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Subito il gruppetto si sciolse. Nell'uscire, il generale Morpurgo mi lanciò un'occhiata astiosa. Passandomi davanti, il senatore Kolchev mi fissò con una certa curiosità. Il consulente Albedo si limitò a svanire nel nulla. Leigh Hunt fu il solo a trattenersi. Si mise comodo, posando la gamba sul bracciolo della poltrona pre-Egira, d'inestimabile valore, su cui sedeva. — Si sieda — mi disse.

Lanciai un'occhiata a Gladstone: si era seduta alla scrivania e ora annuì. Mi accomodai nella sedia con lo schienale dritto occupata poco prima dai generale Morpurgo. Gladstone disse: — Davvero ritiene che sia stupido difendere Hyperion?

— Sì.

Gladstone unì la punta delle dita e si batté il labbro inferiore. Alle sue spalle, la finestra mostrava il fermento continuo del party in onore della flotta. — Se nutre qualche speranza di riunirsi alla sua… ah… controparte — disse Gladstone — dovrebbe avere interesse che la campagna di Hyperion sia portata a termine.

Rimasi in silenzio. Alla finestra il panorama cambiò e mostrò il cielo notturno ancora fiammeggiante di scie di fusione.

— Ha portato i materiali da disegno? — chiese Meina Gladstone.

Estrassi la matita e il piccolo blocco per schizzi che a Diana Philomel avevo detto di non avere.

— Disegni pure, mentre parliamo — disse Meina Gladstone.

Iniziai a schizzare un abbozzo della donna in quella posa rilassata, quasi scomposta, e passai ai particolari del viso. Gli occhi stuzzicavano la mia curiosità.

Mi rendevo conto vagamente che Leigh Hunt mi fissava. — Joseph Severn — disse. — Interessante scelta di nomi.

Usai tratti rapidi e marcati per dare il senso della fronte spaziosa e del naso pronunciato di Gladstone.

— Sa perché la gente diffida dei cìbridi? — domandò Hunt.

— Sì — risposi. — La sindrome del mostro di Frankenstein. Paura di tutto ciò che, pur in forma umana, non è completamente umano. La vera ragione per cui gli androidi furono messi fuorilegge, penso.

— Ah-ha — convenne Hunt. — Ma i cìbridi sono completamente umani, no?

— Dal punto di vista genetico, sì. — Mi scoprii a pensare a mia madre, a ricordare quante volte avevo letto per lei, durante la sua malattia. Pensai a mio fratello Tom. — Ma fanno anche parte del Nucleo e così corrispondono alla definizione "non completamente umano".

— Anche lei fa parte del Nucleo? — domandò Meina Gladstone, girandosi a guardarmi negli occhi. Iniziai un altro schizzo.

— Non proprio. Posso viaggiare liberamente nelle regioni che mi sono consentite, ma questa capacità è più simile all'accesso alla sfera dati che non alle caratteristiche di una vera personalità del Nucleo. — Il viso di Gladstone era più interessante di tre quarti, ma gli occhi avevano maggiore intensità, visti di fronte. Lavorai a riprodurre il reticolo di rughe che si allargava dagli angoli di quegli occhi. Era evidente che Meina Gladstone non si era mai concessa un trattamento Poulsen.

— Se fosse possibile mantenere dei segreti nei confronti del Nucleo — disse la donna — sarebbe follia permetterle libero accesso ai consigli di governo. Ma, visto come stanno le cose… — Abbassò le mani e si drizzò a sedere. Cambiai pagina.

— Visto come stanno le cose — riprese Gladstone — lei possiede informazioni che mi occorrono. È vero che può leggere la mente della sua controparte, la personalità ricuperata per prima?

— No — risposi. Era difficile catturare il complesso gioco di rughe e di muscoli agli angoli della bocca. Ne tracciai lo schizzo, passai al mento volitivo e alla zona d'ombra sotto il labbro inferiore.

Hunt corrugò la fronte e diede un'occhiata al PFE. Meina Gladstone unì di nuovo la punta delle dita. — Si spieghi — disse.

Alzai lo sguardo dal disegno. — Faccio dei sogni. A quanto pare, il contenuto dei sogni corrisponde a eventi che si verificano intorno alla persona che porta in sé l'innesto della precedente personalità Keats.

— Una donna di nome Brawne Lamia — disse Leigh Hunt.

— Sì.

Gladstone annuì. — Quindi la personalità Keats originale, quella che si ritiene sia stata uccisa su Lusus, è ancora viva?

Esitai. — È… è ancora consapevole — dissi infine. — Come saprà, il substrato della personalità primaria fu estratto dal Nucleo, probabilmente a opera del cìbrido stesso, e innestato nel corpo della signora Lamia, in un bio-shunt a ciclo d'iterazione Schrön.

— Sì, sì — disse Leigh Hunt. — Ma lei è davvero in contatto con la personalità Keats e, per suo tramite, con i pellegrini allo Shrike?

Tratti rapidi e marcati fornirono uno sfondo scuro per dare allo schizzo di Gladstone maggiore profondità. — In realtà non sono in contatto — replicai. — Faccio sogni su Hyperion, sogni che, secondo le vostre trasmissioni astrotel, corrispondono a eventi in tempo reale. Non posso comunicare con la personalità Keats passiva, né con il suo ospite, né con gli altri pellegrini.

Gladstone batté le palpebre. — Come fa a sapere delle trasmissioni astrotel?

— Il Console ha rivelato agli altri pellegrini che il suo comlog è in grado di collegarsi al trasmettitore astrotel della sua nave. Li ha informati poco prima che scendessero nella valle.

Il tono di Gladstone lasciava intuire gli anni passati a fare l'avvocato prima d'entrare in politica. — E gli altri come hanno reagito alla rivelazione del Console?

Rimisi in tasca la matita. — Sapevano che tra loro c'era una spia — risposi. — L'ha detto lei, a ciascuno di loro.

Gladstone scoccò un'occhiata al suo aiutante. L'espressione di Hunt era vuota. — Se lei è in contatto con loro — riprese la donna — saprà di sicuro che non abbiamo ricevuto alcun messaggio, da quando hanno lasciato Castel Crono per scendere alle Tombe del Tempo.

— Il sogno di ieri notte è terminato proprio mentre si avvicinavano alla valle.

Meina Gladstone si alzò, andò alla finestra, spense l'immagine.

— Così non sa se qualcuno di loro è ancora vivo?

— No.

— In quali condizioni si trovavano, secondo il suo ultimo… sogno?

Hunt mi osservava con la stessa intensità di sempre. Meina Gladstone fissava lo schermo buio e ci dava la schiena. — Tutti i pellegrini erano vivi — risposi. — Tranne, forse, Het Masteen, la Vera Voce dell'Albero.

— Morto? — domandò Hunt.

— Scomparso, due notti prima, dal carro a vela, durante la traversata del mare d'Erba, poco dopo che le vedette Ouster hanno distrutto la nave-albero Yggdrasill. Però, poco prima di lasciare Castel Crono, i pellegrini hanno scorto una figura in tonaca dirigersi alle Tombe.

— Het Masteen? — domandò Gladstone.

— Loro pensano di sì. Ma non ne sono sicuri.

— Mi parli degli altri.

Presi fiato. Dai sogni sapevo che Gladstone conosceva almeno due dei partecipanti all'ultimo pellegrinaggio; il padre di Brawne Lamia era stato senatore, collega di Meina, e il Console dell'Egemonia era stato il rappresentante personale del PFE nei negoziati segreti con gli Ouster. — Padre Hoyt soffre molto — dissi. — Ha raccontato la storia del crucimorfo. Il Console ha scoperto che Hoyt stesso ne porta uno… anzi, due: il proprio e quello di padre Duré.

Gladstone annuì. — Ha sempre su di sé il parassita della resurrezione?

— Sì.

— E soffre maggiormente, ora che si avvicina al covo dello Shrike?

— Ritengo di sì.

— Continui.

— Il poeta, Sileno, è stato ubriaco per gran parte del tempo. È convinto che il suo poema incompiuto predice e determina il corso degli eventi.

— Su Hyperion? — domandò Gladstone, ancora di spalle.

— Dovunque — risposi.

Hunt lanciò un'occhiata al Primo Funzionario, poi tornò a guardarmi. — Sileno è pazzo?

Restituii lo sguardo, ma non commentai. A dire il vero, non sapevo.

— Continui — ripeté Gladstone.

— Il colonnello Kassad ha sempre una duplice ossessione: trovare la donna, Moneta, e uccidere lo Shrike. Si rende conto che la donna e il mostro possono essere la stessa cosa.