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«Ora sei tu al comando», disse a Khamisi in tono formale, mentre Monk si avvicinava.

«Ne sono onorato, signore.»

Mosi annuì e lasciò andare il braccio di Khamisi. «Ho sentito dire bene di te, Fat Boy.»

Monk li raggiunse. Fat Boy?

Khamisi sgranò gli occhi, nello sguardo una miscela di vergogna e onore. Annuì e si allontanò. Mosi salì sull’elicottero. Avrebbe fatto parte della prima ondata d’attacco. Monk non aveva scelta, era in debito con lui.

Khamisi si avvicinò a Paula Kane. I due avrebbero coordinato l’attacco via terra.

Monk si guardò attorno, oltre il turbine di sabbia e polvere. Le forze si erano radunate in fretta, arrivando a piedi, a cavallo, su motociclette arrugginite e camioncini sconquassati. Mosi aveva fatto circolare la voce e, come il suo grande antenato Shaka Zulu, aveva radunato un esercito di uomini e donne, con indosso pelli tradizionali, tute mimetiche consunte, jeans Levi’s. E ne stavano arrivando ancora.

Sarebbe toccato a loro tenere occupate le guardie dei Waalenberg, per conquistare la tenuta, se possibile. Come se la sarebbero cavata gli zulù contro le forze di sicurezza, dotate di armi ed esperienza superiori? Sarebbe stata un’altra Blood River?

C’era soltanto un modo per scoprirlo.

Monk s’infilò nell’affollato scompartimento posteriore. Mosi si accomodò accanto al maggiore Brooks. Erano seduti di fronte ad Anna, Lisa e Painter. Sul sedile posteriore c’era anche un altro nuovo arrivato, un guerriero zulù mezzo nudo, di nome Tau, con la cintura allacciata. Era mezzo girato per tenere una lancia corta puntata in gola al copilota dell’elicottero: il sovrintendente capo Gerald Kellog era seduto accanto a Gunther, legato e imbavagliato. Aveva un occhio gonfio, che stava diventando viola.

Monk toccò Gunther su una spalla e gli fece cenno col dito di far decollare il velivolo. Gunther rispose con un cenno del capo e azionò il collettivo. L’elicottero si sollevò con un gran rombo di motori.

Il suolo si allontanava sempre di più e davanti a loro si estendeva la tenuta. Monk era stato informato dei missili terra-aria di cui erano dotati i Waalenberg. Disarmato com’era, il lento elicottero commerciale sarebbe stato un facile bersaglio.

Non era una bella situazione.

Monk si sporse in avanti. «È ora di guadagnarsi la pelle, sovrintendente.»

Kellog sbiancò.

Soddisfatto, Monk prese il microfono della radio e lo accostò alle labbra del sovrintendente. «Colleghiamoci alla frequenza della sicurezza.»

Khamisi aveva già ottenuto i codici. Era quello il motivo dell’occhio nero di Kellog.

«Si attenga al copione», lo ammonì Monk, facendogli un sorriso maligno.

Kellog si scostò ancora un po’.

Il suo sorriso era davvero così terribile?

Per ribadire la minaccia, Tau premette la punta della lancia nel collo morbido dell’uomo.

La radio emise qualche scarica elettrostatica e Kellog trasmise il messaggio secondo le istruzioni. «Abbiamo ricatturato uno dei vostri prigionieri. Monk Kokkalis. Lo abbiamo a bordo, atterreremo all’eliporto sul tetto.»

Gunther controllava la risposta della sicurezza tramite le cuffie.

«Ricevuto. Passo e chiudo», disse ancora Kellog.

Gunther quasi gridò: «Ci hanno dato il via libera».

Puntò verso il basso il muso del velivolo, accelerando verso la tenuta. Dall’alto, il palazzo sembrava ancora più imponente.

Monk si girò, rimettendosi comodo sul sedile, di fronte a Lisa. Accanto a lei, Anna era appoggiata al finestrino, gli occhi strizzati per il dolore. Painter dondolava, tenuto dalle cinture, e gemeva. L’effetto del sedativo stava per finire.

Lisa lo fece appoggiare di nuovo allo schienale.

Monk notò che gli teneva la mano. Da tutto il viaggio.

Lisa e Monk si guardarono in faccia.

Lo sguardo di lei era pieno di paura, ma non per se stessa.

ore 14.56

«L’asta di trasmissione è sollevata?» chiese Baldric.

Isaak annuì, senza distogliere lo sguardo dalla console.

«Prepara la Campana per l’attivazione.» Baldric si rivolse a Gray: «Abbiamo inserito i codici del DNA dei suoi compagni nella Campana. Modificherà le emissioni per snaturare e distruggere selettivamente i DNA corrispondenti, rimanendo innocua per tutti gli altri. È la nostra versione della soluzione finale».

Gray pensò a Fiona nascosta nella stanza e a Monk che stava arrivando proprio in quel momento. «Non c’è bisogno di ucciderli. Avete ricatturato il mio compagno. Lasciate stare il ragazzo e la ragazza.»

«Se c’è una cosa che ho imparato in questi ultimi giorni, è che è meglio non lasciare nulla in sospeso.» Baldric fece un cenno a Isaak. «Attiva la Campana.»

«Aspettate!» gridò Gray, facendosi avanti.

Ischke aveva raccolto la sua pistola e gliela puntò contro.

Baldric si diede una breve occhiata alle spalle, annoiato e impaziente.

Gray aveva soltanto una carta da giocare. «So come decodificare il codice di Hugo.»

La sorpresa ammorbidì l’espressione severa di Baldric. Sollevò una mano, facendo cenno a Isaak di aspettare. «Davvero? Lei è in grado di fare ciò che una serie di computer non è riuscita a fare?»

Gray sapeva di dover offrire qualcosa a Baldric, qualsiasi cosa, per impedirgli di attivare la Campana e irradiare i suoi amici. Indicò il monitor che mostrava ciclicamente le rune. Il computer le rimescolava, in cerca di una combinazione logica.

«Da soli fallirete», affermò Gray.

«E perché?»

Gray si leccò le labbra secche. Aveva paura, ma doveva restare concentrato. Sapeva con certezza che il computer avrebbe fallito, perché lui aveva già risolto l’enigma delle rune. Non capiva la risposta, ma sapeva che era quella giusta, soprattutto considerando le origini ebree di Hugo Hirszfeld.

Ma quanto poteva rivelare? Doveva contrattare al meglio delle sue capacità, cercando un equilibrio tra la verità e la risposta.

«Avete preso la runa sbagliata dalla Bibbia di Darwin», disse Gray. Era la verità. «E ci sono sei rune, non solo cinque.»

Baldric sospirò. Le rughe attorno alla bocca gli si fecero ancora più profonde per lo scetticismo. «Come la ruota del sole che ha disegnato l’altra volta, immagino.» Si voltò di nuovo verso Isaak.

«No! Lasci che glielo dimostri!»

Si guardò attorno e individuò un pennarello vicino a uno dei computer. «Passatemi quello.»

Con la fronte corrugata, Baldric fece un cenno a Isaak, che lanciò il pennarello verso Gray. Lui s’inginocchiò e fece un disegno sul linoleum grigio. «Questa è la runa della Bibbia di Darwin.»

L'ordine del sole nero pic_28.jpg

«La Menschrune», disse Baldric.

Gray la picchiettò con un dito. «Rappresenta lo stato superiore dell’essere umano, il piano divino che si nasconde in tutti noi.»

«E allora?»

«Questo era l’obiettivo di Hugo Hirszfeld, il risultato finale cui mirava, giusto?»

Baldric annuì lentamente.

«Hirszfeld non avrebbe incorporato il risultato nel suo codice. Il codice conduce a questo.» Picchiettò più forte la runa. «Questo non può rientrare nel codice.»

A poco a poco si fece strada la comprensione e il vecchio cominciò a credergli. «Le altre rune nella Bibbia di Darwin…»

Gray fece altri disegni sul pavimento, per illustrare la sua argomentazione.

L'ordine del sole nero pic_29.jpg

«Queste due rune costituiscono la terza.» Disegnò un cerchio attorno alle due rune biforcute. «Rappresentano l’umanità al suo livello più basilare, quello che conduce allo stato superiore. Perciò sono queste due che devono essere inserite nel codice.» Gray scrisse la serie originale di rune. «Questa è la sequenza sbagliata.»