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— No.

— La Morte Nera è stata terribile — osservò Colin. — Sono morte tante persone che non sono riusciti neppure a seppellirle e le hanno lasciate in mucchi per le strade.

— Non posso recuperarla, Colin. Abbiamo perso i dati necessari quando Gilchrist ha disattivato la rete.

— Lo so, ma non c'è qualche altra cosa che si possa fare?

— No.

— Ma…

— Ho intenzione di parlare con il suo dottore perché impedisca le visite — intervenne l'infermiera, prendendo Colin per il colletto della giacca.

— Allora cominci con l'impedire quelle della Signora Gaddson — ritorse Dunworthy. — E dica a Mary che vorrei vederla.

Mary non venne, ma Montoya passò a trovarlo, ovviamente appena rientrata dai suoi scavi, visto che era infangata fino alle ginocchia e i suoi capelli neri erano incrostati di chiazze di fanghiglia grigia. Con lei c'era Colin, la cui giacca verde era fradicia.

— Siamo dovuti sgusciare dentro quando lei non stava guardando — lo informò Colin.

Montoya aveva perso parecchio peso: le mani con cui stringeva la testata del letto erano molto magre e l'orologio le girava intorno al polso.

— Come si sente? — gli chiese.

— Meglio — mentì lui, guardandole le mani… c'era del fango anche sotto le unghie. — E lei?

— Meglio.

Non appena l'avevano rilasciata dall'ospedale doveva essere tornata immediatamente agli scavi per cercare il registratore, e adesso era venuta direttamente qui.

— Lei è morta, vero? — chiese Dunworthy.

Le mani di Montoya serrarono la testata del letto, poi si rilassarono.

— Sì.

Kivrin si era trovata nel posto giusto, dopo tutto, le coordinate locazionali erano state spostate soltanto di qualche chilometro, o forse di qualche metro, e lei era riuscita a trovare la strada fra Oxford e Bath, a raggiungere Skendgate. E vi era morta, vittima dell'influenza contratta prima di partire, o uccisa dalla carestia successiva alla peste, o dalla disperazione. Era morta da settecento anni.

— Allora lo ha trovato — disse, e la sua non era una domanda.

— Trovato cosa? — domandò Colin.

— Il registratore di Kivrin.

— No — rispose Montoya.

— Ma lo troverà — ribatté Dunworthy, senza provare sollievo.

Le mani di lei tremarono un poco, intorno alla testata del letto.

— Mi ha chiesto Kivrin di cercarlo — spiegò. — Il giorno della transizione. È stata lei a suggerire che il registratore somigliasse ad una sporgenza ossea, in modo che i dati registrati potessero sopravvivere anche se lei non ce l'avesse fatta. 'Il Signor Dunworthy si preoccupa inutilmente,' ha detto, 'ma se qualcosa dovesse andare storto cercherò di farmi seppellire nel cortile della chiesa in modo che lei… che lei non debba scavare in giro per mezza Inghilterra' — concluse, con un nodo in gola.

Dunworthy chiuse gli occhi.

— Però non può sapere che è morta se non ha trovato il registratore — intervenne Colin. — Ha detto di non sapere neppure dove sia, quindi come può dire che è morta?

— Agli scavi abbiamo condotto degli esperimenti con delle cavie di laboratorio. Basta un quarto d'ora di esposizione per contrarre l'infezione, e Kivrin è stata esposta direttamente alla tomba per oltre tre ore. Esiste una probabilità del 75 per cento che abbia contratto il virus, e con gli scarsi supporti medicinali esistenti nel quattordicesimo secolo è probabile che abbia sviluppato delle complicazioni.

Scarsi supporti medicinali. Quello era un secolo in cui le persone venivano curate con i salassi e la stricnina, in cui non si era mai sentito parlare di sterilizzazione, di germi o di linfociti. L'avrebbero coperta di orribili impiastri e avrebbero borbottato preghiere e le avrebbero praticato salassi.

«E i dottori praticavano salassi, ma molti morivano lo stesso» c'era scritto nel libri di Gilchrist.

— Senza gli antimicrobici e il rinforzo dei linfociti T la percentuale di mortalità è del quarantanove per cento. La Sezione Statistiche…

— La Sezione Statistiche — la interruppe Dunworthy, in tono amaro. — Questi sono i dati di Gilchrist?

Montoya scoccò un'occhiata a Colin e si accigliò un poco.

— Esiste una probabilità del 75 per cento che Kivrin abbia contratto il virus e del 68 per cento che sia stata esposta alla peste. La percentuale di contagiosità della peste bubbonica è del 91 per cento e il livello di mortalità…

— Non può aver contratto la peste perché era stata immunizzata — interruppe Dunworthy. — La Dottoressa Ahrens o Gilchrist non l'hanno informata al riguardo?

Montoya guardò di nuovo Colin, sempre più accigliata.

— Hanno detto che non avevo il permesso di informarlo — spiegò Colin, guardando l'archeologa con aria di sfida.

— Informarmi di cosa? Gilchrist è malato? — chiese Dunworthy. Ricordava di aver guardato gli schermi spenti e di essere crollato nelle braccia di Gilchrist, quindi forse lo aveva infettato nel crollargli addosso.

— Il Signor Gilchrist è morto d'influenza tre giorni fa — mormorò Montoya.

Dunworthy spostò lo sguardo su Colin.

— Che altro ti hanno ordinato di tenermi nascosto? — domandò. — Chi altri è morto mentre io ero malato?

Montoya sollevò la mano sottile come la carta per fermare il ragazzo, ma ormai era troppo tardi.

— La prozia Mary — aveva già risposto Colin.

ESTRATTO DAL DOMESDAY BOOK
(064996-065537)

Maisry è fuggita. Roche e io l'abbiamo cercata dappertutto, temendo che si fosse ammalata e si fosse nascosta in un angolo, ma il castaldo l'ha vista dirigersi verso i boschi mentre era impegnato a scavare la tomba per Walthef, e ha detto che era in sella al pony di Agnes.

Maisry otterrà soltanto di diffondere il contagio, o di finire in qualche villaggio dove la peste è già arrivata. Adesso è tutt'intorno a noi e le campane suonano una dopo l'altra come per i vespri ma senza un ritmo preciso, come se i campanari fossero impazziti, tanto che è impossibile determinare se i colpi sono nove oppure tre. Questa mattina le campane doppie di Courcy hanno scandito un solo colpo. Mi chiedo se sia morto un neonato o una di quelle ragazzine chiacchierone.

Rosemund è ancora in stato d'incoscienza e il suo polso è molto debole. Agnes grida e lotta in preda al delirio e continua a chiedermi di venire ma poi non mi permette di avvicinarmi. Quando cerco di parlarle urla e si dibatte come se avesse un attacco epilettico.

Eliwys si sta distruggendo cercando di accudire Agnes e Lady Imeyne, che mi urla contro «Demonio!» quando cerco di provvedere a lei e che per poco non mi ha procurato un occhio nero, questa mattina. L'unico che mi lascia avvicinare è il segretario, che è ormai alla fine e non può durare un altro giorno. Il puzzo che esala è tale che ho dovuto spostarlo all'estremità opposta della stanza e il suo bubbone ha ripreso a suppurare.

(Pausa)

Gunni, il secondogenito del castaldo.

La donna con le cicatrici di scrofola sul collo.

Il padre di Maisry.

Il chierichetto di Padre Roche, Cob.

(Pausa)

Lady Imeyne sta molto male. Padre Roche ha cercato di somministrarle l'estrema unzione, ma lei ha rifiutato di confessarsi.

— Devi rappacificarti con Dio prima di morire — le ha detto Roche.

— La colpa di tutto questo è sua — ha ribattuto però lei, girando la faccia verso il muro.

(Pausa)

Trentuno casi, oltre il settantacinque per cento del villaggio. Questa mattina Roche ha consacrato parte della piazza perché il cortile della chiesa è quasi pieno.

Maisry non è tornata. Probabilmente starà dormendo sull'alto seggio di qualche maniero i cui abitanti sono fuggiti tutti, e quando questa pestilenza sarà finita diventerà l'antenata di qualche vecchia e nobile famiglia.

Forse è questo che non va nella nostra epoca, Signor Dunworthy, e cioè che è stata fondata da Maisry e dall'inviato del vescovo e da Sir Bloet. Mentre tutte le persone che sono rimaste ed hanno cercato di essere d'aiuto, come Roche, hanno contratto la peste e sono morte.