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Indugiai alla porta di casa nostra per dare tempo a Wyoh di raggiungermi. Poi aprii e annunciai: — Mum, permettimi di presentarti la nostra ospite, Wyma Beth Johnson.

Mum la prese fra le braccia e le diede il benvenuto: — Sono molto felice che tu sia potuta venire, cara Wyma! Sei come a casa tua!

Capite perché amo la nostra vecchia chioccia? Avrebbe potuto dare a Wyoh, con le stesse parole, un benvenuto gelido. E invece mise nel saluto una carica di affetto sincero e Wyoh lo capì immediatamente.

Non avevo concordato con Wyoh il nome falso. Ci avevo pensato per strada. Alcuni dei nostri bambini erano ancora piccoli e benché allevati alla scuola del disprezzo più profondo per il Governatore, non era il caso di rischiare ingenue vanterie su una certa Wyoming Knott, nostra ospite. Quel nome era elencato nell’Archivio Speciale Zebra.

Mi ero dimenticato di dirglielo, ero ancora un cospiratore dilettante. Ma Wyoh ci sapeva fare. Le bastò sentire una volta il nome per non fare mai errori.

Greg aveva già indossato la veste talare per la predica, ed entro pochi minuti sarebbe andato in chiesa. Mum non fece le cose in fretta: presentò a Wyoh i vari mariti, Granpà, Greg, Hans, in ordine di anzianità, e le mogli, Ludmilla, Lenore, Sidris, Anna, questa volta cominciando dalla più giovane, e lo fece con grazia solenne, poi passò alla presentazione dei bambini.

Dissi: — Mum? Scusami, devo andare a cambiare il braccio. — Lei alzò un sopracciglio di un millimetro, che voleva dire parleremo di questo dopo, ma non in presenza dei bambini, e allora aggiunsi in fretta: — So che è tardi e che Greg continua a guardare l’orologio. Veniamo in chiesa anche Wyma e io, per questo ti ho chiesto di scusarmi.

Si calmò subito. — Certamente, caro. — Mentre mi allontanavo, vidi che cingeva con un braccio la vita di Wyoh. Mi calmai anch’io.

Cambiai il braccio, sostituendo il numero sette con quello delle occasioni sociali. Ma in realtà era un pretesto per precipitarmi al telefono e formare la combinazione Mycroft-xxx. — Mike, siamo a casa, però stiamo andando in chiesa. Non credo che tu possa rimanere in ascolto, quindi ti chiamerò più tardi. Prof si è fatto vivo?

— Non ancora, Man. Che chiesa è? Potrei trovare qualche linea utilizzabile per tenermi in contatto.

— Il Tabernacolo del Pentimento con il fuoco…

— Non so dove sia.

— Piano, amico; adeguati alla mia velocità. È adiacente alla Sala della Terza Municipalità Ovest. Cioè, a sud della Stazione sulla Circonvallazione, all’altezza del numero…

— Localizzata. C’è una derivazione principale e un telefono pubblico nel corridoio esterno, terrò un orecchio su entrambi.

— Non temo che avremo guai.

— Faccio quello che il Professore mi ha consigliato di fare. Mi sta parlando ora. Vuoi parlargli?

— Non ho tempo. Ciao.

Sarebbe stato sempre questo il nostro sistema: mantenersi in ogni istante in contatto con Mike, fargli sapere dove ciascuno di noi si trovava e dove voleva andare; Mike si sarebbe messo in contatto con il nuovo luogo di destinazione purché ci arrivasse una linea telefonica. L’idea era sorta quella mattina quando avevo scoperto che Mike poteva sentire anche attraverso un telefono agganciato. La scoperta mi aveva turbato molto, perché io non credo alla magia, ma riflettendoci mi resi conto che un telefono poteva essere messo in funzione direttamente dal centralino senza intervento umano… se il centralino aveva volontà. Mike ne aveva molta.

Come facesse Mike a sapere che c’era un apparecchio nel corridoio è difficile dire, dato che il concetto di spazio non poteva significare per lui quello che significa per noi. Ma aveva in archivio una carta dei servizi di Luna City e quasi sempre riusciva a ricollegare quello che gli dicevamo noi a quello che lui sapeva di Luna City. Difficilmente si perdeva.

E così, dal giorno in cui inaugurammo questo sistema di collegamento, rimanemmo in perpetuo contatto con Mike e, tramite il suo estesissimo sistema nervoso, in contatto fra noi.

Mum, Greg e Wyoh mi stavano aspettando sulla porta. Mum era nervosa ma sorridente. Vidi che aveva prestato a Wyoh una stola per coprirsi le spalle. Mum, come qualsiasi Lunare, era di vedute aperte a proposito di scollature, non aveva i pregiudizi dei nuovi ricchi. Ma andare in chiesa era un discorso diverso.

Arrivammo in tempo, anche se Greg dovette andare direttamente al pulpito e noi ai nostri posti. Mi sedetti, sprofondato in uno stato di calda astrazione, e partecipai passivamente al servizio religioso. Wyoh invece ascoltò ogni parola del sermone di Greg e cantò in coro con gli altri: o conosceva gli inni del nostro libro da messa oppure sapeva leggere la musica.

Quando tornammo a casa, tutti i ragazzi e buona parte degli adulti erano già a letto. Mum diede a Wyoh una stanza nella grotta dei bambini, una stanza nella quale di solito dormivano i due maschietti più piccoli. Non le chiesi come aveva spostato i letti. Era evidente che aveva offerto a Wyoh il massimo della comodità, altrimenti l’avrebbe fatta dormire con una delle figlie più grandi.

Dormii con Mum, quella notte, in parte perché la nostra moglie anziana fa bene ai nervi, e me n’erano successe di cose da far saltare i nervi, e in parte per dimostrarle che non avevo intenzione di sgattaiolare nella stanza di Wyoh dopo che tutti erano andati a dormire. La mia officina, dove dormivo quando stavo solo, era a poca distanza dalla camera di Wyoh. Mum sottintendeva, chiaro come il sole, fa’ pure, caro. Non venirmi a dire che vuoi comportarti male. Non venirmi a dire che vuoi comportarti male. Fammela dietro le spalle.

Naturalmente nessuno di noi due avrebbe ammesso questi stati d’animo. Andammo insieme nella stanza da letto, chiacchierammo dopo aver spento la luce, infine mi voltai dall’altra parte.

Invece di darmi la buonanotte, Mum mi disse: — Manuel? Perché la tua deliziosa ospite si traveste da africana? Credo che la sua tinta naturale le si adatti meglio. Non voglio dire, con questo, che non sia attraente anche nell’aspetto che ha scelto.

Mi girai di nuovo e glielo spiegai.

La spiegazione non parve molto chiara e allora aggiunsi altri particolari. Le raccontai tutto, fuorché di Mike. Ovvero, parlai anche di Mike, ma non come calcolatore, bensì come uomo, un uomo che Mum probabilmente non avrebbe mai incontrato, per ragioni di sicurezza.

Raccontare tutto a Mum equivaleva a farla entrare nella mia sottocellula, praticamente, e a farla diventare a sua volta capo di una sottocellula, ma non era il caso del marito che non può fare a meno di spifferare tutto alla moglie: al massimo, ero stato un po’ precipitoso. Ma se dovevo dirglielo prima o poi, forse quella era l’occasione migliore.

Mum è una donna intelligente. Anche un’organizzatrice capace, qualità questa necessaria per tirare avanti una grossa famiglia senza far stringere la cinghia a nessuno. Era rispettata da tutte le famiglie degli agricoltori in particolare e generalmente da tutta Luna City. Viveva lì da prima del novanta per cento della popolazione attuale. Aveva molti consigli da dare.

E poi, Mum era l’elemento indispensabile della famiglia. Senza il suo aiuto, Wyoh e io avremmo avuto difficoltà a usare il telefono insieme e sarebbe stato impossibile impedire ai ragazzi di notarlo. Con l’aiuto di Mum, invece, in casa non avremmo avuto problemi.

Ascoltò, sospirò e disse: — Mi sembra un’avventura pericolosa, caro.

— Lo è — risposi. — Senti, Mimi, se non te la senti, dillo pure… e scordati quello che ti ho detto.

— Manuel! Non devi nemmeno pensarle cose simili. Sei mio marito, caro. Ti ho scelto nel bene e nel male… e i tuoi desideri sono un ordine per me.

Santo cielo, che bugia! Ma Mimi ci credeva davvero.

— Non ti lascerei andare da solo incontro al pericolo — proseguì — e inoltre…