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"Tutti dissero che era morta come si conviene a una donna, senza lamentarsi o fare un gran baccano. Gli spiriti erano contenti di lei. È quello che diceva la gente. Io lo trovavo difficile da sopportare.

"Dopo che fu sottoterra, la sciamana eseguì le cerimonie della purificazione e le cerimonie per scacciare la sventura."

— Perché? — chiesi.

Nia parve sorpresa. — Tutte le morti sono infauste, e Hua era morta inaspettatamente. Era vecchia ma forte, e si era già bruciata parecchie volte prima di allora. Le bruciature erano sempre guarite.

Feci il gesto che significava "capisco" o "vedo".

— La cattiva sorte rimase — proseguì Nia. — Dapprima non sembrava che fosse così. L’estate era propizia. C’era abbastanza pioggia. I fiumi erano pieni di pesci e gli arbusti avevano tante di quelle bacche che i loro rami si piegavano fino a toccare il suolo. Avevamo da mangiare in abbondanza.

"Alla fine dell’estate arrivarono al villaggio persone provenienti da occidente. Portarono stagno e pellicce bianche. Una di loro si ammalò, poi morì. La nostra sciamana morì. Io mi ammalai e lo stesso accadde a Nuha. Era la madre di Enshi. Era uscita di senno e continuava a gridare: ’Enshi! Enshi!’. Poi chiese agli spiriti di perdonarla. Disse che era tutta colpa mia. Suo figlio non avrebbe mai fatto niente di sbagliato. L’avevo spinto io a comportarsi in modo vergognoso. Avevo fatto infuriare gli spiriti. Promise a tutti che se fosse morta non se ne sarebbe andata via. Il suo spirito sarebbe rimasto nel villaggio e avrebbe trovato il modo di vendicarsi di me.

"Nuha morì. Io mi ristabilii, anche se per qualche tempo pensai che sarei morta anch’io. Quando fui in grado di alzarmi e di camminare, le vecchie del villaggio mi invitarono ad andarmene.

"Aiya! Quanto era difficile! Chiesi loro di lasciarmi restare. Le supplicai. Ma loro dissero: ’Vattene’.

"Andai in cerca di Enshi, e noi due insieme ci dirigemmo a sud finché non arrivammo alle Colline del Ferro. Erano a metà strada fra la terra dell’estate e la dimora invernale. Laggiù il suolo è rosso. I fiumi e i torrenti sono marroni come la ruggine. Ogni anno alcune donne vanno laggiù a estrarre il ferro. Restano fino all’autunno, scavando il ferro e fondendolo per ricavarne delle barre. Poi si ricongiungono con il villaggio. Quando arrivammo fra quelle colline, le donne stavano ormai facendo i bagagli. Ci nascondemmo fra i cespugli. Esse caricarono i loro carri e finalmente se ne andarono.

"Trovammo un riparo all’entrata di una miniera. Era costruito di legno e di pietra e la donna che l’aveva fabbricato si era lasciata dietro alcuni dei propri utensili. Trovammo un’ascia, un piccone e un badile. C’era anche un’incudine, una grossa incudine, troppo pesante da trasportare.

"Restammo lì tutto l’inverno. Rischiammo di morire di fame. Avevo un bambino dentro di me, ma morì e venne fuori come sangue. Enshi riteneva responsabile la propria madre. La pregò di andarsene, poi le disse: ’Fa’ del male a me! Fa’ del male a me! Sono io che ho agito in modo ignobile’."

Nia smise di parlare. Io cambiai posizione e mi massaggiai le gambe. Incominciavo a sentirle intorpidite.

— In primavera ci addentrammo di più fra le colline. Le donne tornarono. Rubavamo a loro. Enshi era bravo in questo. O almeno era più abile di me.

"Trovammo un fiume pieno di pesci: molto più dentro fra le colline, lontano da tutti gli altri. Nelle vicinanze c’era una scogliera rossa di ferro. Fabbricai delle trappole per catturare pesci. Enshi imparò a estrarre il ferro. Costruimmo un rifugio e io montai una fucina. Nuha ci lasciò in pace." Nia aggrottò la fronte. — Non provavo una particolare vergogna. C’erano giorni in cui mi pareva che ciò che facevamo fosse giusto. Che cosa c’era di sbagliato in me?

Feci il gesto che significava "nessun commento".

— Quell’inverno avevamo cibo in abbondanza. Alla fine dell’inverno io ebbi una bambina. Le diedi il nome Hua. A Enshi piaceva. La teneva in braccio e le parlava. Qualche volta lei lo faceva arrabbiare, ma lui non gridava né menava colpi. La metteva giù e andava a fare una passeggiata. Era pazzo, senza dubbio.

Io girai la mano per dirle "forse sì e forse no".

— Ho la gola secca. Vuoi portarmi qualcosa da bere? — Mi fece cenno col dito. Andai a prendere una brocca d’acqua. Nia ne bevve un bel sorso. — Aiya! Quanto è buona! Che cosa stavo dicendo?

— Hai avuto una bambina.

— Due. L’altro era un maschio. Anasu. Nacque il terzo inverno che passammo fra le colline. A quel punto mi ero abituata a stare da sola, a parte Enshi e i bambini. Mi piaceva. Mi piace ancora. Ci sono troppe chiacchiere in un villaggio. Troppi pettegolezzi. Troppe discussioni. Ma non fra le colline. Lassù è tutto tranquillo. Una volta ogni tanto Enshi diventava irrequieto e si allontanava da solo. A volte io facevo lo stesso. Quelli erano i momenti che preferivo, credo. Salivo finché non c’era più niente sopra di me all’infuori del cielo. Stavo al di sopra di tutto. Mi sedevo ad ascoltare il vento. Allora mi sentivo soddisfatta.

"Dopo di che dovevo tornare giù ad aiutare Enshi con i bambini.

"Tutto questo andò avanti per cinque inverni. Poi, una primavera, arrivò il pazzo. Si avvicinò cavalcando, una mattina. Il suo cornacurve era così magro che avrei potuto contare ogni costola. Quanto all’uomo, era lacero e grigio. Aveva perso un occhio e il suo aspetto era orribile.

"Mi trovavo nella fucina e battevo un pezzo di ferro per un piccone. Enshi era andato a caccia. E i bambini… non ricordo dove fossero. Vicino a me, immagino.

"Udii una voce. Era aspra e profonda. ’Sei pronta, donna?’

"Alzai lo sguardo. Lui smontò e venne verso di me. ’È il tempo?’ chiese.

"’No’ risposi. ’Che cosa ci fai qui?’

"Lui si fermò e inclinò la testa di lato. Ricordo questo particolare e ricordo lo sguardo del suo unico occhio. Era folle. Succede ai vecchi. Perdono il loro territorio; gli uomini più giovani li cacciano via. Ma loro non si arrendono. Rifiutano di tornare al villaggio. Invece continuano a vagabondare da soli. Non hanno un posto. Dimenticano le regole e le usanze. Sono pericolosi.

"Strinsi con forza il mio martello.

"Lui disse: ’Presto. Un altro giorno o due. So giudicarlo. Ero solito avere cinque donne, sei donne, in una stagione. Aiya! I doni che portavano e l’odore dei loro corpi’.

"’Vattene’ gli dissi. ’Non ti voglio qui.’

"’Posso aspettare’ ribatté lui. ’Ho aspettato già molto tempo. Resterò.’

"Fu allora che vidi Enshi alle spalle dell’uomo, con in mano il suo arco. ’No’ disse. ’Questa donna è mia. Vattene di qui.’

"Il vecchio si girò. ’Tu, piccola creatura pelle e ossa! Credi di poterti confrontare con me? Ho incontrato uomini grossi il doppio di te. Ed erano loro ad abbassare lo sguardo. Erano loro ad andarsene.’

"Enshi sollevò l’arco. C’era una freccia pronta, sistemata contro la corda. Incominciò a tendere l’arco. ’Ti ucciderò, vecchio. Ti conficcherò una freccia nel ventre.’

"Il vecchio disse: ’Questo è oltraggioso. Non sai come vanno fatte queste cose? Nessun vero uomo usa mai una freccia contro un altro uomo. Un coltello è l’arma appropriata. Anche una clava va bene. Ma niente che uccida da lontano. Un vero confronto avviene corpo a corpo’.

"Enshi parlò in risposta. Disse: ’Non mi importa quali siano le regole. Questa donna è mia. Farò ciò che devo per tenermela’."

Nia fece una breve pausa. Il suo viso appariva pensieroso. — Sollevai il mio martello e dissi: "Neppure a me importa delle regole. Se mi verrai vicino, ti ucciderò, vecchio. Credimi. Dico la verità".

"Che altro c’è da dire? Il vecchio rinunciò e se ne andò. Il giorno dopo ebbe inizio la smania. Enshi e io restammo insieme per tre giorni. Credo che sia giusto. Forse quattro giorni. Una mattina mi svegliai. La luce penetrava dalla porta del nostro rifugio. Enshi era vicino a me. Il vecchio gli stava sopra. Lo vidi conficcare il coltello nella gola di Enshi. Anasu gridò. Mi alzai, ma era troppo tardi. Il vecchio era completamente pazzo e forte come talvolta lo sono i pazzi. Era molto più forte di me, e io non sono una persona debole. Mi spinse a terra e ficcò il suo pene dentro di me. Cercai di liberarmi. Lui mi colpì. Il coltello che teneva in mano mi fece un taglio sulla spalla. Ho ancora la cicatrice. I bambini piangevano. Tutti e due. Il vecchio faceva dei grugniti. Lo morsicai. Mi colpì di nuovo." Nia si accigliò. — Qualche volta me lo sogno ancora. Ho del sangue in bocca. C’è del sangue per terra. Sento il vecchio sopra di me e dentro di me. Sento piangere i bambini. Nel sogno, so che Enshi è morto. Dopo un po’ mi sveglio.