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2.

Portai la mia sfera giù per la Via d’Acqua Peridoto, con la bestiola che mi guardava, sdraiata sul sedile passeggeri. Avevo cercato di lasciarla a casa, ma non avevo chiuso in tempo la sfera. Tra un’occhiata e l’altra a me, aveva inventato un gioco nuovo: consisteva nel cercare di prendere a zampate la mia ape che ronzava in alto, e minacciava sempre di cadere. Notai che l’ape sembrava tenersi in volo molto meglio, adesso che sei zampe bianche e una bocca piena di zanne la minacciavano di continuo.

Legai la sfera un po’ più giù del Monumento a Zeefahr e presi una strada mobile per il Palazzo delle Commissioni del Secondo Settore. La mia bestiola azzannò diverse gambe per la strada, e ci fu un po’ di chiasso, anche se gli Anziani sembravano perdonarmi perché ero Jang. Che ironia!

Saltammo giù, io, la mia ape e il bestiolino, ed entrammo nel Palazzo, che è nero e imponente. Cercano di dargli un aspetto il più possibile scostante per tenere alla larga la gente, ma sembra che sia inutile. Era affollatissimo.

Sedetti in uno spazio libero, in uno dei cerchi di sedili che giravano dolcemente e premetti il pulsante luminoso «Si richiede attenzione». Quel giorno sembrava che tutti avessero da lamentarsi. Lagnanze sui programmi della quadrovisione che non erano abbastanza erotici, e su famosi lassativi e afrodisiaci che sembrava non facessero più effetto. Lamenti sull’erba-seta che sbiadiva nei parchi, sulle foglie cadenti che erano più pesanti del vrek precendente, sulla luce delle stelle che si era accesa tardi o troppo fioca o qualcosa del genere sul Primo Settore, la notte precedente. C’era gente che si lamentava perché doveva pagare troppo spesso per la casa, e maniaci dei ringraziamenti che dicevano di non pagare abbastanza spesso.

Un robot si fermò davanti a me.

«Richiesta?»

«Cambiamento di età e di posizione sociale,» dissi io.

Cadde una specie di silenzio, e potei sentire gli sguardi che mi fissavano, mentre le menti piccine pensavano: «Evviva! Una freak

«Registrato,» scattò il robot; poi non seppe resistere alla tentazione di aggiungere: «Uno-A, Prima Classe Eccezionale. Hai qualche ragione medica per la richiesta?»

«No.»

«Hai una qualche ragione?»

«Io penso di sì,» dissi. «Tu, probabilmente, la penseresti in un altro modo.»

Mi girai per lanciare occhiatacce a quelli che mi sbirciavano e all’improvviso mi accorsi che anche la bestiola lanciava occhiatacce, ringhiando e soffiando rabbiosa. Le accarezzai la testolina chiara e riuscii a ritirare le dita appena in tempo.

Il robot si era allontanato, ma un messaggero mi si avicinò volando e mi segnalò di seguirlo. Tutti gli altri brontolarono. Ero passata al primo posto, grazie esclusivamente all’originalità. Probabilmente qualcuno aveva voglia di farsi quattro risate prima di continuare con la solita, noioissima routine.

Salii la spirale mobile, seguendo il messaggero, e venni condotta lungo corridoi di vetro in una stanzetta rotonda, con un dipinto mobile sul soffitto e un tappeto d’acqua asciutta. Un funzionario quasi-robot sedeva su una sedia fluttuante di crystallize, anche quella ancorata ma un po’ più in basso, e con mia sorpresa e sconforto, la bestiola spiccò un gran balzo e si posò saldamente sulle mie ginocchia. Rimasi seduta, molto eretta, e guardai il Q-R. Lui guardò me.

«Ora,» disse il quasi-robot, agitando dolcemente i baffi, «vuoi ripetermi la tua richiesta?»

«Cambiamento d’età e di posizione sociale,» dissi, intrepida. Beh, almeno fingevo di esserlo.

«Uhm,» disse il quasi-robot. Fissò serenamente un punto, appena al di sopra dei miei occhi. La mia ape mi cadde sulla testa, il bestiolino spiccò un balzo per afferrarla, la sedia s’inclinò, e tutti finimmo sul tappeto d’acqua, creando un’orrenda ondata di piena.

«Oh, farath… onk!» Cominciai ad imprecare e mi affrettai a smorzare l’imprecazione: non si poteva mai sapere, con i Q-R.

La sedia mi seguì e io tornai a sedermi. La bestiola, purtroppo, tornò a balzarmi in grembo.

«Sì,» disse il Q-R. «Capisco.»

Fluttuammo graziosamente per circa cinque milioni di vrek, e poi egli aggiunse: «Sei Jang, naturalmente.»

«Sì.»

«Uhmm.»

«Ed è proprio questo il guaio,» gli dissi.

«Oh, suvvia,» cantilenò il Q-R, proprio come se fosse un fattore. «Il fiore della vita. Totale consapevolezza degli ottanta sensi, il vertice delle risorse dell’immaginazione…»

Detesto veramente la gente che mi snocciola queste sciocchezze; ma restai seduta immobile e ascoltai educatamente, raggiante, come se pensassi che lui era la cosa assolutamente più groshing con cui avessi mai fluttuato. Alla fine stette zitto, e io dissi:

«Hai tutte le ragioni, certo, ma sinceramente ritengo di aver accelerato un po’ il mio sviluppo, e ho bisogno di passare allo stadio successivo, di diventare Anziana.»

«E da quanto tempo, mia cara,» fece il Q-R, sorridendo, «sei una dei Jang?»

«Da millenni,» feci io.

«Uhmm.»

Fluttuammo ancora. Alzai gli occhi verso il dipinto del soffitto, e c’erano corpi bellissimi, da cui spuntavano foglie e fiori: eseguivano una specie di danza dimensionale, in modo che certi pezzi sparivano e riapparivano continuamente da qualche altra parte.

«Ho appena consultato il tuo fascicolo nell’archivio,» mi disse bruscamente il Q-R. Lo fanno con le unità telepatiche che hanno nei gomiti, così dice Hatta, ma per essere assolutamente sinceri ti fa impressione lo stesso. Di solito, la frase sconcertante è: «Ho appena consultato il tuo fascicolo nell’archivio, e il tuo nuovo corpo non è stato ancora registrato. Quindi, sei temporaneamente morto.» Ricordo che era accaduto una volta anche a Hergal, quand’ero con lui al Palazzo dell’Avventura. Fece a tutti e due un effetto molto strano. Credo sia per quello che adesso resta nel Limbo per uno o due unit, per precauzione. Comunque il Q-R continuò:

«Secondo la documentazione, tu sei Jang solo da un quarto di rorl. Il periodo abituale è di almeno mezzo rorl, mia cara signorina. Tranne, naturalmente, nei casi molto eccezionali.»

«Io sono un caso eccezionale!» gridai.

«Oh, non credo proprio, mia cara,» fece il Q-R.

Cominciò a spiegare, ma io non capii, e sinceramente credo che non capisse neppure lui. Perciò l’interruppi:

«Non puoi mettermi alla prova? Non c’è una specie di sistema per scoprire i casi speciali?»

«Beh, ehm.» disse il Q-R. Tornò di nuovo in trance, frugando nei banchi della memoria e in chissà che. «È una faccenda abbastanza complessa. Esami fisici e mentali e così via.»

«Giusto,» dissi io.

Lo avevo veramente sbalordito… Derisann.

«Cosa?»

«Sono pronta,» dissi. «Quando cominciamo?»

Per un po’ restò lì a guardarmi, sbattendo gli occhi.

«Ehm. Vuoi aspettare un momento?» disse, e abbassò la sedia sul pavimento. Passò attraverso il tappeto d’acqua e mi lasciò lì. Voglio dire, questo non lo fanno mai. Per motivi di superiorità, stanno sempre sulle loro sedie, e tocca a te muoverti. Lo avevo davvero confuso. Mi sentivo le orecchie calde per l’eccitazione e un po’ anche per una specie di panico. Ero veramente pronta a passare allo stadio successivo? Era quella la soluzione? All’improvviso provai l’impulso di lanciarmi fuori dalla stanza, ma mi trattenni. Era il fatto di essere Jang a deprimermi. Doveva essere quello. Perciò, secondo la logica, essere non Jang mi avrebbe aiutata a sentirmi meglio. La porta si alzò e un altro messaggero mi segnalò di seguirlo.

Lo seguii, tremando come se fossi nel Palazzo delle Dimensioni.