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— No. Calcoli la rotta più diretta per Rho Ceta.

Vorpatril alzò la testa di scatto, allarmato. — Se gli ordini che ho ricevuto dal Quartier Generale del Settore Cinque significano ciò che pensiamo, non otterrà certo un permesso per andarci. Sarà accolto da fuoco al plasma e missili a fusione appena mette la testa fuori dalla galleria di transito.

— Spiega, Miles — sospirò la voce di Ekaterin.

Miles sorrise brevemente alla familiare nota di esasperazione nella sua voce. — Prima del nostro arrivo, avrò provveduto a ottenere le autorizzazioni dall’Impero cetagandano.

Lo spero. Altrimenti si sarebbero trovati tutti in un guaio più grosso di quanto Miles potesse immaginare. — Barrayar gli sta riportando i loro embrioni haut rapiti. — Chiarì Miles.

— Ah — disse Vorpatril, sollevando le sopracciglia grigie in segno di comprensione.

— Avvisi il pilota del mio corriere di ImpSec. Intendo partire non appena tutto e tutti saranno trasferiti a bordo. E può cominciare subito.

— D’accordo, Milord. — Vorpatril si alzò e uscì dal raggio del video, sostituito da una Ekaterin sorridente.

— Be’, finalmente facciamo progressi — le disse Miles, sperando che quel sorriso fosse di buonumore, e non isterismo represso.

Le labbra di Ekaterin si piegarono in una smorfia, ma i suoi occhi erano affettuosi. — Progressi? Mi chiedo come definiresti un iceberg che si rovescia.

— Niente metafore artiche, per favore. Ho già abbastanza freddo. Se i medici riescono a mettere sotto controllo questa… infestazione durante il viaggio, forse mi permetteranno di ricevere visite.

Comparve un infermiere che prelevò un campione di sangue dal tubo e aggiunse una fleboclisi all’assortimento. Poi si chinò a legare al letto il suo braccio sinistro.

— Ehi — protestò Miles. — Come posso lavorare con una mano legata dietro la schiena?

— Ordini del capitano Clogston, Milord Ispettore. — Con fermezza, l’infermiere finì di bloccargli il braccio. — Procedura standard per il rischio di convulsioni.

Miles strinse le mascelle, innervosito.

— Il tuo apparecchio per sedare le convulsioni è a bordo della Kestrel — osservò pacatamente Ekaterin. — Appena mi trasferiscono nella nostra cabina, te lo faccio portare.

Prudentemente, Miles si limitò a rispondere: — Grazie. Richiamami prima di mandarlo, potrebbe servirmi qualche altra cosa. Fammi sapere quando sarai a bordo.

— Sì, amore. — Si portò le dita alle labbra e poi le sollevò, facendole passare davanti al suo viso. Miles restituì il gesto. Per un attimo provò un senso di vuoto quando la sua immagine scomparve. Quanto tempo sarebbe passato prima che osassero di nuovo toccarsi? E se non fosse stato mai più possibile? Maledizione ho freddo.

L’infermiere se ne andò. Miles si raggomitolò nel letto per riscaldarsi con il calore del suo stesso corpo. Immaginò minuscole biobombe pronte a esplodere dentro di lui: immaginò la decomposizione della sua carne in una melma corrosiva mentre lui ancora la abitava. Aveva bisogno di pensare a qualcos’altro.

Due imperi indignati tra loro, che manovrano per superarsi, ammassando forze letali dietro una dozzina di gallerie di transito, ogni galleria un punto di contatto, conflitto, catastrofe… no, così non era molto meglio.

Mille creature quasi mature, fluttuanti nelle loro cellette, ignare della distanza e dei pericoli che avevano attraversato, e dei rischi ancora a venire… quanto mancava al momento in cui si sarebbero dovuti estrarre dai replicatori? L’immagine di mille neonati strillanti affibbiati a pochi stressati medici militari barrayarani sarebbe quasi riuscita a farlo sorridere, se non fosse stato più propenso a urlare.

Il respiro di Bel, nella cuccetta accanto, era pesante e affaticato.

Velocità. Aveva messo in moto tutti e tutto quel che poteva? Tentò di elencarli nella mente dolorante, perse il filo, riprovò. Da quanto non dormiva? I minuti si trascinavano con lentezza tortuosa. Li immaginava come lumache, centinaia di lumachine con i gusci dipinti con i contrassegni dei clan cetagandani, che passavano in processione, lasciando scie viscose di contaminazione letale… un neonato che gattonava, la piccola Helen Natalia, che gorgogliava e allungava la manina verso una delle graziose, velenose creature, e lui era completamente legato e crivellato di tubi e non poteva far niente per fermarla…

Un segnale del suo comunicatore, grazie a Dio, lo svegliò di soprassalto prima di scoprire dove stesse andando a parare quell’incubo. Però era ancora crivellato di tubi. Che ora era? Stava completamente perdendo il filo. Il suo solito mantra: Avrò tempo di dormire da morto, sembrava appropriato.

Un’immagine si formò sopra la piastra video. — Sigillatrice Greenlaw! Buone o cattive notizie? — Buone. Il suo viso segnato dalle rughe era raggiante di sollievo.

— L’abbiamo trovata — disse. — È stata disinnescata.

Miles esalò un lunghissimo sospiro. — Fantastico. Dove?

— Nell’Auditorium, come ha detto il portomastro. Fissata alla parete nell’alloggiamento di una luce di scena. Sembra effettivamente che sia stata costruita in fretta, ma era comunque diabolicamente astuta. Semplice e astuta. È poco più di un palloncino di plastica sigillato, pieno di una soluzione nutritiva, con una piccola carica, e il suo detonatore elettronico. Il ba l’aveva fissata al muro con del normale nastro adesivo e dipinta con vernice nera opaca. Nessuno l’avrebbe notata in condizioni normali.

— Artigianale, quindi. Fatta sul posto?

— Si direbbe. I componenti elettronici e lo stesso nastro adesivo sono di produzione quad. Corrispondono agli acquisti registrati sulla tessera di credito di Dubauer la sera dopo l’attentato nell’atrio dell’albergo. Tutti i pezzi acquistati sono stati trovati. Sembra che ci fosse solo un ordigno. — Si passò le mani superiori tra i capelli argentati, massaggiandosi stancamente la testa, e serrò gli occhi sottolineati da piccole occhiaie d’ombra.

— Sì… corrisponde a quello che avevo immaginato — disse Miles. — Fino al momento in cui Gupya non è saltato fuori con la sua rivettatrice, il ba evidentemente credeva di averla fatta franca. Soprattutto dopo la morte di Solian. Tutto tranquillo e perfetto. Il suo piano era di attraversare lo Spazio Quad senza lasciare tracce. Prima di quel momento, non avrebbe avuto motivo di costruire una bomba. Ma dopo l’attentato, era in fuga disperata e doveva improvvisare. Una strana preveggenza, però. Non può certo avere progettato di rimanere intrappolato in quel modo sulla Idris.

Greenlaw scosse il capo. — Sicuramente aveva progettato qualcosa. La carica esplosiva aveva due fili collegati al detonatore. Uno per ricevere il segnale del ba, l’altro era un semplice sensore acustico impostato su un livello di decibel abbastanza alto. Quello di un auditorium pieno di applausi, per esempio.

Le mascelle di Miles si serrarono di scatto. — Certo, così avrebbero mascherato il botto dell’esplosivo, mentre l’agente contaminante avrebbe iniettato il massimo numero di persone in una sola volta. — La visione durò solo un attimo, terrificante.

— È quello che anche noi abbiamo pensato. Nello Spazio Quad arriva gente da tutte le altre stazioni per vedere gli spettacoli del Corpo di Ballo Minchenko. Tornando a casa, avrebbero diffuso il contagio per mezzo sistema prima che fosse notato.

— È lo stesso virus? No, non può essere la stessa cosa con cui il ba ha infettato me e Bel.

— Il campione è attualmente in esame. Dovremmo saperlo tra poco.

Quindi il ba aveva preparato la sua biobomba… dopo aver capito che veri agenti cetagandani l’avrebbero inseguito, e si era visto costretto ad abbandonare i replicatori che rappresentavano un’incriminazione definitiva. Ci credo che ha raffazzonato la bomba e l’ha piantata lì in tutta fretta.

Forse era una vendetta contro i quad per tutti i ritardi forzati, che avevano rovinato il suo piano perfetto? Anche secondo Bel, quell’uomo aveva dimostrato di possedere un crudele senso dell’umorismo e un gusto per le strategie alternative. Se il ba non si fosse trovato nei pasticci sull’Idris, avrebbe recuperato l’ordigno, o l’avrebbe semplicemente lasciato dov’era per esplodere comunque? Be’, se nemmeno gli uomini di Miles riuscivano a tirar fuori tutta la storia dal prigioniero, conosceva lui qualcuno che ci sarebbe riuscito, eccome.