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Kivrin sollevò il coltello.

— Andate — cominciò a scandire, calando la lama sul tavolo e facendo sparpagliare i topi. — Via. — Sollevò ancora la lama e spazzò via le mele dal tavolo gettandole a terra. I frutti rimbalzarono fra i giunchi e il topo sullo sgabello di Agnes corse verso Kivrin, forse per la sorpresa o per la paura. — Via di qui — urlò ancora lei, scagliando il coltello contro l'animale che saettò sotto lo sgabello e scomparve fra i giunchi.

— Via di qui — ripeté Kivrin, nascondendo il volto fra le mani.

— Mwaa — muggì la mucca, dall'anticamera.

— È la malattia — sussurrò Kivrin, con voce tremante e con le mani ancora sul viso. — Non è colpa di nessuno.

Andò quindi a recuperare il coltello e la lanterna. Intanto la mucca si era incastrata nella porta del maniero e stava muggendo pietosamente.

Lasciandola dov'era e cercando di ignorare lo strisciare furtivo che si sentiva sopra di lei, Kivrin corse nella stanza di Rosemund. L'ambiente era gelato perché il telo di lino che Eliwys aveva fissato alla finestra si era staccato e pendeva da un angolo. Le coltri del letto erano rovesciate da un lato, così com'erano rimaste quando il segretario aveva cercato di aggrapparsi ad esse per alzarsi, e il materasso di lana pendeva in parte sul pavimento. Da sotto il letto giungevano piccoli rumori indistinti, ma Kivrin non cercò di appurarne la provenienza; la cassapanca era ancora aperta, con il coperchio intagliato appoggiato ai piedi del letto e il mantello purpureo del segretario giaceva ripiegato in essa.

La bottiglia del vino era finita sotto il letto. Ricordandolo, Kivrin si gettò a terra e si protese per cercarla a tentoni, ma essa rotolò lontano quando la urtò e alla fine dovette strisciare in parte sotto il letto prima di riuscire a prenderla.

Il tappo era venuto via, probabilmente quando lei l'aveva gettata sotto il letto con un calcio, e un poco di vino ormai secco e appiccicoso circondava il collo della bottiglia.

— No — mormorò in tono disperato, e rimase seduta per un lungo minuto con la bottiglia vuota in mano.

In chiesa non c'era più vino, perché Roche lo aveva usato tutto per dare i sacramenti ai morenti.

D'un tratto si ricordò della bottiglia che Roche le aveva dato per disinfettare il ginocchio di Agnes e tornò a strisciare sotto il letto, protendendo il braccio con cautela per timore di rovesciare la bottiglietta. Non riusciva a ricordare quanto vino ci fosse stato dentro, ma non le pareva di averlo usato tutto.

Nonostante la sua cautela poco mancò che la rovesciasse e l'afferrò al volo per il collo quando s'inclinò da un lato. Ritraendosi da sotto il letto la scosse un poco e scoprì che era piena a metà. Infilatosi il coltello nella cintura si mise la bottiglia sotto il braccio, afferrò il mantello del segretario e scese dabbasso. I topi erano tornati a mangiare le mele, ma questa volta fuggirono non appena lei cominciò a scendere i gradini, e Kivrin non cercò di vedere dove fossero andati.

La mucca era riuscita a insinuare metà del proprio corpo nella porta e adesso bloccava completamente il passaggio, quindi lei dovette posare ogni cosa sul pavimento… spostando in parte i giunchi per poter mettere diritta la bottiglia… e spingere indietro l'animale, che non cessava di muggire lamentosamente.

Non appena l'ebbe mandata fuori, essa cercò subito di tornare dentro, da Kivrin.

— No — ingiunse lei. — Non c'è tempo.

Andò comunque nel solaio del granaio per gettare in cortile un po' di fieno con il forcone, poi raccolse le sue cose e tornò di corsa in chiesa.

Roche era scivolato in uno stato d'incoscienza e il suo corpo si era rilassato: le grandi gambe erano allargate e le mani giacevano lungo i fianchi con il palmo verso l'alto, una posizione che lo faceva apparire come un uomo atterrato da un pugno. Il respiro era affaticato e tremante, come se stesse rabbrividendo.

Kivrin lo coprì con il mantello purpureo.

— Sono tornata, Roche — disse, battendogli un colpetto sul braccio, ma lui non mostrò in nessun modo di averla sentita.

Kivrin tolse la protezione alla lanterna e si servì di essa per accendere tutte le candele. Ne restavano soltanto tre di quelle di Lady Imeyne, e per di più erano per metà consumate, quindi accese anche le torce e la grossa candela di sego nella nicchia della statua di Santa Caterina, e le avvicinò maggiormente a Roche in modo da poter vedere bene.

— Devo toglierti la calzamaglia — disse, piegando all'indietro le coltri, — perché è necessario incidere il bubbone.

Slacciò quindi la calzamaglia logora e lui non sussultò al suo tocco, limitandosi ad emettere un piccolo gemito gorgogliante.

Kivrin cercò di tirare la calzamaglia per sfilarla dai fianchi, e quando non ci riuscì provò a tirare dalla parte delle gambe, ma il tessuto era troppo aderente. Avrebbe dovuto tagliarlo.

— Dovrò tagliare la tua calzamaglia — spiegò, strisciando fin dove aveva lasciato il coltello e la bottiglia del vino. — Cercherò di non ferirti.

Annusò il contenuto della bottiglia, ne bevve un piccolo sorso e si mise a tossire. Bene, era vino vecchio e molto alcoolico. Ne versò un poco sulla lama del coltello, l'asciugò sulla propria gamba e versò ancora un po' di vino, badando a lasciarne una scorta per disinfettare il bubbone dopo averlo inciso.

— Beata — mormorò Roche, spostando la mano verso l'inguine.

— Va tutto bene — lo rassicurò Kivrin, afferrando una delle gambe della calzamaglia e tagliando la lana. — So che fa male, ma devo incidere il bubbone — aggiunse tirando con entrambe le mani il tessuto logoro che, fortunatamente, si spaccò con un suono acuto.

Roche contrasse le ginocchia.

— No, no, lascia giù le gambe — disse Kivrin, esercitando pressione su di esse. — Devo incidere il bubbone.

Non riuscì a smuoverlo e per il momento ci rinunciò, finendo di lacerare la calzamaglia e protendendosi sotto la gamba per aprire fino in cima il tessuto e poter vedere il bubbone: era grosso il doppio di quello di Rosemund ed era completamente nero. Avrebbe dovuto essere stato inciso già da ore, anzi da giorni.

— Roche, per favore, abbassa le gambe — insistette, appoggiandosi su di esse con tutto il suo peso. — Devo aprire il bubbone.

Non ci fu risposta e del resto non era certa che il prete potesse rispondere, che i suoi muscoli non si stessero contraendo spontaneamente com'era successo al segretario; d'altro canto non poteva però aspettare che lo spasmo cessasse, perché il bubbone si poteva rompere da un istante all'altro.

Si ritrasse per un istante e si inginocchiò accanto ai piedi di Roche, protendendo la mano con il coltello sotto le gambe piegate. Roche gemette e lei abbassò appena la lama, spostandola con cautela in avanti fino a toccare il bubbone.

Il calcio la colse in pieno nelle costole e la scagliò a terra, facendole sfuggire di mano il coltello che scivolò rumorosamente sul pavimento di pietra. Il colpo le tolse il fiato e lei rimase distesa per un momento, annaspando per respirare e traendo lunghe e sibilanti boccate d'aria. Quando cercò di sedersi avvertì una fitta di dolore al fianco destro e ricadde all'indietro con una mano stretta intorno alle costole.

Roche stava urlando, il suono lungo e assurdo di un animale torturato. Serrandosi la mano contro le costole Kivrin rotolò lentamente sul fianco sinistro, in modo da poterlo vedere. Il prete si stava dondolando avanti e indietro come un bambino, continuando a urlare e con le gambe ritratte protettivamente contro il petto, una posizione che le impediva di vedere il bubbone.

Kivrin cercò di sollevarsi, puntellandosi con la mano contro il pavimento di pietra fino a trovarsi parzialmente seduta e spostando poi la mano verso di sé in modo da potersi sorreggere con entrambe e alzarsi in ginocchio… e dalle labbra le sfuggirono piccole grida tremanti che si persero in mezzo alle urla di Roche. Consapevole che il prete doveva averle rotto qualche costola, si sputò su una mano, timorosa di vedere del sangue.