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Poco prima dell’arrivo, sentii la femmina che urlava e strillava perché aveva perso il suo animale color di rosa. Tutti parteciparono alla ricerca e alla fine individuarono i rumori tremendi che provenivano dal salone. Erano ansiti e grugniti e gridolini, e una specie di barrito in sottofondo che poteva essere soltanto…

«Oh, abominevole ragazza Jang!» strillò la femmina anziana. «La mia povera, piccola Nocemiele massacrata dal tuo mostro.» Nocemiele era presumibilmente l’animaletto roseo; il «mostro» era presumibilmente sappiamo chi.

Impauriti e tremanti avanzammo tutti nel salone, e loro erano là, Nocemiele e il bestiolino, e sinceramente, credo che la femmina anziana avrebbe preferito che il bestiolino avesse appena sgozzato Nocemiele.

«Aah!» strillò. «Come hai potuto

Era un piccolo tradimento.

Quello che stavano combinando i due, in realtà, era che facevano l’amore. No, davvero. E doveva essere assolutamente groshing, a giudicare dal baccano. La femmina saltellava torno torno, urlando che qualcuno doveva andare a dividerli, e credo di averla scandalizzata sul serio quando le chiesi se a lei sarebbe piaciuto venire strappata al suo maschio prescelto nel bel mezzo di una cosa del genere. Comunque, vinse il buon senso e li lasciammo in pace, osservando affascinati fino a quando arrivò il momento culminante, in una sfera rotolante e strillante di pelame scomposto, di zampe in movimento e di code agitate. Poi crollarono esausti. Bene, doveva essere durato almeno trenta split. Mi sentii ridicolmente orgogliosa del bestiolino quando si alzò, si scrollò, e venne tranquillo da me, supremamente disinvolto. Lo raccolsi e mi congratulai con lui, stando bene attenta a come lo tenevo: probabilmente era un po’ indolenzito, qua e là.

«Mi rivolgerò alla Commissione!» ululò la femmina anziana. «Rovinare il mio animale! E se fa un uovo…»

Pensai che stesse per avere una crisi di convulsioni, non l’ebbe, purtroppo. Non so come, ma ebbi l’impressione che Nocemiele avesse fatto le uova altre volte.

E proprio allora, per fortuna, la nave annunciò che ci stavamo avvicinando a Quattro BOO.

7.

Ecco, adesso ero veramente fuori da Quattro BEE.

Naturalmente, Quattro BOO e Quattro BAA sono molto simili, a parte i precipizi vulcanici a BOO e gli enormi allevamenti di animali androidi a BAA, che forniscono splendide creature semisintetiche, come il drago della Torre di Giada.

Comunque, la prima cosa che accadde, naturalmente, quando scesi dalla nave delle sabbie, fu che la mia ape mi cadde sulla testa davanti ai Jang, agli Anziani indignati, a una Nocemiele indiscutibilmente raggiante, e ad una intera folla di robot e di Q-R e di curiosi che erano venuti ad assistere al nostro arrivo. Cercai di darmi un’aria molto blasé.

Per lo sbarco, mi ero acconciata molto alla Jang. Dopotutto, dovevo attirare qualche maschio Jang. Portavo calzoni trasparenti con piccoli dischi d’argento alle caviglie, e una tunica corrispondente con i dischi sui fianchi. Il tessuto era lievemente spruzzato di polvere argentea. Catenelle d’argento mi tintinnavano sull’inguine, e intorno ai seni fremevano e danzavano grandi opali verdognoli fissati a cordicelle di platino. Avevo lunghi orecchini di turchese che mi arrivavano all’ombelico, dove era fieramente in mostra un’altra turchese. I miei capelli erano un tumulto di fiori di seta, gingilli metallici, più un grande pettine a ventaglio grondante di perle.

Eravamo alla Spianata dell’Arrivo, coperta d’erba piumosa tagliata corta, con artistici alberi di rame dai tronchi tormentati. Lì vicino, oltre la cupola protettiva, i vulcani ruggivano e sputavano fuoco, ma era impossibile accorgersene. In effetti, là riducono tutto quello splendore utilizzando l’energia per gli accumulatori della centrale elettrica; ma in fondo è un bene perché così la roba costa meno e qualche volta, dopo un’eruzione particolarmente energica, per quell’unit tutto quel che compri è gratis.

Mi guardai intorno e feci lampeggiare gli anelli che portavo alle dita dei piedi, ma non c’era in vista neppure un maschio Jang.

Dovemmo fornire le nostre identità e il luogo d’origine in un ufficietto con le colonne di vetro e una fontana. Poi tutti gli altri partirono con gli avioplani, le sfere e gli altri veicoli presi a noleggio. Io mi avviai verso un vecchio marciapiedi immobile fiancheggiato da belle sculture ottodimensionali. Il bestiolino mi trottò dietro, prendendo a sberle i dischi d’argento alle caviglie con le pesanti zampe bianche.

«Chi è che ha fatto l’amore con Nocemiele?» chiesi all’improvviso; e ballammo insieme in mezzo alle statue. Incredibile! Mi sentivo pazzamente felice.

Subito dopo, una macchina piena di tentacoli mi sfrecciò accanto e cominciò a offrirmi sistemazioni varie. Le Commissioni delle nostre città sono capaci di individuare un turista in due split: e appena ti scoprono, ti sono addosso. Immagino sia molto utile. C’erano moltissimi posti esotici dove io potevo «rilassarmi e divertirmi». Scelsi il Palazzo del Lago Vulcanico: pareva che brulicasse di maschi Jang. La macchina tentacolata corse via in preda a una felicità isterica e pochi secondi dopo tornò con un avioplano dai colori dell’arcobaleno, che apparentemente era gratuito. Bene. Io e il bestiolino salimmo, e la macchina tentacolata impartì istruzioni al robot e poi si eclissò con molto tatto, assicurandomi che non mi sarei mai pentita della scelta. Beh, questa era proprio tutta da ridere.

Cominciai a sentirmi strana nel momento in cui cominciammo a sorvolare il grande, turbinoso lago di lava vischiosa. C’erano bolle che salivano e scoppiavano, e getti di vapore che sibilavano e crepitavano. Il Palazzo era d’ossidiana, naturalmente, e torreggiava in mezzo a quel caos; era ovviamente ancorato, ma si dondolava leggermente insieme alla lava. Era uno spettacolo sbalorditivo, penso. Stava scendendo l’oscurità, blu cupa, e il lago e le strutture massicce del Palazzo splendevano come fiamme. Comunque, mi sentii in preda alla nausea.

L’avioplano mi scaricò all’ingresso, una terrazza dalle colonne di vapore: ed entrai. Il pavimento era venato d’oro, e poco dopo si arricchì di altre decorazioni, quando il bestiolino vomitò in tutte le direzioni il settimo pasto.

Chiesi scusa, pagai il dovuto, e chiamai un altro avioplano perché venisse a recuperarmi.

Mentre sorvolavamo Quattro BOO pensai: Possono tenersi i loro palazzi. Questa notte dormiremo in un parco. Terreno solido, e tempo sempre perfetto, naturalmente, dentro a una cupola. E tanti Jang. Dirò che sono venuta qui per fare un po’ di contemplazione.

E così andammo e comprammo un cubo di vetro e d’acciaio e d’oro estremamente insumatt, venato di colori meravigliosi e contenente una cinquantina di possibili infiniti. Sarebbe valsa la pena di contemplare una cosa come quella, anche se non fosse saltato fuori nient’altro. Ero piena di pazze speranze e ripensavo con gioia intensa alla mia mezza figlia che aspettava a Quattro BEE. E poi io, il bestiolino e quella bestia di ape scendemmo nella luce delle stelle su di un soffice prato.

Avanzai un po’, dopo aver acceso la lucetta serale dell’ape, e scelsi un boschetto d’alberi diamante. Mi sistemai, feci un pasto per iniezione, ispezionai i miei capelli, l’abito e tutto il resto nel lungo specchio dell’ape, e poi mi adagiai, aggraziata e languida, con il cubo ancorato a un tronco d’albero, alla distanza adatta. E mi perdetti davvero nella contemplazione, io e tutte le mie pazze speranze. Non udii veramente le loro voci fino a quando non insistettero.

Erano entrambi maschi, entrambi molto groshing, uno con i capelli bianchi e l’altro con i capelli scuri.

«Io sono Sarl,» disse quello dai capelli scuri, non appena li guardai. «Questo è Lorun.»

«Oh, è derisann,» mormorai. Il bestiolino mostrò i denti, e io cercai di allungargli una sberla di nascosto.