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Capiva i problemi degli addetti alle relazioni pubbliche della NASA. I viaggi nello spazio non interessavano a nessuno. Non era meglio spendere soldi sulla Terra, sulla Luna, o per le colonie di L5? Perché sprecare denaro buttandolo in quelle trappole per topi che sono le esplorazioni, mentre, ad esempio, i lavori eseguiti in orbita attorno alla Terra erano così redditizi? Esplorare lo spazio era una faccenda terribilmente cara, e su Saturno non c’erano altro che vuoto, rocce e ancora vuoto.

Stava cercando di trovare nuove idee, nuove prospettive per giustificare la propria presenza sulla prima astronave esplorativa che fosse partita negli ultimi undici anni, quando sullo schermo apparve una faccia. Forse era Aprile, forse Agosto.

— Capitano, chiedo scusa.

— Nessun problema. Non ho nulla da fare.

— Abbiamo qui qualcosa che vorremmo vedessi.

— Vengo subito.

Cirocco pensava che fosse Agosto. Dato che in genere i gemelli sono molto gelosi della propria individualità, aveva sempre cercato di non confondere l’una con l’altra. E, col tempo, aveva capito che Aprile e Agosto non ci badavano.

Ma quelle due non erano gemelle normali.

I loro nomi, per esteso, erano: Aprile 15/02 Polo e Agosto 3/02 Polo. Così stava scritto sulle loro provette; così avevano scritto sui certificati di nascita gli scienziati che avevano fatto da levatrici per le gemelle. Questo aveva sempre impressionato Cirocco dandole due eccellenti motivi per pensare che agli scienziati non dovesse essere permesso di folleggiare compiendo esperimenti che potevano vivere, respirare e urlare.

La madre, Susan Polo, era morta da cinque anni quando nacquero le gemelle e non poteva certo proteggerle. Nessun altro era disposto ad assumere il ruolo di madre, per cui Aprile e Agosto, nei primi anni di vita, ebbero solo l’affetto delle altre tre sorelle-cloni. Agosto aveva raccontato una volta a Cirocco che loro cinque avevano avuto un solo amico intimo con cui erano cresciute, una scimmia Rhesus con il cervello pieno di elettrodi. Era stata vivisezionata quando le bambine avevano sette anni.

"Ma non vorrei che la cosa ti sembrasse troppo brutale" aveva detto quella volta Agosto, una sera in cui avevano tutti bevuto un bel po’ di bicchieri di vino di soia di Bill.

"Quegli scienziati non erano dei mostri. Ce n’erano alcuni che sembravano zie e zii affettuosi. Ci davano tutto quello che volevamo. Sono sicura che parecchi di loro ci volevano bene. Dopo tutto, siamo costate un sacco di soldi" aveva detto scolandosi un altro bicchiere.

In cambio dei soldi, gli scienziati ottennero cinque geni tranquilli, alquanto chiusi; il che era esattamente quello che volevano. Cirocco non pensava che le avessero programmate per un’incestuosa omosessualità anche se probabilmente se l’erano aspettato proprio come il fatto che avrebbero avuto un alto Q.I. Tutt’e cinque erano cloni della madre, figlia di un giapponese-americano della terza generazione e di una filippina. Susan Polo aveva vinto il Nobel per la fisica ed era morta giovane.

Cirocco guardò Agosto che studiava una foto sul tavolo da carteggio. Era perfettamente identica alla madre da giovane: piccola, capelli nerissimi, corpo grazioso, occhi scuri e inespressivi. Cirocco non aveva mai pensato che le facce degli orientali somigliassero allo stereotipo cui pensavano molti caucasici, ma i visi di Aprile e Agosto non facevano trapelare nulla. La loro pelle era color caffè chiaro, ma alla luce rossa del Modulo Scientifico sembrava quasi nera.

Fissò Cirocco, mostrandosi più eccitata del solito. Cirocco la fissò un attimo, poi guardò la foto: sullo sfondo dello spazio punteggiato di stelle, c’erano sei esili luci che formavano un esagono perfetto.

Cirocco rimase a fissarle per un bel po’.

— La formazione stellare più strana che abbia mai visto — ammise. — Cos’è?

Gaby era allacciata a una sedia all’altro lato della stanza e stava succhiando caffè da un contenitore di plastica.

— L’ultima foto di Temi — rispose. — Rappresenta la rotazione dell’ultima ora. Ho dovuto usare i miei strumenti più sensibili e programmare il computer per rendermene conto.

— Questo risponde alla mia domanda — disse Cirocco. — Ma cosa diavolo è?

Gaby aspettò un po’ prima di rispondere mentre beveva ancora un po’.

— È possibile — disse distaccata, sognante — che diversi corpi orbitino attorno a un centro di gravità comune. Almeno in teoria. Nessuno ha mai visto una configurazione del genere. Si chiama rosone.

Cirocco attese pazientemente. Poiché nessuna aggiungeva nulla, sbuffò.

— Nel bel mezzo del sistema di satelliti di Saturno? Al massimo potrebbe durare cinque minuti. Le altre lune la perturberebbero.

— Così è — ammise Gaby.

— E poi, come avrebbe fatto a formarsi? Le probabilità sono quasi inesistenti.

— Infatti — commentò Gaby.

Erano arrivati anche Aprile e Calvin. Calvin alzò gli occhi.

— Allora, nessuno vuole dirlo? Non è una configurazione naturale. L’ha creata qualcuno.

Gaby si passò una mano sulla fronte.

— E non sai ancora tutto. Ho inviato dei segnali radar per sondare Temi. Risultato: quel satellite ha un diametro di più di milletrecento chilometri. Anche la densità è pazzesca, molto inferiore a quella dell’acqua. Credevo che i risultati fossero sbagliati perché stavo lavorando al limite delle possibilità degli strumenti. Poi è arrivata la foto.

— Sono sei corpi o uno? — chiese Cirocco.

— Non so darti una risposta sicura. Ma tutto indica che si tratti di un corpo solo.

— Descrivilo. Dimmi tutto quello che sai.

Gaby consultò i fogli coi dati, ma chiaramente non ne aveva bisogno. Aveva già tutto chiaro in mente.

— Temi ha un diametro di milletrecento chilometri. Il che ne fa la terza luna di Saturno in ordine di grandezza, grande all’inarca quanto Rea. Deve essere completamente scuro, a parte quei sei punti. Presenta il fattore di riflessione diffusa più basso di tutto il sistema solare, se ti interessa. È anche il corpo meno denso in assoluto. C’è una forte possibilità che sia vuoto, e una buona probabilità che non sia sferico. Forse è a forma di disco, oppure toroidale. Comunque sia, pare che ruoti su se stesso una volta all’ora. L’accelerazione non dovrebbe permettere a niente di restare sulla superficie di Temi, perché la forza centrifuga risulterebbe superiore alla gravità.

— Ma se è vuoto, e se dentro ci fosse qualcosa… — Cirocco tenne gli occhi fissi su Gaby.

— Dentro, se è vuoto, dovrebbe esserci una forza pari a un quarto di gravità.

Cirocco le trasmise con lo sguardo la domanda, e Gaby sfuggì i suoi occhi.

— A ogni modo ci stiamo avvicinando sempre di più. La visuale migliorerà. Ma non so dirti quando potrò essere sicura di tutte queste cose.

Cirocco si avviò alla porta. — Dovrò trasmettere i dati disponibili.

— Ma niente teorie, d’accordo? — urlò Gaby. Era la prima volta che Cirocco la vedeva poco felice di quanto aveva scoperto col suo telescopio. — Per lo meno non attribuirle a me.

— Niente teorie — convenne Cirocco. — I fatti dovrebbero bastare.