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Naturalmente, appena le nostra urla di terrore arrivarono all’interno, le luci rosee divennero rosse; le solite dieci porte si aprirono e si chiusero dietro di noi, in successione, ed entrammo a passo di carica, gridando. Talvolta ci sono due robot, talvolta uno solo. Questa volta ce n’erano quattro. Superfluo aggiungere che eravamo entusiasti all’idea di menar le mani.

Lorun e Sarl e l’altro maschio agguantarono il robot più vicino e lo scaraventarono contro quello che stava dietro, poi sedettero sulla massa metallica che si dibatteva e strapparono le spine. Tre femmine aggredirono un altro e lo atterrarono con funi di perle di crystallize, mentre la cocca con il corno ed io ci scoprimmo improvvisamente compagne d’armi e assaltammo l’ultimo. Trovai la spina dello smantellamento, mentre lei rovistava con il corno nei circuiti elettrici dei riflessi.

Ci congratulammo reciprocamente, raggianti, e ci avviammo verso i comandi. Ma per la verità, pensai, non si può mai far molto, tranne creare un lieve tremito nei raggi della barriera, che lascia entrare per circa due split un po’ di vere intemperie o di terremoto o qualcosa del genere. Comunque, noi non ci pensavamo, ed eravamo convinti di essere temerari e tremendi, di sovvertire il sistema. Guardammo gli schermi, e vedemmo tre montagne molto ooma che cominciavano a eruttare tutte insieme, riversando la lava verso di noi.

«Via!» gridò Lorun, e tutti cominciammo a sfasciare in giro tra i pulsanti e le manopole, con zampe esperte.

E poi ci ritrovammo sul pavimento. Quattro BOO aveva sussultato con forza. Le onde si stavano già riallacciando, tutto intorno, ma un po’ di quella lava sarebbe riuscita a passare. E poi qualcosa mi colpì. Non era pioggia, o cenere, o un fremito del terreno, di cui gli edifici della città possono ridere. Questo era magma rovente, doloroso, mortale. A Quattro BEE i vulcani sono meno numerosi e meno attivi. Non credo che riusciremmo mai a fare entrare la lava a Quattro BEE, se ci provassimo. Ma cercare di combinare le cose in modo che la lava fosse la portata principale del menù… Mi sentii orribilmente, all’improvviso, agghiacciata e nauseata.

«Qualcuno si brucerà,» dissi a Lorun, rendendomi conto all’improvviso di aver capito molto meglio degli altri ciò che stava succedendo.

«E allora?» fece Lorun, «È un Evento. Abbiamo fatto succedere qualcosa. Siamo venuti qui altre volte, ma non abbiamo mai avuto molta fortuna con la lava. Questo è veramente groshing, mia ooma. Goditelo.»

«Oh, Lorun,» mormorai. E poi notai qualcosa che nessun altro vedeva: una piccola spia verde che si accendeva e si spegneva sulla parete. Andai a guardare, e c’era scritto Scudo d’onde d’emergenza in funzione. La Commissione! Ringraziai la Commissione. La saggia, meravigliosa groshing Commissione! Là sapevano del sabotaggio dei Jang, ma proteggevano la città. Benissimo, lasciamo che i Jang aprano la cupola ma, con quella pericolosa lava tutto intorno, mettiamo un meccanismo a reazione immediata per schermare la cupola, mentre le onde si riordinano: un meccanismo al quale i Jang non possono arrivare.

Il nostro sabotaggio era stato sventato, e io mi sentivo così felice.

Gettai le braccia al collo di Lorun e lo baciai. Lui sembrò soddisfatto. Sembrò meno soddisfatto quando corremmo via e trovammo la città perfetta, intatta. Gli altri diventarono di pessimo umore. Sembrava pensassero che fossi io la responsabile del loro insuccesso: e se desiderare significa fare, immagino che lo fossi davvero.

9.

Dopo la storia della lava, avrei dovuto essere più ferma con me stessa, per quanto riguardava Lorun. Ma non lo fui. Bene, pensai, c’era in lui qualcosa, un particolare, che non mi piaceva, ma ero ancora zaradann di lui, in modo insumatt. Non potevo dire: «Me ne vado. Otteniamo l’annullamento.» Mi dissi che avrei resistito fino alla scadenza della proroga matrimoniale, che sarebbe stata di lì a dieci unit; e allora avrei deciso per la faccenda della bambina.

Poi Lorun mi chiese se mi sarebbe piaciuto andare a Quattro BAA con il suo avioplano privato, e questo sistemò tutto. Beh, tanto ci tenevo a vedere Quattro BAA.

«Il mio fattore,» disse distrattamente Lorun, «ha qualcosa a che fare con gli allevamenti. Possiamo andare a dare un’occhiata in giro, se vuoi.»

L’avioplano era superlussuoso e guidato da un robot. Facemmo l’amore e suonammo una speciale Musica per l’Orecchio Superiore, che ti faceva sentire beato e sereno e impazzito di gioia, e mangiammo prugne di zucchero su ghiaccio d’oro, e in genere ci demmo ai bagordi.

Venne anche il bestiolino, e si diede ai bagordi quanto noi. Si ingozzò di prugne di zucchero e si strofinò contro Lorun, con i perversi occhi arancione illuminati da un affetto decisamente nauseante.

L’avioplano era molto veloce, e raggiungemmo Quattro BAA in un giorno, immediatamente prima che nel deserto spuntasse l’alba e che nella cupola ci fosse il tramonto. Mi dispiacque perdere un’altra alba vera, ma notai con tristezza che i finestrini dell’avioplano erano elegantemente diventati opachi, con un effetto di broccato d’oro.

Andammo alla residenza del fattore di Lorun. Il fattore, che era femmina, ci guardò con aria vaga e chiese chi dei due era suo figlio. Lorun le rispose prontamente che ero io, causando un turbine d’imbarazzo. Alla fine chiarimmo tutto e il fattore se ne andò con un affascinante maschio anziano dai capelli rosso-scuri, lasciandoci abbandonati a noi stessi.

Gironzolammo un po’ per casa, poi andammo a mangiare su di un lago azzurro, sotto le stelle, a bordo di una zattera d’oro con baldacchino, serviti da ragazze quasi-robot tutte ingioiellate, dai lunghi capelli azzurri d’acqua asciutta. BAA è veramente il centro di tutte le cose più ricche e più strane. Draghi dalle scaglie di zaffiro scagliavano getti d’acqua dal lago, tutto intorno a noi. Un serpente incrostato di perle si avvicinò alla zattera per sbirciarci, e io dovetti affrettarmi a catturare il bestiolino, caso mai pensasse che si trattava di un animale robot, come il serpente che avevo comprato per Hergal. In effetti, il bestiolino diventò un po’ tosky e andò a nascondersi barrendo in petto a Lorun.

Dopo l’ottavo pasto, passammo attraverso una galleria di stelle raggruppate in motivo ornamentali, lassù in alto, sul dorso di un uccello meraviglioso dal piumaggio d’argento bruciante e dal becco di rubino: cantava strane canzoni d’amore con una voce lieve, dolce, malinconica, la più bella e appassionatamente triste che avessi mai sentito. Quasi piangendo, Lorun ed io ci tenemmo abbracciati ai cuscini rossi, e dopo lui disse: «Sposami per un vrek quando scadrà la proroga, o per due vrek, angelo derisann dalla luce scarlatta.» Credo che la poesia fosse contagiosa: comunque, ero perduta.

«Oh, sì,» mormorai. «Ooma, ooma, oh, sì.»

Ma la proroga non era ancora scaduta.