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Shizuko si rifiutò di lasciarmi andare in orario. Mi condusse al salone di comando in maniera che facessi il mio ingresso con sette minuti di ritardo. L’hostess conosceva già il mio (attuale) nome e il capitano s’inchinò sulla mia mano. È mia modesta opinione che sia meglio fare il Vip su una nave che l’addetto alla sicurezza sulla stessa nave.

Lo «sherry» comprendeva highball, cocktail, Morte Nera islandese, Pioggiadiprimavera del Regno (micidiale: non toccatelo mai), birra danese, un liquore roseo di Paese di Cuccagna, e, non ne dubito, Sudoredipantera a richiesta. Comprendeva anche trentun tipi diversi (li contai) di gustosi stuzzichini da mangiare con le dita. Fui fedele al signor Sikmaa; presi lo sherry, e solo un bicchiere piccolo così, e feci sforzi tremendi per rifiutare quando mi offrirono, di nuovo e di nuovo e di nuovo, quelle trentuno appetitose tentazioni.

E resistere fu un bene. Su questa nave la pappa viene servita otto volte al giorno (ho contato anche qui): caffè del primo mattino (café complet, cioè con dolci), colazione, spuntino di metà mattina, pranzo, tè del pomeriggio con panini e altri dolci, ora del cocktail con stuzzichini (quelle trentun trappole micidiali), cena (sette portate, se riuscite a reggerle), buffet di mezzanotte. Ma se vi viene appetito in qualunque momento, potete sempre ordinare alla dispensa panini e spuntini.

La nave ha due piscine, una palestra, un bagno turco, una sauna svedese, e una clinica per il «controllo pancia». Il rettilineo più lungo per le passeggiate, a percorrerlo da cima a fondo, è un chilometro. Secondo me non è abbastanza; certi passeggeri si stanno letteralmente mangiando il viaggio nella galassia. Arrivando alla capitale imperiale, il mio problema maggiore sarà riuscire a ritrovare l’ombelico.

Il dottor Jerry Madsen, ufficiale medico giovane, che non sembra tanto vecchio da poter essere un tagliaossa, mi individuò tra la folla allo sherry del capitano, poi mi aspettò dopo cena. (Non mangia al tavolo del capitano, e nemmeno nel salone da pranzo; mangia con gli altri ufficiali giovani nel quadrato ufficiali.) Mi portò nel salone galattico, dove ballammo, poi ci fu uno spettacolo di cabaret: canzoni, balletti, e un giocoliere che faceva anche il prestigiatore (e a me tornarono in mente quei piccioni, e Blondie, e di colpo mi sentii malinconica, ma soffocai la sensazione.)

Poi ripresero le danze e due altri giovani ufficiali, Tom Udell e Jaime Lopez, fecero a turno con Jerry, e alla fine il salone chiuse e tutti e tre mi portarono a un piccolo cabaret, il Buco Nero, e io rifiutai decisamente di sbronzarmi ma ballai tutte le volte che me lo chiesero. Il dottor Jerry riuscì a fregare gli altri e mi riportò alla cabina Bb a un’ora notevolmente tarda per il tempo della nave ma non particolarmente tarda per il tempo della Florida, e in fin dei conti io mi ero imbarcata quel giorno in Florida, no?

Shizuko mi aspettava, vestita in un bellissimo kimono, ciabattine di seta, e trucco d’alto livello e di stampo particolare. Ci fece un inchino, indicò che dovevamo sederci nella zona salotto (la zona letto è schermata da un paravento), e ci servì tè e pasticcini.

Dopo un po’ Jerry si alzò, mi augurò la buonanotte e uscì. Poi Shizuko mi spogliò e mi mise a letto.

Non avevo nessun piano preciso su Jerry, anche se senz’altro lui sarebbe riuscito a convincermi, se ci si fosse messo; la mia resistenza è scarsa, lo so. Ma tutti e due sapevamo fin troppo bene che seduta lì c’era Shizuko, le mani in grembo, a controllarci e aspettare. Jerry non mi diede nemmeno il bacio della buonanotte.

Dopo avermi messa a letto, Shizuko si coricò sull’altro lato del pavimento, accontentandosi di lenzuola e coperte che prese da una credenza.

Nessuno, nemmeno a Christchurch, mi aveva tenuta sotto una sorveglianza così stretta. Rientrava anche questo nel mio contratto non scritto?

29

Un’astronave, un’astronave iperspaziale, è un posto terribilmente interessante. Ovviamente occorre una conoscenza molto avanzata della meccanica ondulatoria e della geometria multidimensionale per capire cosa faccia andare la nave, e io non ho questa cultura e probabilmente non l’avrò mai (anche se mi piacerebbe studiare e farmi una competenza, anche adesso). I razzi, nessun problema: ci ha spiegato tutto Newton. L’antigravità, un mistero finché non arrivò a spiegarcela il dottor Forward; adesso è dappertutto. Ma come fa una nave con una massa di centomila tonnellate circa (così mi ha detto il capitano) a raggiungere una velocità quasi milleottocento volte superiore a quella della luce? Senza far rovesciare la minestra o svegliare qualcuno?

Non lo so. Questa nave ha gli Shipstone più grossi che io abbia mai visto… però Tim Flaherty (ingegnere assistente in seconda) mi dice che la loro energia viene utilizzata in pieno solo a metà di ogni balzo; per il resto del viaggio viene utilizzata solo energia «parassita» (il calore della nave, le cucine, i servizi ausiliari della nave, eccetera).

A me questa pare una violazione della legge della conservazione dell’energia. Sono stata cresciuta nella convinzione che ci si deve lavare regolarmente e che il cibo gratis non esiste; gliel’ho detto. Lui è diventato un tantino impaziente e mi ha assicurato che è proprio la legge della conservazione dell’energia a permettere la cosa. Dice che è come una funicolare: quella che prima immetti poi ti torna indietro.

Non lo so: qui non ci sono cavi; non può essere una funicolare. Però funziona.

La navigazione di questa nave è ancora più incomprensibile. Solo che non la chiamano navigazione, e nemmeno astrogazione; la chiamano «cosmonautica». Ora, forse qualcuno ha voluto prendere in giro la povera Friday, perché gli ufficiali che stanno sul ponte (non è un ponte) e si occupano della cosmonautica sono ufficiali cosmetici, perché stanno lì solo per bellezza; è il computer che fa tutto il lavoro; e il signor Lopez, l’ufficiale in seconda, dice che la nave deve avere ufficiali tecnici perché lo impone il sindacato, ma è il computer a fare tutto.

Non conoscendo le rispettive competenze, mi sento come se fossi andata a una conferenza senza conoscere la lingua del conferenziere.

Una cosa l’ho imparata: a Las Vegas pensavo che tutti i Grandi Giri Turistici fossero Terra, Proxima, Avamposto, Paese di Cuccagna, Foresta, Botany Bay, Alcione, Mezzavia, il Regno, e ritorno alla Terra, perché così sta scritto sui cartelli dei reclutatori. Sbagliato. Ogni viaggio è tagliato su misura. Di solito vengono toccati tutti e nove i pianeti, ma gli unici due punti fissi della sequenza sono che la Terra sta a un’estremità e il Regno, lontano quasi un centinaio di anni luce (98,7 +), all’estremità opposta. Le sette stazioni intermedie possono essere raggiunte all’andata o al ritorno. Comunque, esiste una regola generale per la successione delle soste: all’andata, la distanza dalla Terra deve essere sempre più grande a ogni sosta; al ritorno, la distanza deve decrescere. Non è complicato come sembra; significa solo che la nave non torna mai sui suoi passi, esattamente come fareste voi nel programmare un giro di compere che prevede molti negozi.

Ma questo lascia spazio a una notevole flessibilità. Le nove stelle, i soli dei pianeti, sono più o meno allineati lungo una retta. Guardate lo schizzo col Centauro e il Lupo. Viste dalla Terra, come potete vedere, tutte le stelle si trovano o nella metà anteriore del Centauro o lì vicino, nel Lupo. (So che il Lupo ha un’aria un po’ sofferente, ma il Centauro lo sta infilzando da migliaia d’anni. D’altra parte, io non ho mai visto un lupo, un lupo a quattro zampe, e meglio di così non so fare. Adesso che ci penso, non ho mai visto nemmeno un centauro.)

Le stelle sono raggruppate a quel modo nel cielo notturno della Terra. Per vederle bisogna trovarsi abbastanza a sud, diciamo in Florida o a Hong Kong, e anche così, a occhio nudo si vede solo Alpha Centauri.