia corte sarebbe vana», replicò Palli, con un accenno di sorriso. «Credo infatti che lei s’interessi a un altro uomo, almeno a giudicare dalle domande che mi ha fatto sul suo conto.»
«Ah? Chi è?» chiese Cazaril, nel vano sforzo di convincersi che l’attenzione di Betriz si fosse appuntata, per esempio, su dy Rinal o su uno degli altri cortigiani di Cardegoss. Sapeva benissimo che si trattava di uomini insignificanti. Tra quei giovani cortigiani, ben pochi disponevano di un patrimonio o di una minima influenza, e nessuno era abbastanza intelligente da costituire un buon partito. Anzi, adesso che ci rifletteva, nessuno era neppure lontanamente alla sua altezza.
«Non posso dirtelo, perché si è trattato di una confidenza, però ritengo che dovresti parlarne con lei, quando arriveremo a Taryoon», sorrise Palli, poi spronò il cavallo per portarsi in testa alla colonna.
Cazaril rifletté sui sottintesi che aveva colto nel sorriso dell’amico e rammentò il cappello di pelo bianco ancora riposto nelle sue sacche da sella. Ormai non nutriva più molti dubbi sul fatto che la donna da lui amata lo ricambiasse… ma purtroppo rimaneva tra loro un impedimento tale da trasformare quella gioiosa sensazione in dolore. Era troppo tardi… lui avrebbe potuto ricambiare la fedeltà di Betriz soltanto col lutto. La sua bara sarebbe stata un giaciglio troppo duro e stretto per poter essere scambiato per un letto nuziale.
Eppure quella consapevolezza gli parve un’inattesa scintilla di speranza: era come trovare un superstite su una nave naufragata o scoprire che, in un campo bruciato, era comunque rimasto vivo un piccolo fiore. D’altro canto, Betriz doveva superare quell’infatuazione nei suoi confronti, e lui avrebbe agito in modo da scoraggiarla. Sulla scia di quelle riflessioni, Cazaril si chiese poi se sarebbe riuscito a farle accettare Palli come marito, presentandola come l’ultima richiesta di un morente.
Si trovavano a circa venti miglia da Taryoon quando incontrarono un grosso contingente di guardie baociane, che disponevano di una lettiga a mano. Ormai troppo sfinito per provare qualcosa di diverso dalla gratitudine, Cazaril si lasciò caricare su di essa senza protestare e riuscì perfino a dormire per un paio d’ore, viaggiando avvolto in un piumino d’oca, con la testa dolorante sorretta da alcuni cuscini. Quando infine si svegliò, rimase comunque sdraiato, osservando il cupo paesaggio invernale scorrergli intorno come in un sogno. Dunque, quello era ciò che si provava nel morire. Adesso che era disteso, la cosa non gli appariva poi tanto sgradevole.
Oh, Dei, lasciatemi vivere abbastanza a lungo da vedere Iselle liberata dalla maledizione, pregò. Sarebbe stata una delle poche cose utili a convincerlo di aver fatto abbastanza, nella propria vita. No, non chiedeva più nulla per sé, se non che gli venisse concesso di finire ciò che aveva avviato, di vedere Iselle sposata e Betriz al sicuro. Se solo gli Dei gli avessero concesso quei due doni, allora avrebbe potuto spegnersi con serenità, appagato.
La colonna oltrepassò le porte della capitale provinciale baociana, Taryoon, un’ora dopo il tramonto. I cittadini incuriositi si raccolsero ai lati delle strade, procedettero accanto ai cavalieri, recando torce per rischiarare la via, oppure si accalcarono sui balconi per assistere al loro passaggio. In tre occasioni, alcune donne gettarono loro dei fiori, che i compagni ibrani di Bergon furono pronti a prendere al volo, dopo un iniziale sussulto d’incertezza, rispondendo poi a quegli omaggi con entusiastici e speranzosi baci, e lasciandosi così alle spalle una scia di mormorii interessati. Giunti in prossimità del centro cittadino, Bergon e i suoi amici, scortati da Palli, vennero indirizzati al palazzo del ricco March dy Huesta, uno dei principali sostenitori del Provincar nonché suo cognato. Le guardie baociane trasportarono invece a passo svelto la lettiga di Cazaril al nuovo palazzo del Provincar, dall’altra parte della strada rispetto alla vecchia, angusta e incombente fortezza.
Tenendo strette le preziose sacche da sella, nelle quali era racchiuso il futuro di due nazioni, Cazaril venne accompagnato dal siniscalco di dy Baocia in una camera da letto ben riscaldata da un fuoco vivace. Il chiarore intenso di numerose candele rivelò due servitori in attesa vicino a una tinozza da bagno, una grande quantità di acqua calda, sapone, forbici, profumi e asciugamani; un terzo servitore sopraggiunse di lì a poco con un vassoio di formaggio bianco dolce, pasticcini alla frutta e un’abbondante teiera di tisana alle erbe. Sul letto era stesa una tenuta da lutto, adatta alla corte e completa di tutto, dalla biancheria pulita alle vesti di broccato e velluto e a una cintura di argento e ametiste. A quanto pareva, qualcuno non voleva correre rischi su come lui si sarebbe abbigliato. La trasformazione da relitto umano, sfinito dal viaggio, ad azzimato cortigiano non richiese più di una ventina di minuti.
Una volta pronto, Cazaril estrasse dalle sporche sacche da sella il pacchetto contenente i documenti, protetti da una tela cerata; dopo aver controllato che non ci fossero macchie di terra o di sangue, eliminò la tela, davvero sudicia, e si sistemò i documenti sotto un braccio. Il siniscalco lo guidò prima attraverso un cortile dove, alla luce delle torce, alcuni operai erano al lavoro per deporre le ultime lastre della pavimentazione in pietra, e poi all’interno di un edificio. Attraversarono una serie di stanze fino ad arrivare a una camera spaziosa, pavimentata in piastrelle e decorata con tappeti e arazzi; candelabri alti quanto un uomo e di elegante fattura reggevano ciascuno cinque candele, il cui intenso chiarore si riversava su Iselle, seduta su un ampio seggio intagliato addossato alla parete opposta, con accanto Betriz e il Provincar, a loro volta abbigliati a lutto.