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Dunworthy ripensò a se stesso, incapace di comporre il numero di Andrews, o alla Signora Piantini che commetteva un errore dopo l'altro con le campane a mano e continuava a scusarsi.

— Mi dispiace — mormorò.

La colpa non era di Badri ma sua, perché si era preoccupato a tal punto dell'esattezza dei calcoli dell'apprendista che aveva trasmesso la propria paura a Badri, comunicandogli una tale ansia che lui aveva deciso di reinserire le coordinate.

Colin aveva lasciato il libro sul letto, e ora lui lo trasse verso di sé. Il volume era pesante, incredibilmente pesante, al punto che il braccio gli tremava nello sforzo di reggerlo; comunque lo puntellò contro la spalliera laterale del letto e prese a sfogliare le pagine, quasi indecifrabili da quell'angolazione, fino a trovare quello che stava cercando.

La Morte Nera aveva colpito Oxford a Natale, portando alla chiusura delle università e inducendo gli abitanti a fuggire verso i villaggi circostanti, portando la peste con sé. Quelli che non erano potuti fuggire erano morti a migliaia, così numerosi che non era rimasto nessuno a «custodire i beni o a formare un numero adeguato a seppellire i morti». E i pochi che erano rimasti si erano barricati all'interno delle case, nascondendosi e cercando qualcuno a cui attribuire la colpa.

Si addormentò con gli occhiali sul naso, svegliandosi quando l'infermiera cercò di sfilarglieli. Era la ragazza amica di William.

— Mi dispiace — si scusò con un sorriso, riponendo gli occhiali nel cassetto. — Non volevo svegliarla.

— Colin mi ha detto che l'epidemia è finita — affermò Dunworthy, fissandola con gli occhi socchiusi.

— Sì — confermò la ragazza, scrutando gli schermi sopra il suo letto. — Hanno trovato la fonte dei virus e ricevuto l'analogo quasi nello stesso momento, e appena in tempo. La Sezione Statistiche prevedeva già una percentuale di malati dell'ottantacinque per cento con un livello di mortalità del trentadue per cento nonostante gli antimicrobici e il rinforzo dei linfociti T, questo senza contare la scarsità delle scorte e il fatto che tanti membri del personale fossero malati. Così come sono andate le cose abbiamo avuto una percentuale di mortalità del diciannove per cento e parecchi casi versano ancora in condizioni critiche.

La ragazza gli controllò il polso guardando lo schermo dietro la sua testa.

— La febbre le è calata un poco — commentò. — È stato molto fortunato, sa, perché l'analogo non funzionava su chi era già infetto. La Dottoressa Ahrens… — cominciò, ma poi s'interruppe, e lui si chiese cosa potesse aver detto Mary… forse che non ce l'avrebbe fatta. — È stato molto fortunato — ripeté l'infermiera. — Ora cerchi di dormire.

Si addormentò, e al risveglio si trovò di nuovo accanto la Signora Gaddson, pronta a partire all'attacco con la sua Bibbia.

— «Lui porterà su di te tutte le malattie dell'Egitto» — cominciò a recitare, non appena Dunworthy aprì gli occhi. — «Ed anche ogni malanno e pestilenza, fino a distruggerti»

— «E sarai consegnato nelle mani del nemico» — mormorò Dunworthy.

— Cosa? — chiese la Signora Gaddson.

— Niente.

Intanto lei aveva perso il segno e sfogliò il libro avanti e indietro alla ricerca di passi che parlassero di pestilenze, prima di ricominciare a leggere.

— «… poiché Dio ha mandato il suo unico Figlio nel mondo.»

Dio non lo avrebbe mai mandato se avesse saputo cosa sarebbe successo, pensò Dunworthy. Erode, e la strage degli innocenti e il Getsemani.

— Mi legga il vangelo di Matteo — disse. — Capitolo 26, verso 39.

La Signora Gaddson si interruppe, irritata, poi sfogliò il Vangelo di Matteo.

— «Ed Egli proseguì un po' oltre e cadde prono e pregò, dicendo: 'O Padre mio, se è possibile, allontana questa coppa da me'.»

Dio non sapeva dove fosse finito Suo Figlio, pensò Dunworthy. Aveva mandato il Suo unico Figlio nel mondo ma qualcosa era andato storto con i dati, qualcuno aveva disattivato la rete e Lui non poteva più recuperarlo, e così lo avevano arrestato e gli avevano messo in testa una corona di spine e lo avevano inchiodato su una croce.

— Capitolo 27, verso 46 — disse.

La Signora Gaddson girò le pagine arricciando le labbra.

— Non ritengo proprio che queste siano le Scritture più adeguate… — cominciò.

— Lo legga.

— «E intorno alla nona ora Gesù gridò a gran voce e disse: 'Eloi, Eloi, lama sabacthani?' che significa Mio Dio, Mio Dio, perché mi hai abbandonato?»

Kivrin non poteva avere idea di cosa era successo. Avrebbe pensato di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato, di aver perso in qualche modo il conto dei giorni durante la pestilenza o che qualcosa fosse andato storto con la transizione. Avrebbe pensato che l'avevano abbandonata.

— Allora? — domandò la Signora Gaddson. — Altre richieste?

— No.

La Signora Gaddson tornò subito al Vecchio Testamento.

— «Perché essi periranno di spada, di carestia e di pestilenza» — lesse. — «Anche colui che è lontano morirà di pestilenza.»

Nonostante tutto riuscì ad addormentarsi e finalmente al risveglio trovò un'atmosfera che non era quella del solito interminabile pomeriggio uniforme. Fuori pioveva ancora, ma adesso nella stanza c'erano delle ombre e le campane stavano suonando le quattro del pomeriggio. L'infermiera amica di William lo aiutò ad arrivare in bagno. Il libro era spanto e lui si chiese se Colin fosse tornato a prenderlo senza che se ne accorgesse, ma quando l'infermiera aprì lo sportello inferiore del comodino per prendergli le pantofole vide che era stato riposto lì. Chiese quindi all'infermiera di sollevare il letto in modo da poter stare seduto e non appena se ne fu andata si mise gli occhiali e ricominicò a leggere.

La peste si era diffusa così a casaccio e con tale violenza che la gente dell'epoca non era riuscita a credere che fosse una malattia naturale e aveva accusato i lebbrosi, le vecchie e i ritardati mentali di avvelenare i pozzi e di gettare maledizioni su di loro. Qualsiasi persona strana o sconosciuta era subito ritenuta sospetta. Nel Sussex avevano lapidato due viandanti e nello Yorkshire avevano bruciato sul rogo una giovane donna.

— Così è qui che era finito… credevo di averlo perso. — commentò Colin, entrando nella stanza; aveva indosso la sua giacca verde ed era molto bagnato. — Ho dovuto trasportare le cassette delle campane a mano fino alla chiesa Riformata per conto della Signora Taylor, e fuori sta diluviando — spiegò.

Dunworthy si sentì assalire dal sollievo nel sentire il nome della Signora Taylor, e si rese conto di essersi trattenuto dal fare domande sul conto degli «ospiti» forzati di Balliol per timore di sentire cattive notizie.

— Allora la Signora Taylor sta bene?

Colin toccò il bottone di fondo della sua giacca, che si aprì di scatto spruzzando acqua da tutte le parti.

— Sì. Devono tenere un concerto di campane di qualche tipo per conto della Santa Chiesa Riformata il giorno quindici — replicò, sporgendosi in avanti in modo da poter vedere il passo che lui stava leggendo.

— E gli altri suonatori di campane? — domandò Dunworthy, chiudendo il volume e porgendoglielo. — La Signora Piantini?

— È ancora in ospedale, tanto magra che non la si riconosce — rispose Colin, aprendo il libro. — Stava leggendo la parte che riguarda la Morte Nera, non è così?

— Sì — ammise Dunworthy. — Finch non ha contratto il virus, vero?

— No. Ha continuato a sostituire la Signora Piantini come tenore. Adesso è molto agitato perché fra le cose che hanno mandato da Londra non c'era la carta igienica, e lui sostiene che è quasi finita. Ha litigato con l'Arpia a questo proposito — spiegò Colin, poi chiuse il libro e aggiunse: — Che ne sarà della sua allieva?

— Non lo so — ammise Dunworthy.

— Non c'è niente che lei possa fare per tirarla fuori?