Изменить стиль страницы

Gli avevo risposto:

— Capisco. Sono completamente d'accordo.

Perché mi sembrava, e credo che sembrasse anche a lui, che fosse dalla tensione sessuale che esisteva tra di noi, ora ammessa e compresa, ma non soddisfatta, che la grande e improvvisa sicurezza di amicizia tra noi fosse sorta: un'amicizia della quale ciascuno di noi aveva un enorme bisogno, nell'esilio, e che era stata già tanto dimostrata, nei giorni e nelle notti del nostro amaro, difficile viaggio, che avrebbe già potuto essere chiamata, allora come più tardi, amore. Ma era dalle differenze che esistevano tra noi, non dalle affinità o dalle somiglianze, ma dalla differenza, che quell'amore veniva: ed esso era un ponte, l'unico ponte, che attraversava ciò che ci divideva. Per noi, incontrare la sessualità avrebbe significato incontrarci di nuovo come alieni. Ci eravamo toccati, nell'unico modo in cui potevamo toccarci. Avevamo lasciato la cosa a questo punto. Non so se abbiamo avuto ragione.

Abbiamo parlato ancora, quella notte, e ricordo di aver faticato molto a rispondere coerentemente, quando lui mi aveva chiesto che cos'erano le donne. Eravamo stati entrambi molto rigidi e prudenti tra noi, nei due giorni successivi. Un amore profondo tra due persone comprende, dopotutto, il potere e l'occasione di fare un male profondo. Prima di quella notte, mai avevo pensato di poter ferire, o far soffrire, Estraven.

Ora che le barriere erano cadute, la limitazione, secondo i miei termini, della nostra conversazione, della comprensione reciproca sembrava intollerabile, almeno a me. Lo stesso modo di parlare, tra noi, il non usare i nostri nomi, il darci ancora quel «voi» che aveva un senso a Erhenrang, ma non qui, erano altrettanti ostacoli che avvertivo, nella nostra nuova intimità. Ben presto, due o tre notti più tardi, avevo detto al mio compagno, nel finire la cena… un festino speciale, con molto zucchero e porridge di kadik, per festeggiare un percorso di venti miglia in un giorno…

— La primavera scorsa, quella notte, nella Dimora Rossa dell'Angolo, mi avevate detto che avreste voluto saperne di più, sul linguaggio paraverbale del quale vi avevo parlato.

— Sì, infatti.

— Volete vedere se io posso insegnarvi a parlare in quel linguaggio?

Lui aveva riso.

— Volete cogliermi a mentire.

— Se mai mi avete mentito, è stato molto, molto tempo fa, e in un altro paese.

Lui era una persona onesta, ma raramente era diretto, nei suoi modi. Questo lo aveva solleticato, e così aveva detto.

— In un altro paese potrei dirvi delle altre menzogne. Ma pensavo che vi fosse proibito d'insegnare la vostra scienza mentale a… ai nativi, finché noi non fossimo entrati nell'Ecumene.

— Non proibito. Non si fa. Io lo farò, però, se non vi dispiace. E se potrò riuscirci. Io non sono un Istruttore.

— Esistono dei maestri particolari per questa capacità?

— Sì. Non su Alterra, dove c'è un'altissima percentuale di sensibilità naturale, e… si dice… le madri parlano mentalmente ai loro bambini non ancora nati. Non so cosa rispondano i bambini. Ma la maggior parte di noi ha dovuto imparare, come se fosse stata una lingua straniera. O meglio, come se fosse stata la nostra lingua natale, ma imparata molto, molto tardi.

Credo che lui avesse capito i motivi che mi spingevano all'offerta d'insegnargli quella capacità, e desiderava imparare con tutte le sue forze. Iniziammo perciò a studiare, lui, e a insegnare, io. Cercai di ricordare meglio che potevo il periodo della mia Istruzione, e quello che avevo appreso, e come e quando lo avevo appreso, all'età di dodici anni. Gli dissi di liberare la mente, di sgombrarla da ogni pensiero, di lasciarla nel buio. Questo lo fece, senza dubbio, con maggiore prontezza e completezza di quanto mai io avessi potuto farlo; era un adepto dell'Handdara, dopotutto. E poi gli parlai con la mente, nella maniera più chiara che mi era possibile. Nessun risultato. Tentammo di nuovo. Dato che non si può comunicare con la mente, fino a quando una comunicazione non è stata ricevuta, fino a quando la potenzialità telepatica non è stata sensibilizzata da una ricezione chiara, fui costretto a cercare per primo di raggiungerlo. Cercai di farlo, tentai per più di mezz'ora, concentrandomi fino a quando non mi sentii la mente stanca. Lui sembrava abbattuto.

— Pensavo che su di me sarebbe stato facile — confessò. Eravamo entrambi stanchissimi, e rimandammo così il nuovo tentativo alla notte successiva.

I nostri tentativi successivi non furono coronati da un maggiore successo. Cercai di trasmettere un pensiero a Estraven, mentre lui dormiva, ricordando quel che mi aveva detto il mio Istruttore sul verificarsi di «messaggi nel sonno» tra le popolazioni non telepatiche, ma neppure questo sistema funzionò.

— Forse la mia specie manca della capacità di farlo — mi disse. — Ci sono sufficienti indizi e voci e sospetti, nel nostro mondo, da averci indotti a creare una parola per definire questo potere, ma non conosco alcun esempio dimostrato di telepatia, tra di noi.

— Così è stato per il mio popolo, per migliaia di anni. Pochi Sensitivi naturali, che non comprendevano il loro talento, e non avevano nessuno a cui trasmettere, o da cui ricevere. Tutti gli altri, telepatici latenti, nel migliore dei casi. Ve l'ho già detto: eccettuato il caso di colui che è nato Sensitivo, la capacità, benché abbia una fase fisiologica, è psicologica, un prodotto della civiltà, un effetto collaterale dell'uso della mente. I giovanissimi, e i deboli di mente, i malati, e i membri di società non evolute o regredite, non possono parlare mentalmente. Prima di tutto, la mente deve esistere su un certo piano di complessità. Voi non potete creare degli aminoacidi da atomi d'idrogeno; prima di questo, la complessità delle strutture deve aumentare e di molto. È la stessa situazione. Il pensiero astratto, rapporti sociali complessi e variati, intricati aggiustamenti culturali, percezione estetica ed etica, tutti questi elementi devono raggiungere un certo livello prima che le connessioni possano essere fatte… prima che la potenzialità possa essere almeno toccata.

— Forse noi getheniani non abbiamo raggiunto quel livello.

— Lo avete oltrepassato e di molto. Ma è in gioco anche la fortuna. Come nella creazione di aminoacidi… O, per portare l'analogia sul piano culturale… si tratta solo di analogie, ma sono illuminanti… il metodo scientifico, per esempio, l'uso di tecniche concrete, sperimentali, nella scienza. Esistono popoli nell'Ecumene che possiedono un'alta cultura, una società complessa, filosofie, arti, strutture etiche e morali, un grande stile e un'alta perfezione in tutti questi campi; eppure non hanno mai imparato a pesare accuratamente un sasso. Possono impararlo, naturalmente. Solo che per mezzo milione di anni non l'hanno mai fatto… Esistono dei popoli che non hanno sviluppato affatto le forme più alte di matematica, sono rimasti alle forme più semplici di matematica applicata. Ciascuno di questi uomini è in grado di comprendere il calcolo, ma nessuno di loro lo fa, né l'ha mai fatto. Per essere sinceri, il mio stesso popolo, i terrestri, ignorava l'uso dello zero, fino a circa tremila anni fa.

— Questo fece battere le palpebre a Estraven, per lo stupore.

— In quanto a Gethen, sono curioso di scoprire se anche tutti gli altri popoli dell'Ecumene possiedono la capacità di compiere Profezie… vorrei sapere se anche questo fa parte dell'evoluzione della mente… se voi ce ne insegnerete le tecniche.

— Pensate che si tratti di una realizzazione utile?

— L'accuratezza della profezia? Be', naturalmente!…

— Dovrete arrivare a credere che si tratti di una cosa inutile, per poterla praticare.

— La vostra dottrina Handdara mi affascina, Harth, ma a volte arrivo a chiedermi se non si tratti soltanto del paradosso sviluppato fino a diventare un sistema di vita…

Tentammo di nuovo il linguaggio della mente. Non avevo trasmesso mai, in passato, ripetutamente, a un non-ricevente totale. L'esperienza era spiacevole. Cominciai a capire quel che doveva provare un ateo che prega. Alla fine Estraven sbadigliò, e disse: