— Oh! — Tagliangolo si rianimò. — Lo pensi seriamente?

La Nonnina annuì.

Tagliangolo si tastò la tunica in vari posti finché non pescò una borsa catramosa di tabacco e un rotolo di carta. Con mani tremanti si confezionò alla bell’e meglio una striminzita sigaretta con pochi fili di tabacco da pipa usato e ci passò su la lingua, inumidendola a malapena. Poi gli tornò in mente una vaga rimembranza di decenza.

— Uhm, ti dispiace se fumo?

La vecchia si limitò a scrollare le spalle. Lui accese un fiammifero sul muro e cercò disperatamente di dirigere fiamma e sigaretta pressappoco nella stessa posizione. La Nonnina gli tolse con delicatezza il fiammifero dalla mano tremante e gliela accese.

Tagliangolo aspirò il tabacco, ebbe il colpo di tosse di rito, e si appoggiò all’indietro. L’estremità incandescente della cicca era l’unica luce nel corridoio semibuio.

— Se ne sono andati vagando — annunciò alla fine la Nonnina.

— Lo so.

— I tuoi maghi non saranno capaci di riportarli indietro.

— So anche questo.

— Tuttavia, potrebbero riportare indietro qualchecosa.

— Vorrei che tu non l’avessi detto.

Seguì una pausa mentre entrambi contemplavano cosa sarebbe potuto tornare. Esseri che avrebbero abitato i corpi viventi e avrebbero agito quasi come i legittimi proprietari.

— Probabilmente è colpa mia… — affermarono all’unisono e s’interruppero sorpresi.

— Prima tu, signora — disse Tagliangolo.

— Quei cosi, le sigarette, sono buone per i nervi? — domandò la vecchia.

Lui aprì la bocca per osservare cortesemente che il tabacco era un’abitudine riservata ai maghi, ma ci ripensò. Porse alla Nonnina la borsa del tabacco.

Lei gli raccontò della nascita di Esk, dell’arrivo del vecchio mago e della verga, delle scorrerìe della bambina nella magia. Prima di avere finito, era riuscita ad arrotolarsi un cilindro sottile e compatto, che bruciava con una fiammella azzurra e le faceva lacrimare gli occhi.

— Non so se i nervi scossi non sarebbero meglio — ansimò.

Tagliangolo non la stava ascoltando.

— È assolutamente sorprendente — affermò. — Dici che la bambina non ne ha risentito in alcun modo?

— Che io sappia, no. La verga pareva… be’, stare dalla sua parte, se capisci ciò che intendo.

— E dove si trova ora questa verga?

— Ha detto di averla buttata nel fiume…

Il vecchio mago e l’anziana strega si guardarono, i volti illuminati dalla luce di un lampo.

Tagliangolo scosse la testa. — Il fiume è in piena — disse. — C’è una possibilità su un milione.

La Nonnina fece un sorriso inflessibile. Il genere di sorriso che fa fuggire i lupi. Afferrò decisa la sua scopa.

— Una possibilità su un milione si verifica nove volte su dieci — sentenziò.

Ci sono temporali francamente scenografici, tutti saette e rombi metallici di tuono. Altri sono tropicali e soffocanti, inclini a venti bollenti e palle di fuoco. Ma quello era un temporale delle pianure del Mare Circolare, la cui principale ambizione era colpire il suolo con la maggiore quantità di pioggia possibile. Il genere di temporale che ti induce a pensare che l’intero cielo abbia ingoiato un diuretico.

Tuoni e lampi restavano nello sfondo e fornivano una sorta di coro, ma la pioggia era la stella dello spettacolo. Che ballava il tip-tap attraverso il paesaggio.

I terreni dell’Università si stendevano fino al fiume. Di giorno formavano uno schema formale e ben disegnato di viali inghiaiati e di siepi. Ma in una notte burrascosa di pioggia, si sarebbe detto che le siepi si fossero spostate e che i viali se ne fossero semplicemente andati da qualche parte per restare asciutti.

Una debole luce arcana brillava tra le foglie gocciolanti. Ma la pioggia passava ugualmente.

— Sai usare una di quelle palle di fuoco dei maghi?

— Abbi un po’ di cuore!

— Sei sicuro che Esk sarebbe passata di qua?

— Qui vicino ci deve essere una specie di passerella, a meno che mi sia perso.

Si udì il rumore di un corpo pesante che avesse inciampato in un cespuglio e poi uno spruzzo.

— Ho trovato il fiume, comunque.

Nonnina Weatherwax si sforzò di vedere attraverso l’oscurità fradicia. Udì il rombo dell’acqua e scorse confusamente le creste bianche dell’onda di piena. Si sentiva anche l’odore inconfondibile dell’Ankh, da farti immaginare che varie armate l’avessero usato prima come orinatoio e poi come sepolcro.

Tagliangolo tornò verso di lei in condizioni pietose.

— Questa è follia. Senza offesa, signora. Con una tale inondazione la verga sarà già in mare. E io morirò di freddo.

— Non puoi diventare più bagnato di quanto sei ora. E comunque, cammini sotto la pioggia nel modo sbagliato — lo informò la Nonnina.

— Prego?

— Vai curvo, la combatti. Non è questo il modo. Dovresti… be’, muoverti tra le gocce. — E, in realtà, il vestito della vecchia pareva semplicemente umido.

— Me ne ricorderò. Andiamo via. Ho bisogno di un bel fuoco scoppiettante e di un bicchiere di una bevanda potente.

La Nonnina sospirò. — Non so. In qualche modo mi aspettavo di vederla spuntare dal fango, o altro. Non soltanto tutta quest’acqua.

Tagliangolo le batté con garbo una mano sulla spalla.

— Forse possiamo fare qualcos’altro… — cominciò e fu interrotto dalla luce di un lampo e da un altro scroscio di tuono.

— Ho detto che forse c’è qualcosa… — ricominciò.

— Che ho visto? — domandò la Nonnina.

Il mago era sorpreso. — Che cos’era?

— Dammi un po’ di luce!

Con un sospiro, il mago tese una mano. Un lampo di luce dorata saettò sull’acqua schiumante e si spense con un sibilo.

— Là! — esclamò trionfante la Nonnina.

— È solo una barca — disse Tagliangolo. — I ragazzi la usano d’estate…

Seguì a fatica ma con tutta la velocità possibile la figura decisa della vecchia.

— Non puoi pensare di portarla fuori in una notte come questa — protestò. — È una pazzia!

Lei proseguì lungo le assi bagnate della passerella, che era già quasi sott’acqua.

— Non sai niente di barche! — obiettò il mago.

— Allora dovrò imparare in fretta — replicò calma la Nonnina.

— Ma non sono più salito su una barca da quando ero un ragazzo!

— Non intendevo chiederti di venire. La parte a punta va davanti?

Tagliangolo gemette.

— Tutto ciò ti fa onore, ma forse possiamo attendere fino a domattina?

In quel momento un lampo illuminò il viso della vecchia.

— Forse no — ammise l’Arcicancelliere. Andò all’estremità della passerella e tirò a sé la piccola barca a remi. Salirci era questione di fortuna, ma alla fine ci riuscì e armeggiò con la cima nell’oscurità.

La barca fu presa nella corrente e portata via, ruotando lentamente su se stessa.

La Nonnina si teneva ben stretta al sedile che oscillava nelle acque turbolente, e nella semioscurità guardava piena di aspettativa Tagliangolo.

— Allora? — esclamò.

— Allora, cosa?

— Hai detto di sapere tutto delle barche.

— No. Ho detto che tu non lo sapevi.

— Oh.

Non si persero d’animo mentre la barca roteava pericolosamente, si raddrizzava come per miracolo ed era trascinata a valle di poppa.

— Quando hai detto che non eri più stato su una barca da quando eri un ragazzo… — cominciò la Nonnina.

— Avevo due anni, credo.

La barca fu presa in un vortice, roteò ancora, e partì come una freccia spinta dalla corrente.

— Ti avevo fatto il genere di ragazzino che andava tutto il giorno dentro e fuori delle barche.

— Sono nato tra le montagne. Mi viene il mal di mare sull’erba bagnata, se proprio vuoi saperlo — disse Tagliangolo.

La barca urtò pesantemente contro un tronco sommerso e un’onda si riversò sulla prora.

— Conosco un incantesimo contro l’annegamento — aggiunse sconsolato.

— Mi fa piacere.