Изменить стиль страницы

"Venni a sapere che era successo qualcosa ai fratelli di Tanajin. Avevano cessato di venire a casa sua. Lei non aveva niente da conciare. Così decisi di farle visita." Ulzai si alzò in piedi e sollevò i rampicanti dall’ingresso della grotta. L’acqua gocciolò dalle foglie. Guardai fuori e vidi la pioggia.

— Comincio a essere stanco di raccontare questa storia. Va avanti ancora a lungo. Forse il silenzio è meglio.

— Smettila se vuoi — disse Nia.

Tenni la bocca chiusa, sebbene volessi sentire il resto della storia. Derek aggrottò la fronte.

— La terminerò — disse Ulzai. — Lasciai una pelle. Quando la luna fu di nuovo piena, tornai. Lei aveva lasciato dei doni fuori dalla porta. Cibo, una brocca di birra e un coltello. Il manico era di legno nero intarsiato d’argento. Ma non era della grandezza giusta per la mia mano.

Feci il gesto che indicava comprensione o rammarico.

— In seguito tornai a ogni luna piena. Le portai molte pelli. Erano grandi e in eccellenti condizioni. Lei ne regalò parecchie. Ma non sentii le donne cantare in sua lode. E non sempre i doni che mi lasciava erano di mio gradimento.

"Mi diede sandali fatti di pelle di lucertola. Erano troppo piccoli. Mi diede tessuto per un gonnellino. Era verde scuro ricoperto di ricami rossi e gialli. La maggior parte degli uomini l’avrebbe gradito. Ma a me piacciono le cose semplici."

— Perché? — chiese l’oracolo.

— Sono fatto così. — Esitò. — Non c’è niente di bello in me. Non c’è mai stato. Mi sono procurata questa quando ero bambino. — Si toccò il pelame bianco sulla faccia. — Caddi dalla piattaforma della casa di mia madre. Una lucertola mi prese. Di solito ce ne sono alcune sotto le case del villaggio. Non sono mai grosse. Gli umazi non vivono di rifiuti. Ma a quel tempo la lucertola mi sembrò abbastanza grossa. Gridai quando mi azzannò. Mia madre si tuffò con un coltello. Uccise la lucertola, e a me rimase questa. — Si toccò la faccia una seconda volta. — E questa. — Si toccò il pelo bianco sulla gamba.

Nia disse: — Dev’essere stata davvero un’esperienza.

Ulzai fece il gesto dell’assenso. — Dammi la birra.

Gli porsi la brocca. Lui bevve. — Decisi di parlare con Tanajin. Ma non nel villaggio. Temevo che le donne anziane lo scoprissero. Le sentivo parlare sulle loro piattaforme. Erano come madri alla ricerca di parassiti fra i capelli dei loro figli. Erano alla ricerca di opinioni cattive. Volevano scoprire qualcosa di cattivo su Tanajin. Non sapevo perché.

"Attesi che arrivasse il periodo dell’accoppiamento Mi nascosi fra le canne in prossimità della sua casa. Quando lei partì per andare nelle paludi, la seguii.

"La trovai, ma non ero il primo. C’era un uomo insieme a lei. Lo affrontai. Lui s’infuriò. Ci battemmo. Lo sconfissi, anche se non fu facile. Fuggì nelle paludi e io parlai con Tanajin. Le mostrai la grandezza dei miei piedi e delle mie mani. Le spiegai che genere di stoffa mi piacesse. Le dissi che usavo sempre il tipo di lancia che ha la punta munita di barbigli."

— Ti accoppiasti con lei? — gli chiese Derek.

Ulzai fece il gesto dell’affermazione. — Ma l’accoppiamento non diede alcun frutto. Lei non ebbe nessun figlio. Quello fu il primo errore che commisi.

— Quale? — domandò Derek. — L’accoppiamento?

Ulzai si accigliò. — No. Averla seguita. Aver parlato con lei. Prima di allora, lei non era niente. Solo un’ombra fra le ombre della casa. Adesso era diventata qualcosa. Una persona. Sapevo che aspetto aveva. Conoscevo il suono della sua voce. A volte, quando ero nella palude e stavo seduto sulla piattaforma di fronte alla sua casa, mi trovavo a pensare a lei. Aprivo la bocca. Pensavo di parlare. Poi mi mordevo la lingua. — Si alzò di nuovo in piedi. — La pioggia è cessata. Vado fuori. — Si aprì un varco fra i rampicanti.

— Interessante — osservò Derek in inglese. — Com’è difficile mantenere le barriere fra gli individui.

— Lo credi? — chiesi.

— Forse mi riferisco al contrario. Ulzai ha ragione. È ora di fare una camminata.

Se ne andò. Guardai Nia. La sua faccia scura era inespressiva.

— Il mondo è pieno di persone strane — disse l’oracolo. — E di storie che non mi sarei mai aspettato di sentire. Forse è per questo che il mio spirito mi ha ordinato di viaggiare. Berrò ancora un po’ di birra.

Decisi di uscire anch’io.

Ulzai aveva ragione sulla pioggia. Era cessata. A occidente, oltre il fiume, le nuvole incominciavano ad aprirsi. Mi guardai attorno. Derek e Ulzai erano spariti. M’incamminai lungo la scogliera finché non trovai un punto dove potevo arrampicarmi. Salii finché non arrivai abbastanza in alto da vedere da una parte all’altra della valle.

Canali serpeggianti. Isole. Paludi. La foresta sull’altra sponda del fiume. Raggi di sole penetravano obliqui fra le nubi. Dove raggiungevano la foresta, questa era di un verde e di un giallo accesi.

Il vento era fresco e odorava di vegetazione bagnata. Mi sedetti e mi appoggiai contro una roccia. Uno stormo di uccelli volteggiava sopra il fiume. Ce ne dovevano essere due o trecento. Erano troppo lontani perché potessi vedere più che dei puntini. Mi chiesi che cosa stessero facendo. Si preparavano forse a volare verso sud. Avevo visto uccelli comportarsi così sulla Terra. Si radunavano in stormo e svolazzavano in tondo, allenandosi per la migrazione. Poi un giorno, in ottobre o novembre, ci si accorgeva che erano spariti.

Be’, diavolo, non poteva essere tanto facile volare verso sud. Capivo perché dovessero allenarsi. Gli uccelli di fronte a me volarono via. Restai seduta ancora per un po’, quindi ridiscesi lungo la scogliera.

Derek arrivò su dal fiume. Portava una canna da pesca e una filza di pesci. Erano piccoli, almeno paragonati al pesce che aveva pescato il giorno precedente, con il corpo grasso e rotondo e il ventre di un giallo acceso.

— Spero che siano commestibili — disse.

Tornammo nella grotta e Derek tenne sollevata la filza di pesci. — Come sono questi?

— Deliziosi — disse Nia. — Ma non sono facili da pulire. Lo farò io. Tu potresti rovinarli.

— Accomodati pure — fece Derek.

Nia aggrottò la fronte. — Che cosa significa?

— Forza!

Nia pulì i pesci e noi li arrostimmo. Ulzai tornò. Quando sollevò i rampicanti, entrò la luce del sole. Il cielo alle sue spalle era sereno e luminoso.

— Hai intenzione di terminare la tua storia? — gli chiese Derek.

— Sì. — Lasciò cadere i rampicanti. Ripiombammo nell’oscurità. — Ma prima voglio mangiare. Li hai presi tu questi?

Derek fece il gesto dell’affermazione.

— Il tuo palo serve a qualcosa.

Derek fece il gesto della gratitudine.

Ulzai mangiò e bevve quel che restava della birra. Poi ruttò. — Non è rimasto più molto da raccontare. Portai altre pelli a Tanajin. I doni che lei mi lasciava erano migliori di prima. Cacciai per lei tutta l’estate e lei regalò parecchie pelli. Ma le donne non celebravano la sua generosità. O se lo facevano, era malvolentieri. Le sentivo. Dicevano: "Che diritto ha di essere agiata, una donna senza parenti?".

"Venne l’inverno. Era più caldo del solito. Poche lucertole scesero il fiume da nord. Gli umazi erano affamati. La fame li rendeva irritabili ed erano più pronti a lottare. Morirono alcuni uomini, e altri uomini rinunciarono. Catturarono pesci invece degli umazi. Io invece continuai. Portavo molte pelli al villaggio quando la luna era piena. Non fallivo mai." Sollevò il capo. Riuscii a vedere il suo orgoglio.

— Tanajin era generosa. Questo l’ho già detto prima. Continuava a regalare pelli. Di notte, quando la luna era scura, mi recavo nel villaggio per ascoltare.

Nia si accigliò. — Continuo a dire che era sbagliato.

— Tu non hai fatto niente di peggio, o donna del Popolo del Ferro?

— Ho fatto molte cose che sono peggiori. — La voce di Nia era tranquilla.

— Sentii le donne del villaggio. Stavano sedute di fronte alle loro case e parlavano fra loro. Ma non lodavano Tanajin. Dicevano: "Chi la sta aiutando, questa donna senza fratelli? Chi le porta delle pelli pregevoli quando tutte noi non riceviamo niente?".