«Okay.» Si guardò intorno. «Aprite la chiusa e fatemi scendere. Non ho idea di cosa succederà quando il pozzo sarà aperto. Forse gli yrr ci attaccheranno direttamente, forse non succederà niente. Pensiamo positivo. Dopo che mi sarò sganciata, aspettate un minuto e, se la situazione lo permette, partite col secondo batiscafo. Non seguitemi. Rimanete appena sotto le onde e vedete di allontanarvi dalla nave. Più tardi…» Fece una pausa. «Prima o poi qualcuno ci ripescherà, no? Questi affari hanno a bordo una trasmittente satellitare.»
«A dodici nodi avrai bisogno di due giorni e due notti per raggiungere la Groenlandia o le Svalbard», commentò Johanson. «Il combustibile non è sufficiente.»
«Andrà tutto bene.» Si sentiva il cuore stretto. Abbracciò in fretta Johanson. Pensava a com'erano sfuggiti insieme allo tsunami sulle Shetland.
Si sarebbero rivisti!
«Che ragazza valorosa», disse Johanson.
Poi lei strinse il viso di Anawak tra le mani e gli diede un lungo bacio sulla bocca. Non avrebbe più voluto lasciarlo. Avevano parlato così poco, soprattutto di quello che sarebbe stato meglio per loro…
Adesso non diventare sentimentale.
«Sta' attenta», disse Anawak sottovoce. «Al più tardi tra un paio di giorni saremo di nuovo insieme.»
Con un balzo, Karen entrò nella cabina tubolare del pilota. Il Deepflight 2 oscillò leggermente. Lei si mise prona, scivolò nella posizione corretta e attivò il dispositivo di chiusura. Lentamente le due cupole si abbassarono e si chiusero. Osservò gli strumenti. Tutto sembrava intatto.
Karen Weaver sollevò i pollici.
Il mondo dei viventi
Johanson andò al pannello di controllo, aprì la chiusa e mise in movimento il Deepflight, che cominciò a scendere. Le paratie si apiirono e apparve il mare scuro. Non c'era nulla che cercasse di entrare. Karen staccò dall'interno il blocco per liberare il batiscafo, che sbatté sull'acqua e affondò. Nella cupola di vetro entrò l'aria del sistema. I colori impallidirono l'uno dopo l'altro, e il profilo del Deepflight cominciò a sfocarsi finché di esso non rimase che un'ombra.
Poi sparì.
Anawak sentì come una coltellata nel cuore.
«I ruoli degli eroi in questa storia sono già stati assegnati. Ai morti. Tu appartieni al mondo dei vivi.»
Greywolf!
«Forse hai bisogno di un intermediario che ti confidi quello che lo spirito uccello vede.»
Il medium di cui gli aveva parlato Akesuk era stato Greywolf, che gli aveva spiegato il suo sogno e aveva visto giusto. L'iceberg si era sciolto, ma la strada di Anawak non portava negli abissi, bensì nella luce.
Lo portava nel mondo dei vivi.
Da Samantha Crowe.
Anawak sobbalzò. Ma certo! Come aveva potuto farsi prendere così tanto dall'idea dell'eroico sacrificio? Come aveva potuto lasciarsi sfuggire il vero compito che lo aspettava a bordo dell'Independence?
«E ora?» chiese Johanson.
«Piano B.»
«Che sarebbe?»
«Devo tornare su.»
«Ma sei pazzo? A che scopo?»
«Voglio trovare Sam. E Murray.»
«Lassù non c'è più nessuno», disse Johanson. «La nave è stata evacuata. Erano tutti e due nel CIC l'ultima volta che li ho visti. Probabilmente sono stati tra i primi a volare via.»
«No.» Anawak scosse la testa. «Almeno non Sam. L'ho sentita chiedere aiuto.»
«Come? Quando?»
«Prima che vi raggiungessi. Sigur, non voglio infastidirti coi miei problemi, ma nella mia vita ho chiuso gli occhi troppo spesso. Ora è diverso. Non sono più così. Capisci? Non posso ignorarlo.»
Johanson sorrise. «No. Non puoi.»
«Stai attento! Faccio solo un tentativo. Intanto abbassa il Deepflight 3 e preparalo per la partenza. Se non riesco a trovare Sam nei prossimi minuti, torno indietro e ce la filiamo.»
«E se la trovassi?»
«C'è il Deepflight 4.»
«Va bene.»
«Davvero?»
«Certo.» Johanson allargò le braccia. «Cosa stai aspettando?»
Anawak esitò e si morse le labbra. «E se non torno entro cinque minuti, vattene senza di me, capito?»
«Aspetterò.»
«No. Tu aspetti cinque minuti. Al massimo.»
Si abbracciarono. Anawak corse lungo il molo. La zona in cui iniziava il tunnel che conduceva al settore del laboratorio era tutta allagata, ma l'Independence sembrava ancora in posizione piuttosto stabile. Negli ultimi minuti, la nave non si era ulteriormente inclinata in avanti.
Per quanto ancora? pensò Anawak.
L'acqua gli lambì le caviglie. Avanzò, a un certo punto fu costretto a nuotare, sentì di nuovo il pavimento sotto i piedi, infine nuotò ancora per qualche metro. Subito dopo, procedere divenne più difficile. Nei pressi della rampa dell'hangar, il soffitto era inclinato verso la superficie dell'acqua, ma rimanevano alcuni metri liberi per respirare. Anawak nuotò davanti alla porta chiusa del laboratorio fino al gomito della rampa e sbirciò oltre. Mentre alcune parti della rampa erano diventate piane, altre erano molto ripide. E il tratto fino al ponte dell'hangar era ripidissimo. In alto era sospesa una cappa di fumo. Doveva procedere carponi. Nonostante la tuta di neoprene aveva freddo. Anche se fossero riusciti ad andarsene col batiscafo, la loro sopravvivenza non era affatto certa.
E invece sì. Doveva sopravvivere! Doveva rivedere Karen Weaver.
Si mise a salire con decisione.
Fu più facile di quanto avesse creduto. L'acciaio della rampa era scanalato per offrire una presa ai veicoli e ai marinai. Le dita di Anawak si aggrapparono ai solchi. Più saliva, più la temperatura aumentava. In compenso nei suoi polmoni arrivò del fumo denso, che gli tolse il poco fiato rimasto. Le nuvole di fumo diventavano sempre più spesse. Dal ponte di volo arrivava ancora quel tremendo rimbombo.
Quando aveva sentito il grido di Samantha stava già bruciando tutto. Se era sopravvissuta all'esplosione e all'incendio, forse era ancora via.
Ansimando, si trascinò per gli ultimi metri e, con sua grande sorpresa, si rese conto che la visuale nell'hangar era migliore che sulla rampa. Nel tunnel il fumo si accumulava; lì i passaggi degli elevatori esterni permettevano la circolazione dell'aria. Facevano entrare il fumo, ma nel contempo lo disperdevano. L'aria era calda e soffocante come in un forno. Anawak si premette la manica davanti alla bocca e al naso e corse sui ponte dell'hangar.
«Sam!» gridò.
Nessuna risposta. Cosa si era aspettato? Che sarebbe corsa verso di lui a braccia spalancate?
«Sam! Samantha!»
Doveva essere impazzito.
Però meglio essere pazzo che morto, anche se apparentemente vivo. Greywolf aveva ragione. Lui aveva vissuto come uno zombie. La pazzia che sentiva in quel momento gli dava molto di più di una vita illusoria.
«Sam!»
Ponte a pozzo
Johanson era solo.
Era praticamente certo che Floyd Anderson gli avesse rotto un paio di costole. Almeno così si sentiva. Ogni movimento gli procurava un dolore infernale. Quando avevano portato via Rubin e l'avevano caricato sul batiscafo, più volte avrebbe voluto urlare per il dolore, però aveva stretto i denti per non creare ulteriori problemi.
Ma le forze lo stavano abbandonando.
Pensò al Bordeaux nella sua cabina. Che guaio! Ne avrebbe gustato volentieri un bicchiere. Sì, non avrebbe sanato le costole, tuttavia avrebbe dato a quella incresciosa situazione una nota sopportabile. Anche a costo di brindare con se stesso, dal momento che tutti i buongustai erano morti, tranne lui. Soprattutto tenuto conto del fatto che, tra gli individui fantastici o ripugnanti conosciuti nelle ultime settimane, non ce n'era neppure uno che condividesse il suo spiccato senso estetico.
Probabilmente lui era un dinosauro.
Un Saurus exquisitus, pensò, mentre abbassava il Deepflight 3 all'altezza del molo.