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Dirk se ne ricordò e batté gli occhi. «Sì», ammise dopo un breve silenzio. «Credo di aver scritto proprio così. Mi dispiace. Non l’avevo mai capito. Ma adesso sì. È troppo tardi?».

«L’ho già detto. Nei boschi. Troppo tardi, Dirk, è tutto morto. Ci faremmo solo del male se tu insisti».

«Tutto morto? Tu hai detto di aver lasciato qualcosa, qualcosa che è cresciuto. L’hai detto un momento fa. Ti devi convincere, Gwen. Io non voglio farti male, o farmi male. Quello che voglio…».

«Io lo so cosa vuoi. Non può essere. Se ne è andato».

«Perché?», chiese lui. Allungò un dito attraverso il tavolo ed indicò il suo braccialetto. «Per quello? Giada-e-argento nei secoli dei secoli, non è così?».

«Forse», disse lei. Le mancò la voce, come se fosse incerta. «Non lo so. Noi… cioè, io…».

Dirk si ricordò tutte le cose che gli aveva detto Ruark. «So che non è facile parlarne», disse lui dolcemente, con attenzione. «Ed avevo promesso di aspettare. Ma ci sono cose che non possono aspettare. Tu avevi detto che Jaan è tuo marito, giusto? Ma che cos’è Garse? Che cosa significa betheyn.

«Moglie acquisita», disse lei. «Ma tu non capisci. Jaan è diverso dagli altri Kavalari, più forte, più saggio e più modesto. Lui sta facendo cambiare le cose, lui da solo. I vecchi vincoli, di betheyn verso l’altolegato, i nostri vincoli non sono così. Jaan non ci crede in queste cose, come non crede che si debbano cacciare i falsuomini».

«Lui crede in Alto Kavalaan», disse Dirk, «e nel codice del duello. Può darsi che sia atipico, ma è pur sempre un Kavalar».

Era la cosa più sbagliata che potesse dire. Gwen si limitò a ridere e si risollevò. «Pfui», disse. «Adesso mi pari Arkin».

«Davvero? Magari Arkin ha ragione, dopo tutto. Un’altra cosa. Tu dici che Jaan non crede in molte delle vecchie superstizioni, giusto?».

Gwen annuì.

«Bene. Allora, che mi dici di Garse? Non ho avuto molte possibilità per parlargli assieme. Indubbiamente, Garse è ugualmente illuminato».

Lei rimase immobile. «Garse…», cominciò. Si fermò e scosse il capo dubbiosa. «Be’, Garse è più conservatore».

«Sì», disse Dirk. Parve che improvvisamente avesse capito tutto. «Sì, penso che lo sia e questa è una grossa fetta del tuo problema, non è così? Su Alto Kavalaan non si fa uomo e donna. No, là si usa uomo e uomo con magari una donna, ma in questo caso la donna non è tremendamente importante. Tu magari ami, Jaan, ma non te ne importa poi molto di Garse Janacek, non è vero?».

«Sono molto affezionata a…».

«Ma dav-vero?».

Il viso di Gwen si indurì. «Piantala», disse.

La sua voce lo spaventò. Si tirò indietro, improvvisamente e malinconicamente conscio del modo in cui si era quasi sdraiato sul tavolo, pressando Gwen, spingendola, colpendola, attaccandola e tentandola, eppure era venuto per volerle bene e per aiutarla. «Mi dispiace», borbottò.

Silenzio. Lei lo fissava, il labbro inferiore le tremava, mentre cercava di darsi un contegno e di riacquistare forza. «Tu hai ragione», disse lei alla fine. «In parte, per lo meno. Io non sono… ecco… non sono completamente felice con i miei». Fece una risatina ironica, forzata. «Immagino di mentire a me stessa. Pessima idea, mentire a se stessi. Lo fanno tutti, però, chiunque. Io porto la giada-e-argento e mi dico di essere più di una quasi-moglie, più delle altre donne Kavalari. Perché? Solo perché lo dice Jaan? Jaan Vikary è un brav’uomo, Dirk, davvero, sotto molti aspetti è l’uomo migliore che io abbia conosciuto. Lo amavo e forse lo amo ancora. Non lo so. In questo momento sono molto confusa. Ma sia che lo ami o che non lo ami, io gli devo molto. Obblighi e debiti, questi sono i vincoli Kavalari. L’amore è l’unica cosa che Jaan abbia preso su Avalon ed io non sono completamente sicura che lui abbia imparato a maneggiarlo. Avrei voluto essere il suo teyn se avessi potuto. Ma lui aveva già un teyn. Tra l’altro, neanche Jaan sarebbe andato così contro le abitudini del suo mondo. Hai sentito quello che ha detto sui duelli… e tutto perché ha fatto delle ricerche su certi vecchi computer ed ha scoperto che uno dei loro antichi eroi popolari aveva le tette». Fece un sorriso amaro. «Immagina cosa sarebbe capitato se mi avesse presa per teyn! Avrebbe perso tutto, proprio tutto. Ferrogiada è relativamente tollerante, sì, ma ci vorranno secoli prima che una granlega sia pronta per una cosa del genere. Nessuna donna ha mai portato il ferro-e-pietraluce».

«Perché?», disse Dirk. «Non capisco. Tutti voi continuate a parlare di… donne nutrici e come-mogli e di donne che si nascondono nelle caverne con la paura di uscire, e roba del genere. E non riesco proprio a crederci. Comunque, come mai su Alto Kavalaan sono così contorti? Che cos’hanno contro le donne? Perché è così tremendo che sia stata una donna a fondare Ferrogiada? C’è un sacco di gente che è donna, sai».

Gwen fece un sorriso smorto e si soffregò leggermente le tempie con due dita, come se avesse mal di testa e sperasse di farlo andar via con un massaggio. «Avresti dovuto lasciar finire Jaan», disse lei. «Allora avresti saputo tutto quello che sappiamo noi. Aveva appena cominciato a scaldarsi. E non era ancora nemmeno arrivato alla Piaga Dolorosa». Sospirò. «È tutta una lunga storia, Dirk ed in questo momento io non ho la dannata energia necessaria. Aspetta che si ritorni a Larteyn. Vedrò di recuperare una copia della tesi di Jaan, in modo che tu te la possa leggere da solo».

«Va bene», disse Dirk. «Ma ci sono delle cose che non potrei leggere in una tesi. Pochi minuti fa tu stavi dicendo che non eri sicura di amare ancora Jaan. È sicuro che tu non ami Alto Kavalaan. Penso che tu odii Garse. Ma allora, perché ti fai questo?».

«Tu hai l’abilità di riuscire a fare domande odiose», disse lei acida. «Ma prima di rispondere permettimi di correggerti su alcuni punti. Può darsi che odii Garse, come dici tu. A volte sono assolutamente sicura di odiare Garse, anche se una simile affermazione ucciderebbe Jaan, se la sentisse. Ci sono altre volte, invece… non ti stavo mentendo prima, quando ti dicevo che provo molto affetto per lui. Quando sono arrivata la prima volta su Alto Kavalaan, avevo gli occhi pieni di rugiada, di un’innocenza assoluta. Naturalmente Jaan mi aveva già spiegato tutto prima, con molta pazienza, in modo completo ed io avevo accettato tutto. Dopo tutto io venivo da Avalon e non si può cambiare immediatamente modo di pensare, ti pare? Si ha un modo di pensare terrestre. Avevo studiato tutte le strane culture umane sparse tra le stelle e sapevo che chiunque affronti un viaggio spaziale deve essere pronto ad adattarsi ampiamente ai diversi sistemi sociali ed alle varie morali. Sapevo che le abitudini sessuali erano diverse e non è detto che quelle di Avalon fossero più sagge di quelle di Alto Kavalaan. Io penso di essere stata molto saggia.

«Ma non ero pronta per i Kavalari, oh no. Finché vivo non dimenticherò mai più un solo secondo della paura e dello chock del mio primo giorno e della mia prima notte nella granlega di Ferrogiada, come betheyn di Jaan Vikary. Soprattutto la prima notte». Rise. «Jaan mi aveva avvisato, si capisce e… Diavolo, non ero ancora pronta ad essere spartita. Che posso dire? È stato brutto, ma sono sopravvissuta. Garse mi ha aiutata. Era onestamente preoccupato per me e molto di più per Jaan. Si potrebbe addirittura dire che fu tenero. Avevo fiducia in’lui; ascoltava e capiva. Ed il giorno dopo è incominciato il suo abuso verbale. Ero spaventata ed urtata, Jaan era terrorizzato e gloriosamente adirato. Trascinò Garse in mezzo alla stanza la prima volta che mi chiamò vacca-betheyn. Dopo di che, Garse se ne stette zitto per un po’. È uno che spesso interrompe le sue cose, ma non smette mai. Sotto questo punto di vista è una persona davvero notevole. Lui sfiderebbe e ucciderebbe chiunque osasse insultarmi la metà di quanto mi insulta lui. Lui sa benissimo che le sue battute fanno arrabbiare Jaan e provocano scenate terribili… o almeno le provocavano. Adesso Jaan è diventato sordo a queste cose. Ma lui continua. Può darsi che non sia capace di smettere, oppure mi detesta di tutto cuore, o forse gode a infliggermi una pena. Se è così, non gli devo aver dato troppa gioia in questi ultimi anni. Una delle prime cose che decisi fu di non permettergli mai più di farmi piangere. Non ho più pianto. Nemmeno quando ha delle uscite che mi fanno venir voglia di spaccargli la testa in due con un’ascia. Io sorrido, stringo i denti e cerco di pensare a qualcosa di spiacevole da rispondergli. Un paio di volte sono riuscita a restituirgli il colpo, ma di solito ne esco come uno scarafaggio pestato.