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Le fiamme erano talmente alte che Shadow non riusciva ad avvicinarsi al falò. Il lupo lo aggirò piano piano.

Al suo posto, sull’altro lato, spuntò un uomo che si appoggiava a un lungo bastone.

«Siamo a Uppsala, in Svezia» gli disse con una voce che gli era familiare. «Un migliaio di anni fa.»

«Wednesday?»

L’uomo continuò a parlare come se Shadow non esistesse. «Ogni anno, prima, e poi quando cominciò la decadenza e divennero indolenti ogni nove, venivano qui a fare i sacrifici. Il sacrificio dei nove. Ogni giorno, per nove giorni, appendevano nove animali agli alberi del boschetto. Uno degli animali era sempre un uomo.»

Si allontanò dal fuoco e Shadow lo seguì in direzione degli alberi. Avvicinandosi vide che le sagome appese ai rami si delineavano: gambe, occhi, lingue sporgenti e teste. Shadow scosse il capo: c’era qualcosa di minacciosamente triste in un toro appeso per il collo, uno spettacolo talmente surreale da risultare ridicolo. Passò davanti a un cervo, un cane lupo, un orso bruno e un baio con la criniera bianca, poco più grande di un pony. Il cane era ancora vivo: a intervalli di pochi secondi scalciava spasmodicamente e, con la corda intorno al collo, emetteva un fievole guaito.

L’uomo che Shadow stava seguendo impugnò il lungo bastone, che in realtà era una lancia, ma se ne rese conto solo quando la vide in movimento, e aprì la pancia del cane con un colpo secco, dall’alto in basso. I visceri fumanti si rovesciarono sulla neve. «Dedico questa morte a Odino» disse l’uomo formalmente.

«Non è che un gesto» spiegò voltandosi verso Shadow. «Ma i gesti significano tutto. La morte di un cane simboleggia la morte di tutti i cani. Mi davano nove uomini, però rappresentavano tutta l’umanità, tutto il sangue, tutto il potere. Non durò. Un giorno il sangue smise di scorrere. La fede senza il sacrificio basta fino a un certo punto. Deve scorrere il sangue.»

«Ti ho visto morire» disse Shadow.

«Quando si tratta di dèi» rispose la figura — adesso Shadow era proprio sicuro che si trattasse di Wednesday, nessun’altro metteva nelle parole quella gioia cinica e irritante — «non è la morte, ciò che conta. Conta la possibilità di risorgere. E quando il sangue scorre…» Indicò gli animali, gli uomini impiccati agli alberi.

Shadow non riusciva a capire se gli esseri umani gli sembravano più spaventosi degli animali: perlomeno gli uomini avevano capito a cosa stavano andando incontro. Puzzavano di alcol, come se fossero stati autorizzati ad anestetizzarsi, prima di pendere dalla forca, mentre gli animali erano stati semplicemente spinti a frustate fino all’albero, appesi ancora vivi e terrorizzati. Gli uomini sembravano giovani: nessuno aveva più di vent’anni.

«Chi sono, io?» domandò Shadow.

«Tu? Tu eri una possibilità. Parte di una grande tradizione. Anche se siamo entrambi troppo coinvolti per non morire, se necessario. Giusto?»

«Tu chi sei?» domandò ancora Shadow.

«La parte più difficile è la mera sopravvivenza» disse l’altro. Con uno strano orrore Shadow si rese conto che le fiamme del falò erano alimentate da ossa: costole e teschi con le orbite svuotate dal fuoco spuntavano qui e là tracciando nella notte scie colorate, verdi, gialle e blu, che crepitavano e si arroventavano. «Tre giorni appeso all’albero, tre nell’aldilà, tre per ritrovare la strada del ritorno.»

Le fiamme bruciavano troppo alte e luminose perché Shadow riuscisse a guardarle. Abbassò gli occhi tra il buio degli alberi.

Un colpo alla porta: adesso era la luce della luna a entrare dalla finestra. Shadow si mise a sedere con un sobbalzo. La voce di Media disse: «La cena è servita».

Si infilò le scarpe e uscì in corridoio. Qualcuno aveva trovato delle candele e la hall era rischiarata da una luce fioca. L’autista della Humvee entrò con un vassoio di cartone e un grosso sacchetto di carta. Indossava una lunga giacca e il berretto con visiera della divisa.

«Scusate per l’attesa» disse con voce roca. «Ho preso lo stesso menu per tutti: due hamburger, un sacchetto grande di patatine, Coca-Cola e apple pie. Io vado a mangiare in macchina.» Appoggiò i contenitori e uscì. La hall si riempì dell’odore di fast food. Shadow prese il sacchetto e distribuì i panini, i tovaglioli, le bustine di ketchup.

Mangiarono in silenzio mentre le fiamme delle candele tremolavano e la cera si consumava sibilando.

Shadow vide che Town lo guardava storto e sistemò la sedia in modo da dare le spalle al muro. Media mangiava il suo hamburger tenendo affettatamente il tovagliolo vicino alla bocca per non sporcarsi.

«Oh, fantastico» disse il ragazzo grasso. «Sono praticamente freddi.» Portava ancora gli occhiali da sole, una cosa inutile e sciocca, pensò Shadow, data l’oscurità.

«Mi dispiace» disse Town, «il McDonald’s più vicino è in Nebraska.»

Finirono i panini e le patatine tiepidi. Il ragazzo grasso addentò l’apple pie e il ripieno gli colò sul mento. Sorprendentemente era ancora caldo. «Ahi» esclamò. Si pulì con una mano leccandosi le dita. «Brucia! Bisognerebbe fargli una mega causa, per questo ripieno.»

Shadow gli avrebbe dato volentieri un pugno. Ne aveva voglia fin da quando l’altro l’aveva fatto colpire dal suo scagnozzo sulla limousine, dopo il funerale di Laura. Cercò di non pensarci. «Perché non prendiamo il corpo di Wednesday e ce ne andiamo?» chiese.

«A mezzanotte» risposero insieme il signor Nancy e il ragazzo grasso.

«Bisogna fare le cose secondo le regole» aggiunse Chernobog.

«Già» ribatté Shadow. «Peccato che nessuno me le spieghi. Non fate che parlarmi di queste cazzo di regole ma io non so neanche a che gioco state giocando.»

«Così abbiamo un asso nella manica» disse Media in tono brioso, «un vantaggio.»

«Secondo me è tutta una stronzata» disse Town. «Però se le regole li fanno contenti, bene, allora il mio dipartimento è contento e siamo contenti tutti.» Trangugiò rumorosamente la sua Coca-Cola. «Aspettiamo mezzanotte. Voi vi prendete il corpo e ve ne andate. Siamo tutti pappa e ciccia e vi facciamo anche ciao con la manina. Poi ricominciamo a darvi la caccia come ai topi, perché altro non siete.»

«Ehi» disse il ragazzo grasso rivolgendosi a Shadow, «mi è venuta in mente una cosa. Ti avevo detto di dire al tuo capo che ormai era superato, che apparteneva al passato. L’hai fatto?»

«Sì» disse Shadow. «E sai che cosa mi ha risposto? Mi ha risposto di dire a quel moccioso, se l’avessi rivisto, di ricordarsi che il futuro di oggi è il passato di domani.» Wednesday non aveva mai detto niente del genere, però a quella gente piacevano i cliché. Le lenti scure degli occhiali riflettevano i bagliori delle candele, come sguardi.

Il ragazzo grasso disse: «Questo posto è una vera fogna. Non c’è nessun potere. Non c’è campo. Voglio dire che se ti devi ricaricare, qui è come essere all’età della pietra». Finì di bere la bibita con la cannuccia, lasciò cadere il bicchiere sul tavolo e se ne andò.

Shadow si protese a raccogliere i rifiuti del ragazzo grasso per metterli nel sacchetto di carta. «Vado a vedere il centro dell’America» annunciò. Si alzò e uscì nella notte. Il signor Nancy lo seguì. Passeggiarono insieme senza parlare nel piccolo parco fino al monumento di pietra. Il vento soffiava a raffiche discontinue in tutte le direzioni. «Allora» disse Shadow, «adesso cosa succede?»

Una mezzaluna pallida li osservava sospesa nel cielo.

«Adesso faresti meglio a tornare in camera tua» rispose Nancy. «Chiudi la porta a chiave e cerca di dormire un po’. A mezzanotte ci consegnano il corpo. Poi leviamo le tende. Il centro non è stabile per nessuno.»

«Se lo dice lei.»

Nancy prese una boccata del suo sigaretto. «Non doveva andare così. Non doveva succedere niente di tutto ciò. Quelli come noi, sono…» Gesticolò con il sigaretto, come se gli servisse per trovare la parola giusta, poi lo usò per colpirla con un affondo «… elitari. Non siamo esseri socievoli. Neanch’io. Nemmeno Bacco. Non a lungo. Stiamo bene da soli, o nei nostri circoli esclusivi. Non ci troviamo bene con gli altri. Ci piace essere rispettati e venerati, a me piace che raccontino storie sul mio conto, storie in cui risalti la mia intelligenza. E una debolezza, lo so, sono fatto così. Ci piace essere importanti. In questi tempi bui invece non contiamo niente. Si assisterà alla nascita e alla caduta di altri dèi. Comunque questo rimane un paese che non tollera a lungo il divino. Brahma crea, Vishnu conserva, Shiva distrugge, e il terreno è sgombro perché Brahma possa ricominciare daccapo.»